E stavolta sono d'accordo E' da parecchio che lo dico, ha avuto ammorbidimenti che per me e per la mia linea di pensiero sono almeno in parte difficilmente digeribili....da delfino di Almirante si sta tramutando in uno squallido simil-socialdemocratico.....(e non c'entra il suo essere contro Berlusconi, anch'io sono criticissimo verso il Berlusca)
L'ANALISI
La catastrofe da evitare
di CURZIO MALTESE Nella storia d'Italia le pagliacciate tendono a finire in tragedia. Lo scoppio della bolla del berlusconismo era prevedibile e previsto, ma purtroppo non dal soggetto in teoria più interessato: l'opposizione. La rocambolesca eppure annunciata fine della maggioranza ha colto il campo avversario ancora una volta diviso, lacerato fra le solite cento anime, incapace non soltanto di esprimere da subito un'alternativa per il futuro, ma finanche di elaborare una strategia comune per i prossimi mesi.
Di Pietro e Vendola vorrebbero andare alle elezioni subito, Casini chiede da mesi un governo di larghe intese, il Pd invece vorrebbe ma non può. Le elezioni anticipate subito, con questa legge elettorale, sarebbero appunto il modo di trasformare la farsa in catastrofe. Un voto in autunno, inedito per la storia repubblica, avrebbe un solo vincitore, Berlusconi, e un perdente altrettanto sicuro. Non i dirigenti dell'opposizione, che seguiterebbero a campare benissimo, magari felici di uno o due punti percentuali guadagnati. Ma il Paese, consegnato con le mani legate all'attacco feroce della speculazione internazionale, col rischio di finire stavolta davvero come la Grecia. D'altra parte, senza l'appoggio della Lega, è impraticabile oggi la strada di un nuovo ribaltone. Una maggioranza da Di Pietro a Fini, passando per il Pd e Casini, sarebbe debole politicamente e numericamente, destinate a breve e grama vita. E allora?
L'unica strada logica è che l'opposizione, tutta l'opposizione, mettendo da parte gli interessi di bottega, si unisca per garantire una maggioranza con un programma limitato a pochi punti, in modo da evitare nell'immediato il pericolo di bancarotta e preparare la strada a elezioni regolari. O quasi regolari, visto che il controllo delle televisioni rimarrebbe comunque in gran parte in mano a uno dei contendenti.
Per far questo il primo passo è approvare con la nuova maggioranza una legge elettorale decente, al posto dell'attuale "porcata". Le ipotesi sono molte e tutte migliori dell'attuale. Si tratta di restituire agli elettori la possibilità di scegliersi i candidati, com'è ovvio. Ma soprattutto si tratta di scegliere se l'Italia è matura per un bipolarismo autentico o se è meglio tornare al proporzionale. Entrambe ne sono migliori del ridicolo e ora fallimentare tentativo d'imitazione del bipolarismo che ha dominato la presunta seconda repubblica. Quello che abbiamo avuto in Italia dal '94 a oggi non è bipolarismo. è un referendum periodico su un leader, uno scontro fra berlusconiani e anti berlusconiani. Del bipolarismo come lo conoscono le democrazie occidentali mancano le fondamenta. Per esempio il riconoscersi da parte di entrambi gli schieramenti nei valori costituzionali, in regole condivise. Per esempio la serena autonomia dei poteri di controllo, dall'informazione alla magistratura, che da noi sono o asserviti o minacciati. Un falso bipolarismo come il nostro non poteva che produrre ondate di trasformismo, centinaia di cambi di casacca impensabili nelle altre democrazie occidentali. Non c'è stata una legislatura conclusa dalla stessa maggioranza indicata al principio dagli elettori. Come avrebbe potuto, del resto?
L'unico valore che ha legato finora il centrodestra è l'obbedienza a Berlusconi. Chiunque si allontani dal dogma dell'obbedienza al leader viene per questo espulso dal cerchio magico e diffamato come un criminale. È successo a turno a tutti i principali alleati, nessuno escluso: da Bossi a Follini, da Casini a Fini. Ma se Casini o Fini domani mattina tornassero a inchinarsi, sarebbero riabilitati con tutti gli onori. Vogliamo chiamarla democrazia? Sull'altro fronte le maggioranze hanno retto soltanto sulla base dell'emergenza anti berlusconiana. Non appena questo collante veniva meno in un singolo partito, per ideologia o per convenienza, crollava l'intero castello.
mi trovo sempre d'accordo con Maltese, mi da sempre modo di riflettere
frequenze, perché b.vuol restare ministro.
il premier promette che fra pochi giorni nominerà il sostituto di scajola allo sviluppo economico. La poltrona è vuota ormai da 4 mesi: A beneficiarne è mediaset, che sta per ottenere il suo bottino digitalela poltrona è d’oro pur con la correzione ad interim. Il ministero per lo sviluppo economico, lasciato da claudio scajola a maggio per una casa a sua insaputa, fa comodo a silvio berlusconi: “il mio incarico è stato vuoto? No, pieno”.
il concorso di bellezza
in realtà manca una tornata di nomine per fare il pieno completo. Una giuria del ministero per assegnare i cinque multiplex (pacchetti di frequenze) del digitale terrestre che, sul territorio nazionale, corrispondono a circa 25 canali, più un multiplex per la televisione sul telefonino. Una distribuzione (gratuita) di ricchezza con la formula del beauty contest, un “concorso di bellezza” per società già sul mercato con buone referenze e lunghi trascorsi. Sintesi dell’annuncio: No perditempo, sì a mediaset. Com’è possibile svendere la banda larga? Com’è possibile intasare un mercato di monopoli? Con spezzatini delle frequenze pensati su misura per l’azienda del presidente del consiglio, un’istruttoria aperta e chiusa dall’unione europa e il governo italiano che rinuncia – secondo stime non ufficiali dell’autorità di garanzia – a 3,5 miliardi di euro e, particolare da bollino rosso, a favorire la crescita delle telecomunicazioni.
I governi di mezzo mondo hanno preferito sfruttare il passaggio dalla televisione analogica al digitale per incassare miliardi vendendo all’asta le frequenze liberate dal cambio di tecnologia: 19 miliardi per gli stati uniti, 8 per la germania e così in fila gran bretagna, francia e olanda. Ma l’italia ha solo confezionato grandi regali per due (o tre) grandi operatori e il governo si accontenta di ricevere l’uno per cento sul fatturato annuale. All’estero sono più severi: 4 o 5 per cento.
Il passaggio dall’analogico al digitale ha premiato con dieci multiplex rai e mediaset, tre telecom italia media (la7) e il resto a emittenti nazionali come rete a (l’espresso), telecapri ed europa 7. I cinque multiplex da assegnare doveva rientrare nel “dividendo digitale”, un mucchio di frequenze da vendere all’asta per diffondere le connessioni veloci nelle periferie italiane e sostenere un traffico dati in aumento e dunque pericolante: “rischiamo il collasso con i telefonini e internet”, avvisava corrado calabrò (presidente agcom) nella relazione annuale alla camera. Con un incastro di categorie e sigle, in una delibera dell’anno scorso criticata dai commissari nicola d’angelo e sebastiano sortino, l’agcom ha diviso i cinque multiplex in a (tre) e in b (due). Per il gruppo b corrono mediaset e rai, vincenti quotati a zero perché ormai sicuri. Mentre le emittenti più piccole si contenderanno i tre multiplex del gruppo a. Un multiplex aggiuntivo fa gola a mediaset: “vogliono creare una televisione in altissima definizione. Più tecnologia significa più spazio, ma pretendono più spazio senza toccare l’offerta attuale”, spiegano all’autorità. E poi c’è la partita uno contro nessuno per una rete mobile: “anche qui partecipa soltanto mediaset”, interessata a prevenire la concorrenza potenziale dei contenuti via cellulare.
Il regalo digitale
berlusconi promette: “la prossima settimana avremo il nome del successore di scajola al ministero”. Ma forse dovrà pazientare un mese, non di più, perché il concorso di bellezza è pronto. L’agcom ha ricevuto il timbro dall’unione europea sulle regole del gioco, ora tocca al ministero incaricare la giuria e iniziare le sfilate in passerella. Il viceministro paolo romani ha un appunto sull’agenda: “siamo all’ultimo chilometro. Presto sistemeremo i 5 multiplex, poi passeremo al dividendo digitale”. Il mistico “dividendo” è povero di frequenze perché la televisione ha preso l’impossibile. E così per imbiancare le vecchie telecomunicazioni – in un momento di innovazione che mai più tornerà – il governo di destra farà espropri di massa alle televisioni locali: “decine di loro sono poveri di risorse e palinsesti: Chiederemo di fare dei consorzi oppure di cederci le reti”, dice il viceministro al fatto. Cedere gratis o il governo comprerà frequenze per poi venderle? “non posso escluderlo. Ma per capire dobbiamo aspettare una legge”. E poi eventuali ricorsi, impugnazioni, risarcimenti. Spariti i nuovi operatori per ravvivare un mercato fermo agli anni ottanta, bloccati i buoni propositi di sky, pista libera per mediaset: La penna del conflitto d’interessi, anche se pesa, fa un gran bene a berlusconi e ai suoi affari.
Da il fatto quotidiano del 4 settembre 2010
Avete sentito che il processo breve dovrebbe essere eliminato dal programma di governo?
Che ne pensate?