Rappresentano il 6,5% della popolazione. Incremento di 462mila unità rispetto al 2008
ROMA, 26 febbraio 2009 - Gli stranieri residenti in Italia ammontano a circa 3 milioni 900 mila al primo gennaio 2009, facendo così registrare un incremento di 462 mila unità (per un saldo totale pari al 12,6%) rispetto al primo gennaio 2008.
E' quanto risulta dalle stime dell'Istat, secondo cui la popolazione residente straniera costituisce il 6,5% del totale (5,8% nel 2007).
A questa stima, spiega l'Istituto di statistica, concorrono 473 mila unità in più per effetto delle migrazioni con l'estero, 64 mila unità in più per effetto della dinamica naturale positiva, 24 mila unità in meno per effetto delle poste migratorie interne e per altri motivi e, infine, a 51 mila unità in meno per acquisizioni della cittadinanza italiana. Le cittadinanze straniere maggiormente rappresentate sono quella rumena (772 mila), albanese (438 mila) e marocchina (401 mila) che, cumulate, costituiscono il 40% delle presenze.
La distribuzione degli stranieri sul territorio nazionale è nettamente più elevata nelle regioni del Nord dove risiede il 62% degli stranieri (23% nella sola Lombardia), contro il 25% di residenti del Centro e il 12% del Mezzogiorno. Particolarmente disomogenea e contraddistinta da un significativo gradiente Nord-Sud è anche la distribuzione territoriale secondo l'incidenza della popolazione straniera su quella totale.
Nelle regioni del Nord e del Centro tale rapporto è mediamente più elevato che in quelle del Mezzogiorno. In testa ci sono Umbria ed Emilia-Romagna col 9,7%, seguite da Veneto e Lombardia al 9,3%. In coda figurano, invece, le regioni del Mezzogiorno: dall'Abruzzo (5,2%) alla Puglia (1,8%).
io continuo a portare un'analisi mia personale (catena di eventi) e e informazioni giornalistiche che in parte la provano, come quest'ultima:
le uniche vostre repliche sono razziste e insensate.Ora tocca ai romeni. L'ordine delle 'ndrine: "Via chi non ci serve"
di Gianluca Ursini
Non ci servite più. E adesso ve ne potete andare. Questo il messaggio che le ’ndrine hanno voluto dare ai braccianti»: ossia i meno docili, ma trattati in maniera più disumana. E che alla fine si sarebbero ribellati. Sergio Genco coordina la Cgil calabrese e sui motivi della «seconda rivolta» dei migranti di Rosarno ha idee chiare. Il mercato di arance e clementine è asfittico, i prezzi sono crollati, molti piccoli produttori lasceranno marcire i frutti sui rami pur di non affrontare i costi della manodopera alla raccolta, e i rosarnesi e le cosche infiltrate nel mediazione tra produttore e consumatore non volevano più la massa di lavoratori irregolari, oltre 1200, deportati tra sabato e domenica dai «lager» Rognetta, Opera sila e Colline di Rizziconi.
«I clementini? Per me sui rami possono marcire! Ma almeno non mi devo vedere tutti questi neri tra i piedi!»; il signor Giovinazzo abita in contrada Bosco, dove i braccianti inferociti della ex Opera Sila giovedì sera hanno dato alle fiamme la vettura della 31enne Antonella Bruzzese, picchiandola e intimidendo i suoi due figli di 10 e 2 anni,e scatenando così la più violenta delle ritorsioni rosarnesi di questi giorni.
Allo «Spartimento» il quadrivio <CS9.6>tra Statale 18 e la poderale per il mega Inceneritore della Piana, per giorni gli abitanti del posto hanno atteso al passo con le mazze i migranti uscissero in fuga per vendicarsi. Ma molti di loro prima impiegavano gli immigrati nei loro «giardini», come i calabresi chiamano i fondi agricoli. Ma da un paio d’anni a questa parte, non più.
Da quando la politica agricola dell’unione europea è cambiata con l’ingresso di Romania e Bulgaria, mutando il sistema dei rimborsi per gli agrumeti. «All’agricoltore calabrese, come in tutto il Meridione, paradossalmente entrano più soldi in tasca a lasciare i frutti marcire,che a farli raccogliere dagli intermediari che li destinano alle industrie della trasformazione insucchi e marmellate – spiega Antonino Calogero, un sindacalista di Gioja Tauro che studia la filiera produttiva degli agrumi da decenni – i prezzi sono crollati a 6 centesimi al chilo per le arance». Più remunerative le clementine, i mandarini della Piana: ben 10 centesimi per chilo raccolto «sulla pianta».
L’associazione di categoria Coldiretti precisa che il prezzo delle arance dall’albero alla nostra tavola subisce una moltiplicazione del 474 percento. Cifre folli, e con un prezzo indicato dai rappresentanti degli agricoltori che non rispecchiano nemmeno i reali prezzi contrattati al mattino dai contadini con i capibastone che acquistano per le ’ndrine locali, padrone del settore. Per Coldiretti il prezzo delle arance è 27 centesimi al chilo per il frutto da tavola. I «purtualli» (per un calabrese) destinati al succo di frutta non vengono pagati più di 6 centesimi al chilo. «I rimborsi Ue con il nuovo sistema comunitario, garantiscono una resa maggiore per ettaro» spiega Calogero. prima si pagava l’agricoltore per i quintali prodotti dai fondi, certificati dalla Regione; ora i soldi vengono rifondati a seconda degli ettari di terra posseduti, e dichiara di aver coltivato; se lamenta invenduto si consola con gli euro di Bruxelles. Se consideriamo che anche pagando in nero i braccianti 20 euro algiorno, per cassetta di arance raccolte il costo di raccolta non scende sotto gli 8centesimi. Raccogliere è un gioco al ribasso.
Ecco perché i migranti di Rosarno erano diventati un peso. «Ai pochi che ancora volessero raccogliere i frutti, o i grandi possidenti che su tonnellate di prodotto raccolto, hanno ancora un utile, bastano e avanzano i rumeni, ucraini bulgari e maghrebini residenti in città, quasi tutti in case in affitto» - spiega Pino, un ex bracciante alla «Casa del popolo Valarioti», nel centro città. Era già così l’anno scorso; chi si fosse avventurato sulla statale 18 alle 6 del mattino con Gabriele Del Grande, il blogger di «Fortress Europe» e studioso della migrazione, avrebbe passato una mattinata insieme a ragazzi maliani, burkinabè e senegalesi che aspettavano invano agli angoli delle strade perché le porte dei furgoncini dei «capi neri» (come i migranti chiamavano i caporali del primo livello, gli sfruttatori extracomunitari, unici a poter trattare prezzi e disponibilità di giornata con i caporali calabresi) si aprissero per portarli a lavorare. Già nell’inverno 2009 i «neri» non erano più graditi dopo aver osato manifestare contro la ’ndrina per le strade rosarnesi nel dicembre 2008.
11 gennaio 2010
Ora tocca ai romeni. L'ordine delle 'ndrine: "Via chi non ci serve" - l'Unità.it
tanto sono negri, come gli elettrodomestici, quando non ci servono più buttiamoli via.
Si,ma finchè i "NON SIAMO RAZZISTI,MA LORO SONO TROPPI E PUZZANO" saranno convinti che noi stiamo offrendo loro il paradiso, ed essi ricambiano tirandoci i sassi,le cose non cambieranno...
Tanto tempo 10-15 anni e saremmo ridotti peggio di loro..e godrò quando i paesi ricchi dove andremo a fare gli schiavi ci tratteranno come merde..
altro, anche se credo che non ve ne freghi nulla a voi razzisti bravi solo a dire: fuori dall'italia i negri, è sempre colpa loro.
ROMA (11 gennaio) - Adesso che l’ha vinta, la battaglia di Rosarno, Roberto Maroni non ha nessuna voglia di festeggiare. E nemmeno di rispondere alle schermaglie politiche, inevitabili, che caratterizzano ogni momento della sua vita pubblica. «C’è poco da cantare vittoria - dice il ministro dell’Interno - perché pensare di aver risolto quella situazione con il manganello, significa non aver capito la lezione di Rosarno».
Qual è la lezione di Rosarno?
«E’ che ci sono due modi per affrontare questo tipo di emergenze. Il primo è intervenire con la polizia e ristabilire la calma. Ma il probema si risolve solo temporaneamente».
Il secondo?
«E’ quello più costruttivo: ci si riunisce tutti insieme, governo, istituzioni locali, associazioni di categoria e imprenditori e si stabilisce un intervento complessivo che da una parte garantisca che i clandestini devono essere espulsi e dall’altra si stabilisca che coloro che hanno titolo per restare, cioè gli immigrati regolari e i richiedenti asilo, abbiano condizioni degne di un essere umano».
Questa fase passa obbligatoriamente per la lotta al lavoro nero.
«A Rosarno c’è una task force composta da esperti del Viminale, del Welfare e della Regione Calabria; hanno già parlato con le associazioni di categoria e con alcuni imprenditori del settore agricolo. E mi hanno già riferito che qualcuno, candidamente, ha detto che costa troppo mettere in regola gli immigrati».
E quindi?
«E quindi la morale in quella zona è che siccome costa troppo, assumono in nero. Io non ci sto, non si può più tollerare questo. Bisogna fermare il lavoro nero. Finora sono stati chiusi tutti e due gli occhi, per complicità e per connivenze a molti livelli. Adesso non dovrà più succedere».
E farete sgravi fiscali per assumere gli stagionali?
«Lo strumento esiste già, si chiama ”voucher”, cioè ”buono lavoro”, uno strumento ideato per il pagamento del lavoro occasionale introdotto dalla Legge Biagi: ha un costo minimo che sopportano i datori di lavoro per mettere in regola queste persone».
E i datori di lavoro lo sopporteranno?
«Se qualcuno pensa che neppure questo costo minimo sia sopportabile, allora dica chiaramente che vuole violare la legge. E non perché sono alti i costi, ma perché vuole sfruttare il lavoro in maniera schiavistica. Ma noi non accetteremo più che ci sia sfruttamento del lavoro nero, perché da questo sfruttamento derivano tutte le conseguenze che abbiamo visto in questi giorni a Rosarno. Ma che esistono anche altrove».
Chiederete ai datori di lavoro di usare il voucher?
«Non c’è bisogno di chiedere di utilizzare il voucher perché è già richiesto dalla legge. Devono applicarlo di loro iniziativa. Martedì al Senato lancerò un appello a tutte le componenti delle istituzioni a livello centrale e locale, affinché si abbandoni la polemica e si faccia un grande sforzo comune, comprese le associazioni di categoria e imprenditoriali, affinché siano garantite condizioni di lavoro e di permanenza umane per tutti coloro che vengono utilizzati in questo tipo di attività».
Secondo alcune ricostruzioni dietro la rivolta di Rosarno si allungano però le ombre della ’Ndrangheta.
«Dietro Rosarno c’è un’indagine in corso che dovrà accertare se, e in che misura, c’è la ’Ndrangheta. Io non mi pronuncio perché quando c’è un fenomeno del genere è facile attribuirlo alle cosche, così tutti se ne lavano le mani; tutti dicono che non è colpa loro perché dietro c’è la ’Ndrangheta e deve occuparsene il Viminale. Adesso io non escludo che ci sia la criminalità organizzata ma lasciamo il tempo ai magistrati di decifrare i fatti».
Gli immigrati potranno tornare a Rosarno?
«Di quelli che abbiamo portato via, circa 150 sono in regola, e possono andare dove vogliono, anche a Rosarno. Non nella bidonville, che abbiamo demolito; la task force ha 1.900mila euro in cassa per creare condizioni di vita più umane per chi vuole tornare da quelle parti».
La lotta alla clandestinità, invece, come procede?
«Nel 2009 abbiamo ridotto gli sbarchi del 90 per cento rispetto al 2008; negli ultimi due anni abbiamo fatto 40mila rimpatri effettivi. C’è un bacino di irregolari molto vasto che si è accumulato e che noi stiamo svuotando. Questi sono i numeri, continueremo con questa politica».
In ogni caso, il contrasto alla criminalità mafiosa è nel suo programma di lavoro 2010. Ha annunciato una strategia in dieci mosse: ce ne dice almeno tre?
«Un paio dei punti sono già noti: quello del Codice Antimafia, una raccolta attualizzata di tutte le leggi sulla criminalità organizzata approvate da 65 anni ad oggi. E l’Agenzia per la gestione di beni sequestrati e confiscati alla mafia, che hanno avuto un’impennata nell’ultimo anno: siamo a 12mila beni mobili, immobili e aziende confiscati alla mafia».
Terzo punto?
«Intendiamo potenziare la capacità operativa della Superprocura Nazionale Antimafia, già egregiamente guidata da Piero Grasso. Daremo più poteri alla magistratura che indaga, più risorse, più strumenti e più magistrati».
Risultati ottenuti finora?
«Da quando siamo al governo abbiamo arrestati otto mafiosi al giorno, dei trenta più pericolosi ne abbiamo arrestati ventuno, undici dei quali in Calabria; abbiamo sequestrato beni per sette miliardi di euro. Non c’è un governo che ha fatto di più».
Il ministro dell'Interno: «Per gli immigrati i buoni lavoro della legge Biagi»*-*Il Messaggero
Stavolta Maroni ha pienamente ragione, questo è il Maroni che riconosco e che mi piace
Ragazzi, però dire che il delinquente è il contadino che risparmia sulla manodopera perchè impossibiltato a sostenere una certa spesa, anzichè quello che compra le arance a 20 cent al kg e le rivende a 2/3 € al kg, è un pò una bestemmia eh...