Temi choc degli studenti di 9-11 anni
di Ponticelli: «Giusto bruciare i campi rom» I ragazzi hanno così commentato i raid contro i nomadi che vivevano nel quartiere.
(corriere)
NAPOLI – Sono trascorse circa due settimane dalla feroce rappresaglia che vide faccia a faccia gli infuriati abitanti di Ponticelli, quartiere ad est di Napoli, e il campo nomadi di un gruppo rom insediativisi. Violenti raid a suon di molotov seguiti alla vicenda della giovane nomade, rea del tentativo di sequestro ai danni di una neonata in un appartamento del quartiere, e che hanno aggiunto accuse di xenofobia, provenienti da tutta Europa, alle già negative opinioni che pendono sul popolo partenopeo in seguito alla annosa emergenza rifiuti. Del campo nomadi sono rimaste solo le ceneri. Ma i bambini del quartiere cosa hanno recepito di tanto furore e di tanta intolleranza? Quei giorni di proteste e di violenza gli studenti di Ponticelli li hanno ricordati in classe.
Gli alunni, tutti tra i 9 e gli 11 anni, dell’Istituto comprensivo San Giovanni Bosco stanno discutendo da giorni su quanto accaduto solo a pochi metri dalle finestre delle loro aule e attraverso temi e disegni hanno provato a raccontare cosa hanno provato nei loro cuori di bambini in quelle ore. Case in fumo, bimbi che chiedono aiuto, rom che dicono ciao italiani, ci rivedremo presto, sono i protagonisti dei loro disegni. Inquietante è però il risultato dei temi. «Hanno fatto bene – ha scritto Giuseppe – visto che non se ne sono andati con le buone, abbiamo dovuto usare le maniere forti». Opinione anche del piccolo Ugo: «Non siamo razzisti, ma loro si sono preso troppo la mano e quindi noi abbiamo dovuto incendiare i loro campi». Le frasi dei piccoli di Ponticelli, del tutto combacianti con il clima che tuttora si respira nella zona, hanno allertato anche don Tonino Palmese, il responsabile campano di Libera, l’associazione che si batte contro le mafie creata da don Luigi Ciotti. «E’ un segnale da non sottovalutare – ha dichiarato allarmato don Palmese – che deve soprattutto far riflettere noi educatori, e la scuola è il luogo ideale per farlo, per far ragionare gli alunni con la conoscenza del fenomeno e con il cuore».
Don Tonino conosce bene gli alunni della San Giovanni Bosco, grazie a frequenti incontri sulla malavita e sulle sue vittime e quanto successo a Ponticelli lo spiega come una protesta pilotata dalla criminalità del posto. La connivenza non è l’unico sentimento che emerge dai lavori dei bambini. Alcune ipotesi per arginare il problema nomadi sono protagoniste dei loro temi: «Brutte scene – le definisce Anna – gli stati europei con l’aiuto di esperti dovrebbero creare parchi europei per i rom. Ogni parco dovrebbe funzionare come una piccola società economica e culturale, ci dovrebbero essere dei campi per l’agricoltura, delle officine per gli artigiani, dei teatrini per gli spettacoli. Noi saremmo felici di comprare i biglietti per questi spettacoli o oggetti d’antiquariato». Più realistica Katia: «Se vogliono restare non devono rubare, devono rispettare i bambini». D'accordo anche Francesca, che aggiunge: « I rom possono anche restare ma devono lavorare. Non gli chiediamo di fare lavori duri, possono sopravvivere con qualsiasi attività, basta che non sia illegale». E c’è anche chi tra loro si scusa: «Se dobbiamo rimediare direi di cercare loro dei posti di lavoro».
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e chiaro che certi fatti tendono educare le giovin coscienze napoletane
il motto è sempre quello:viuleeenza.
Va bhe visto che il camorrista non si puo picchiare con il diverso e tutt un altro discorso tanto di questi tempi cosa si rischia? .
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