Pressione fiscale sale al 43,5% del Pil
l'Italia passa dal quarto al terzo posto
Il peso delle entrate è aumentato rispetto al 43,3% del 2008. Il nostro Paese in controtendenza rispetto alla media. Disoccupazione all'8,6% nell'area dell'Organizzazione, come da noi. Tenendo conto solo del tasso giovanile, però, siamo penultimi: dopo c'è solo l'Ungheria
ROMA - Aumenta la pressione del fisco in Italia: nel 2009 è salita al 43,5% del prodotto interno lordo, dal 43,3% del 2008. E' quanto riferisce l'Ocse nelle stime preliminari relative all'anno scorso contenute in "Revenue Statistics". L'Italia così supera il Belgio (che nel 2009 ha visto il peso del fisco diminuire al 43,2% dal 44,2% del 2008) e sale dal quarto al terzo posto nella classifica dei Paesi dove maggiore è il peso delle entrate rispetto al prodotto interno lordo. Prima dell'Italia nel 2009 si collocano solo la Danimarca (48,2%) e la Svezia (46,4%).
L'Ocse rileva che la crisi economica e le conseguenti azioni di stimolo fiscale messe in campo da molti governi hanno inciso sulla pressione fiscale che nell'area Ocse nel 2009 "ha toccato il livello più basso dagli inizi degli anni '90". La pressione si colloca, nella media dei Paesi, al 33,7%, rispetto al 34,8% del 2008 e al 35,4% del 2007.
Oltre a Danimarca, Svezia e Italia, i paesi Ocse che nel 2009 hanno registrato una pressione fiscale sopra il 40% sono l'Australia, il Belgio, la Finlandia, la Francia e la Norvegia. Il Messico con il 17,4% e il Cile con il 18,2% hanno registrato nel 2009 la più bassa pressione fiscale dell'area, seguiti da Stati Uniti (24%) e Turchia (24,6%). Gli incrementi più consistenti si sono registrati in Lussemburgo (dal 35,5% del 2008 al 37,5% del 2009) e in Svizzera (dal 29,1% al 30,3%).
L'Organizzazione di Parigi ha diffuso anche i dati relativi alla disoccupazione, che
nel mese di ottobre nell'area Ocse è stata dell'8,6%, lo 0,1% in più rispetto a settembre. In un comunicato si precisa tuttavia che il numero di disoccupati resta vicino ai massimi del dopoguerra, a 45,7 milioni.
Si conferma un quadro divergente nell'andamento del mercato dei lavoro tra i Paesi dell'area. Negli Stati Uniti si viaggia al 9,8% (+0,2% su base mensile), in Canada si scende al 7,6% (-0,3%). A livello di eurozona, il tasso di disoccupazione risulta stabile in Germania (6,7%), in calo in Francia al 9,8% (-0,1%), in aumento in Italia all'8,6% (+0,3%). Il nostro Paese resta comunque al di sotto della media dell'area euro (10,1%) e di quella dell'Unione europea (9,6%), ma al di sopra di quella del G7 (8,2%). I Paesi che presentano i maggiori tassi di disoccupazione sono Spagna al 20,7%, Slovacchia al 14,7% e Irlanda al 14,1%.
Se però si considera solo la fascia di età compresa tra i 15 e i 24, l'Italia diventa penultima tra i Paesi Ocse. Con il 21,7% infatti fa meglio solo dell'Ungheria, ferma al 18,1%, ed è ben al di sotto della media dei Paesi membri, 40,2%. Tra gli occupati inoltre, riporta ancora lo studio, il 44,4% ha un impiego precario, e il 18,8% lavora solo part time. Per quanto riguarda i disoccupati, oltre il 40% sono senza lavoro da lungo tempo, e il 15,9% appartiene al cosiddetto gruppo 'neet', che non studiano nè lavorano.
"Il Rapporto Ocse fotografa una realtà conosciuta: - commenta il presidente di Italia Lavoro, l'agenzia tecnica del ministero del Welfare - il significativo impatto della crisi sulle opportunità occupazionali dei giovani. Si conferma che il fattore maggiormente preoccupante nell’analisi dell’Ocse – pienamente condivisa da tutti i documenti del governo italiano – è il gap nelle competenze, perché è la mancanza di skills adeguati ai reali fabbisogni del mercato del lavoro che impedisce ai giovani di costruirsi percorsi professionali verso il lavoro stabile e di qualità".
(15 dicembre 2010)