Per quanto riguarda Veltroni, cosa non ti è chiaro nella frase: "se farò di nuovo il sindaco di Roma nei prossimi cinque anni..."? Il secondo mandato di Veltroni a sindaco di Roma è durato meno di due anni. A forza di arrampicarsi sugli specchi si scivola eh, occhio.
Quindi se andasse al governo ci sta 3 anni?
E cmq ha dichiarato di mettere fine alla sua carriera politica dopo il 2° mandato. In fin dei conti ha deciso lui di abdicare e di correre per diventare premier, non è stato obbligato dal dottore
Non mi sembra proprio di scivolare.
Cmq basta che ti guardi qualche comizio da quando ha cominciato a fare il giro d'Italia... non è per nulla difficile trovare contraddizioni e/o *******te.
Per la serie: basta saper parlare, se hai gabbato un popolo e ti sei arricchito con la mafia non è importante.
Certo che lo voto, devo scegliere il male minore; almeno vuole la pulizia e la trasparenza in parlamento (è l'unico), e proprio per questo fa orrore a forza italia, il partito che ha troppi scheletri nell'armadio.
Ti cito l'intervento di Marco Travaglio, che rispecchia il mio punto di vista (completamente):
"CON DI PIETRO, PER FARE I GUASTAFESTE
di Marco Travaglio
Due anni fa votai per l?Italia dei Valori, soprattutto perché nel mio Piemonte candidava Franca Rame, persona straordinaria che sono felice di aver contribuito a mandare al Senato. Credo proprio che anche stavolta tornerò a votare per il partito di Antonio Di Pietro. Conosco le obiezioni dei critici: la gestione padronale e personalistica del partito, da cui molti si sono allontanati; la caduta di stile di far prendere al partito una sede in affitto in uno stabile di proprietà dello stesso Di Pietro; la candidatura di personaggi come Sergio Di Gregorio e Federica Rossi Gasparrini, puntualmente usciti dall?Idv dopo pochi mesi dall?elezione; l?adesione di Di Pietro, come ministro delle Infrastrutture, al progetto del Tav per le merci in Valsusa (sia pure dialogando con le popolazioni e discutendo di un possibile nuovo tracciato, alternativo al famigerato ?buco? da 54 Km a Venaus); la decisione di non chiudere la società Stretto di Messina, pur con la contrarietà ribadita al progetto del ponte; il no alla commissione parlamentare d?inchiesta sui fatti del G8 (secondo me sacrosanto, visto che le commissioni parlamentari in Italia servono a confondere le acque e ad ostacolare la magistratura; ma maldestramente motivato con la richiesta di indagare anche sulle violenze dei black bloc, quasi che il parlamento dovesse occuparsi dei reati dei cittadini comuni). Per essere chiari: voterei molto più volentieri per un Einaudi o un De Gasperi redivivi. Ma, in attesa che rinasca qualcuno di simile e riesca a entrare in politica, penso che l?astensione ? da cui sono stato a lungo tentato ? finisca col fare il gioco della casta, anzi della cosca. Il non voto, anche se massiccio, non viene tenuto in minimo conto dalla partitocrazia: anche se gli elettori fossero tre in tutto, i partiti se li spartirebbero in percentuale per stabilire vincitori e vinti. E infischiandosene degli assenti, che alla fine hanno sempre torto. Dunque penso che si debba essere realisti, votando non il ?meno peggio?, ma ciò che si sente meno lontano dai propri desideri.
A convincermi a votare per l?Idv sono le liste che ha presentato Di Pietro, che ospitano diverse persone di valore, alcune delle quali sono amici miei, di MicroMega, dei girotondi e di chi ha combattuto in questi anni le battaglie per la legalità e libertà d?informazione. Ne cito alcuni. C?è Beppe Giulietti, animatore dell?associazione Articolo 21 contro ogni censura ed epurazione, dunque scaricato dal Pd che gli ha preferito addirittura Marco Follini, ex segretario dell?Udc ed ex vicepremier di Berlusconi, come responsabile per l?Informazione: quel Follini che ha votato tutte le leggi vergogna, compresa la Gasparri che è il principale ostacolo alla libertà d?informazione. C?è Pancho Pardi, che ho incontrato per la prima volta al Palavobis, poi in tutti i girotondi e che mi auguro di rincontrare quando ? se, come temo, rivincerà Berlusconi ? ci toccherà tornare in piazza. C?è la baronessa Teresa Cordopatri, simbolo della lotta alla ?ndrangheta in Calabria. C?è, a Napoli, un sindaco anticamorra come Franco Barbato, che ha militato nel progetto di lista civica nazionale insieme a tanti altri amici. C?è Leoluca Orlando, che in quanto ad antimafia non teme confronti. Non ci sono, in compenso, alcuni personaggi discutibili che si erano avvicinati all?Idv, e che sono stati respinti o non ricandidati?
E poi ci sarebbero anche Beppe Lumia e Nando Dalla Chiesa, ai quali Di Pietro aveva offerto un posto nella sua lista in Sicilia dopo l?estromissione (nel primo caso provvisoria, nel secondo definitiva) da quelle del Pd, che in compenso ospitano elementi come Mirello Crisafulli, l?amico del boss di Enna: alla fine, grazie anche all?Idv, Lumia è rientrato nel Pd, mentre Nando ha rispettabilmente deciso di declinare l?offerta. E poi c?è Di Pietro che, pur con tutti i suoi difetti, ha saputo pronunciare ? da ministro e da leader di partito ? una serie di ?no? molto pesanti contro le vergogne del centro-sinistra. No all?indulto extralarge salva-Previti, salva-furbetti, salva-corrotti e salva-mafiosi. No al segreto di Stato e al ricorso alla Consulta sul sequestro Abu Omar contro i giudici di Milano. No alla depenalizzazione strisciante della bancarotta tentata da qualche ministro furbetto. No agli attacchi contro De Magistris e Forleo. No al salvataggio di Previti alla Camera (il deputato Idv Belisario, per un anno e mezzo, è stato il solo con il Pdci a chiedere la cacciata del pregiudicato berlusconiano, mentre gli altri facevano i pesci in barile). No al salvataggio di D?Alema e Latorre da parte della giunta delle autorizzazioni a procedere della Camera (lì il dipietrista Palomba s?è pronunciato per autorizzare le intercettazioni Unipol-Antonveneta-Rcs, senza se e senza ma). No all?inciucio mastelliano sulla controriforma dell?ordinamento giudiziario e a tutte le altre porcate del cosiddetto ministro della Giustizia ceppalonico. No all?inciucio in commissione Affari costituzionali per la legge truffa di Franceschini e Violante sul conflitto d?interessi (anche qui, solo il Pdci con Licandro e l?allora Ds Giulietti han tenuto botta con l?Idv). No alla limitazione delle intercettazioni telefoniche e no ? dopo un?iniziale esitazione alla Camera ? alla legge-bavaglio di Mastella & C. contro la pubblicazione delle intercettazioni e degli altri atti d?indagine fino al processo. No all?aumento del finanziamento pubblico dei partiti e al colpo di mano tentato in tal senso dai tesorieri di tutti i partiti (tranne quelli dell?Idv, Silvana Mura, e della Rosa nel pugno, Fabrizio Turco). No al comma Fuda che assicurava la prescrizione agli amministratori pubblici indagati dalla Corte dei conti per infrazioni contabili.
Come ministro delle Infrastrutture, poi, Di Pietro ha bonificato quel lombrosario che era prima il vertice dell?Anas, cacciando gli inquisiti e i condannati e denunciando i responsabili di certi ammanchi. Ha razionalizzato la miriade di progetti faraonici ereditati da Lunari, concentrando le poche risorse disponibili su alcune opere davvero necessarie. E, in campagna elettorale, è stato il solo a dire papale papale che Rete 4 deve andare sul satellite e che bisogna applicare immediatamente la sentenza dell?Alta Corte di Giustizia europea di Lussemburgo che, dichiarando illegittime le proroghe concesse a Mediaset dal 1999, privano da nove anni Europa 7 di Francesco Di Stefano delle frequenze necessarie per trasmettere. Infine, last but not least: sia che vinca Berlusconi sia che Pdl e Pd arrivino al pareggio e magari tentino un bel governissimo di larghe intese, mi auguro che arrivi in parlamento una pattuglia di guastatori capaci di fare opposizione con fermezza e competenza su due temi cruciali, la libertà d?informazione e la giustizia uguale per tutti. Di gente così ce n?era anche nel Pd, ma è stata scientificamente eliminata con una specie di pulizia etnica. Ricordiamoci quel che accadde nel 2001, quando l?Idv mancò il quorum per un soffio: l?unica vera opposizione al regime berlusconiano non era in parlamento (a parte i cani sciolti alla Dalla Chiesa o alla De Zulueta, ora scomparsi dalle liste), ma in piazza. Se stavolta entrano in parlamento Di Pietro, Orlando, Pardi, Giulietti, Cordopatri, Mura e qualcun altro come loro, è meglio per tutti."
Non era per fare polemica ma solo per fare vedere cosa ci aspetta nei prossimi anni, e questo è solo un piccolo assaggio:
L'incredibile vicenda di Europa 7 e Rete 4 (ultima parte)
lunedì 11 febbraio 2008 di Paolo Dimalio
Questa è la storia Francesco Di Stefano, proprietario di Europa 7. Di
Stefano aveva un sogno e una convinzione. Il sogno era una tv nazionale
tutta sua, per fare vera concorrenza ai giganti Rai e Mediaset. La
convinzione era che i partiti non possono rovesciare le leggi dello Stato.
Il condono definitivo per Rete 4 è la legge Gasparri. Il meccanismo è
semplice. Basta modificare le soglie antitrust et voilà: Rete 4 non è più
"eccedente" e può tenersi le frequenze, con buona pace di Europa 7.
La Gasparri conferma il limite del 20% delle frequenze avallato dalla Corte.
Ma lo spalma sulla tv analogica e digitale. Il problema è che il digitale
terrestre ancora non esiste. Niente paura: le Gasparri impone alla Rai di
costruire due reti entro il 1 gennaio 2004. Una rete digitale trasporta 5
canali. Significa che al 31 dicembre 2003, quando scade l'ultimatum per Rete
4, i canali televisivi via etere saranno 21 (11 analogici e 10 digitali). Ma
anche se la Rai costruisse una sola rete, al Cavaliere andrebbe di lusso.
Basta che tra analogico e digitale si arrivi a 15 canali terrestri (cioè via
etere). Il 20% di 15 infatti è 3. E 3 sono le reti Mediaset, di colpo
perfettamente in regola con l'antitrust. La legge Gasparri è un capolavoro.
I costi enormi delle reti digitali cadono tutti sulla Rai, cioè sui
contribuenti. Sono i denari pubblici a salvare Rete 4.
Lo stesso escamotage viene applicato per i tetti pubblicitari. La Maccanico
stabiliva il limite del 30%. La Gasparri lo abbassa addirittura al 20%. Ma
allarga a dismisura la torta pubblicitaria. Il 20% infatti non va calcolato
sul mercato televisivo, bensì sul Sic (Sistema integrato delle
comunicazioni) che mescola Tv, stampa, cinema, libri, musica, fino ai
cartelloni stradali. Il Sic mette in regola Mediaset e le spalanca margini
di crescita enormi. D'incanto, il monopolio berlusconiano diviene legale. Ma
la Gasparri fa molto di più. Posa una lapide sulle speranze di Europa 7 e
congela il duopolio Raiset sine die.
La parola magica è "digitale". Una frequenza analogica trasporta un solo
canale televisivo. Una digitale, come si è visto, ne trasporta 5 (grazie
alla compressione del segnale). Nell'era dei bit, quindi, c'è posto per
tutti. Che senso ha perder tempo con l'analogico? Meglio rottamare il
passato e sgombrare il terreno al digitale terrestre. Così la Gasparri mette
definitivamente in soffitta il Piano delle frequenze (analogiche), che Di
Stefano attende dal '98. E stabilisce un principio molto semplice: solo chi
trasmette in analogico può costruire una rete digitale. Morale: il digitale
terrestre non scalfirà il duopolio Raiset. E comunque, nell'attesa che i bit
decollino, tutto resterà come prima. Rete 4 con le sue frequenze, Di Stefano
a mani vuote.
Anche l'Ulivo ha fatto la sua parte. Ad affossare il Piano nazionale delle
frequenze, che avrebbe consentito ad Europa 7 di partire, inizialmente è una
legga del centrosinistra: la n. 66 del 2001. Poi la Gasparri ci mise su una
pietra tombale.
Il provvedimento è bocciato dal presidente Ciampi, che nel dicembre 2003
rifiuta di firmarla rispedendola in Parlamento. Per un attimo, Fede & Soci
rischiano davvero di finire sul satellite. Ma solo per un attimo. La vigilia
di Natale, a sette giorni dall'ultimatum della Corte, "Sua emittenza" vara
il "decreto salva Rete 4". Poi una maggioranza blindata approva la Gasparri,
praticamente identica al testo bocciato da Ciampi.
Le speranze di Di Stefano sono al lumicino. Il sogno di una tv lontana dai
partiti e al servizio dei cittadini definitivamente infranto. Per anni si è
schiantato contro un muro di gomma. I partiti lo hanno osteggiato, la grande
stampa ignorato.
La scossa arriva dal Vecchio continente. Dopo una serie di ricorsi al Tar e
al Consiglio di Stato, il caso Europa 7 approda sul tavolo Ue. Il 18 luglio
2007, il commissario alla concorrenza Neelie Kroes boccia senza appello la
Gasparri, colpevole di favorire le vecchie emittenti nel passaggio
dall'analogico
al digitale terrestre. La Gasparri, secondo l'antitrust europea, "concede
vantaggi ingiustificati agli operatori analogici esistenti", sbarrando
l'ingresso
alle nuove antenne. Eurolandia chiama in causa proprio Europa 7. Sotto
accusa la norma che "prolunga, sino alla data dello switch-off [la fine
dell'analogico],
le autorizzazioni per continuare le trasmissioni analogiche terrestri da
parte di operatori che non hanno ottenuto la concessione analogica. Tale
disposizione - si legge nella relazione Ue - attribuisce a questi operatori
un chiaro vantaggio, a danno di altre imprese, in particolare di quelle che,
come Europa 7, hanno una concessione analogica ma non possono fornire
servizi di trasmissioni analogiche terrestri per mancanza di frequenze". Il
messaggio è chiaro. Dice la Gasparri: finchè ci sarà l'analogico, chi non ha
la concessione può continuare a trasmettere su frequenze che non gli
spettano. E quando l'analogico andrà in pensione, solo chi ha le frequenze
avrà diritto alle reti digitali. Per le leggi italiane, Di Stefano non ha
scampo.
Dopo la scomunica della Commissione europea, dal Vecchio continente arriva
un altro macigno sulla Gasparri e Rete 4. Il 31 gennaio 2007 la
Corte di Giustizia europea condanna con parole di fuoco il sistema delle
concessioni in Italia. "Tale regime - si legge in una nota diffusa a
Bruxelles - non rispetta il principio della libera prestazione di servizi e
non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e
proporzionati". Per i giudici del Lussemburgo, il regime transitorio che ha
permesso a Rete4 di trasmettere senza concessioni è contrario al diritto
comunitario.
L'Europa ha emesso il suo verdetto: lo Stato ha derubato Europa 7 delle
frequenze che gli spettano, consegnando la refurtiva a Rete 4. La Corte di
giustizia è giunta a questa conclusione malgrado le resistenze dell'Avvocato
generale dello Stato italiano, spedito in Lussemburgo dal governo Prodi a
perorare la causa della Gasparri. "Legge vergogna": così la bollò l'Unione
in campagna elettorale, promettendo solennemente di abrogarla. Ad urne
chiuse, la folgorazione sulla via di Arcore. La legge "salva Rete 4" è
intatta, e il centrosinistra l'ha pure difesa dinanzi ai giudici europei. E'
l'ultimo omaggio della "banda Prodi" a "Sua emittenza". Basta ricordare la
legge Maccanico e il cavillo-truffa che espelle Rete 4 dall'etere senza dire
quando. L' "abilitazione speciale" del Ministro Cardinale. La cancellazione
del Piano Nazionale delle frequenze con la legge n. 66 del 2001. Il silenzio
assordante sul caso Europa 7.
Dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea, Di Stefano ha chiesto due
cose: un maxirisarcimento e che il maltolto gli sia restituito. L'Italia
invece rischia una multa da 400 milioni di euro al giorno, se la Gasparri
non viene abrogata e le leggi italiane in materia televisiva non si
adegueranno alle norme comunitarie. Pagheranno i contribuenti, s'intende.
Ora la palla passa al governo, cioè con buone probabilità a Berlusconi. Che
se tenesse alle casse pubbliche come alle sue tasche, gareggerebbe per il
Nobel.
Comunque lo sanno anche i muri che nessun politico mantiene le promesse, che sia a destra o a manca:
ah beh,se lo dice Travaglio allora...
Ma per piacere.
Ancora con rete4...
Cmq le Lega le mantiene le promesse.
Vuole la riduzione dei parlamentari, la riduzione degli stipendi degli stessi.
Tu che voti Di Pietro e il Pd sei convinto che nessuno rispetti i programmi...qualcuno se non al 100% li rispetta o comumque fa più cose possibili, non è che promette una cosa e fa esattamente l'opposto (cioè ci prende per il culo).
..sinistra arcobaleno..forse!!..