Originariamente inviata da
Lucien
Il credente più moderato ti direbbe Ὃν οἱ θεοὶ φιλοῦσιν, ἀποθνήσκει νέος, muor giovane chi agli Dei è caro;
ma io credo che la risposta più razionale che ti si possa dare è: non c'è un perché. Né va cercato. La nostra sofferenza in casi come questo viene proprio dall'insensatezza. Ma il giorno che potremo porci di fronte a questo nulla di senso senza fremere di terrore, allora potremo dire di essere Grandi.
Non c'è perché. Non esiste un'età per vivere ed una per morire, l'esistenza può cessare anche al suo apice, per quanto ingiusto possa sembrare. Ci pare ingiusto perché non riusciamo a non credere che malgrado tutto non esista una giustizia superiore che vigili sul buon svolgimento delle nostre esistenze. Ecco la mancanza di senso di fronte a cui dobbiamo riuscire a porci: non c'è giustizia, non c'è senso. Per l'economia dell'esistente, che si calcola in ordini di grandezza disumani, la vita di ognuno di noi conta quanto la vita di una mosca, di un batterio.
Ma io trovo proprio in questa assenza di senso una grande consolazione: perché tutto si fa più facile e leggero e vivere o morire diventa un fatto insignificante, a cui non c'è bisogno di dar peso. E' finito:
ed è tornato a far parte del nulla. Fuori dallo sporco baratto di dare/avere della felicità in cui ci barcameniamo. Chi non è più è il nulla, e come tale è maestoso, infinito e senza tempo.
A parte queste parole stanche, e per quel che può valere, un abbraccio da parte di uno che si credeva Uomo e s'è scoperto batterio guardando le stelle