PADOVA — Prima, quasi un anno fa, la mobilitazione. Poi, in aprile, il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per i 24 dipendenti, infine la chiusura dello stabilimento di Ospedaletto Euganeo, nella Bassa Padovana, causa improduttività. Tutto dovuto alla crisi che morde alle caviglie degli imprenditori. Fin qui quella della Beton Rapid, azienda che si occupa della produzione di travi, pi*lastri e architravi, assomigliava a una delle tante storie senza lieto fine di questi ulti*mi mesi. Solo che la sorpresa e le novità sono sempre dietro l’angolo.
E, in questo caso, la sorpresa consiste nella ripresa dell’attività lavorativa, a pieno regime. Macchinari che da un momento all’altro tornano a essere produttivi e non più obsoleti. Commesse che d’incanto arrivano di nuovo, e così via. Il lavoro riprende e il prodotto finisce sul mercato con il marchio Beton Rapid. Tutto risolto, quindi? Niente affatto. Perché a riaprire lo stabilimento della Beton Rapid è stata una nuova socie*tà, la Precompressi Ospedaletto Euganeo. Gestita da due ex dipendenti della Beton Rapid di Piazzola sul Brenta, comune padovano dove l’azienda ha la sua sede principale.
Ma, a dispetto di quanto si potevano aspettare i cassintegrati, non sono loro i lavoratori assunti, bensì una quindicina di immigrati slavi e romeni. Alcuni dirottati da Piazzola a Ospedaletto, altri lavoratori interinali sotto la precedente gestione che vengono assunti. E dei ventiquattro dipendenti messi in cassa inte*grazione ad aprile? Nessuna notizia, nemmeno uno solo di loro che recuperi anche soltanto a tempo parziale il suo lavoro. «È una barzelletta – commenta Paolo Vinaccia, delegato sindacale della Fillea Cgil, che segue da vicino questa vertenza - noi protestiamo e rivogliamo ciò che ci spetta. Facendo così si svende qualcosa di molto importante come il diritto al lavoro. Che deve essere garantito anche da orari ben definiti». Sì, perché - fanno sapere i sindacati - i lavoratori stranieri ora assunti sono sottoposti a turni di 10 ore, lavorando anche il sabato. «Sono facilmente ricattabili, con la scusa del permesso di soggiorno – attacca ancora Vinaccia - basti pensare che anche l’Ispettorato del lavoro ha fatto una relazione che è finita in Procura. E’ una barzelletta continua, anche nella conduzione dell’azienda».
Fonti attendibili, infatti, fanno notare che la nuova gestione, con un capitale sociale di 10 mila euro, ha messo le mani su uno stabilimento del valore di quasi 6 milioni. «Producendo per di più gli stessi manufatti di prima – conferma Marco Benati della Fillea Cigil - . E come la mettiamo con le norme di sicurezza? Avevamo avvertito lo Spisal che non tutto era a posto. Infatti, poche settimane fa un lavoratore ha perso un braccio e non è stato risucchiato dal macchinario solo per miracolo. Aspettiamo che tutte le indagini si concludano e poi faremo le nostre valutazioni». Quello della Beton Rapid è un caso finito pure in Parlamento. Grazie a un’interrogazione presentata ieri pomeriggio al ministro del Welfare e del Lavoro, Maurizio Sacconi, da parte dell’onorevole padovano del Pd, Alessandro Naccarato. «Ci stiamo muovendo in tutte le direzioni – ha commentato Andrea Castagna, segretario provinciale della Cgil - ieri pomeriggio i lavoratori e il sindacato hanno incontrato il prefetto in visita a Este. Speriamo al più presto di sapere qualcosa». Intanto tutte le mattine i 24 dipendenti originari sono lì, di fronte al cancello di quella che fino a pochi mesi fa era la loro fabbrica. Nei giorni scorsi hanno fatto un sopralluogo anche carabinieri e Guardia di finanza. Ufficialmente per controllare la situazione.
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