Originariamente inviata da
Randy Mellons
Io il pensiero della vendetta lo trovo leggittimo, è un sentimento umano e personale. Però l'uomo vive in società e, volenti nolenti, con i dovuti limiti, bisogna attenersi alla legge. Se uccido mia sorella ed io uccido l'assassino, il fratello di questo ucciderà me, mio fratello ucciderà quest'ultimo e così via. Perché, se ci basiamo sulla vendetta, il ragionamento alla base - che ripeto è comprensibile - crea di queste situazioni, magari non in tutti i casi, ma non ditemi che è una cosa così assurda.
Allora che si fa? Pena di morte? Se io uccido, vengo ucciso a mia volta dalla "legge". In effetti sotto un principio, per così dire karmico, sarebbe la scelta più giusta. Tuttavia sotto un principio etico non lo è. Se io uccido chi può dare il diritto alla legge o chi per essi di uccidermi a mia volta? E poi, come si è già detto, se anche ci fosse un solo errore penale (e ce ne sono tanti) il malcapitato, ovviamente, non potrebbe rivalersi contro legge. Per non parlare delle reazioni dei familiari. Insomma se parliamo della vendetta della persona assassinata, dobbiamo tenere in considerazione anche l'eventuale vendetta dei familiari del condannato ingiustamente.
Nel complesso quindi, pur riconoscendo l'assoluta impossibilità di trovare una pena certa che in qualche modo rinfranchi il cuore di chi ha subito una perdita, trovo sia più opportuno prendere l'assassino in questi e metterlo in condizione di non nuocere più e magari anche sfruttarlo (una sorta di lavori forzati). Per concludere è inutile parlare di giustizia, una giustizia certa quando si tratta di certi reati non c'è, la vendetta appaga al momento, poi comunque la mancanza la senti. Il punto è che non esiste una pena (mortale o non) sicuramente giusta e infallibile, possiamo solo cercare un sistema quanto più FUNZIONALE possibile alla vita in società.