CRISI - VIA LIBERA AGLI AIUTI AL PORTOGALLO
Bruxelles, 16 maggio 2011 - I ministri delle Finanze dell’Eurogruppo hanno deciso “all’unanimità di garantire assistenza finanziaria” al Portogallo, con un pacchetto di aiuti del valore di 78 miliardi di euro.
D’accordo con la Commissione europea e la Banca centrale europea, i ministri riuniti a Bruxelles concordano sul fatto che il prestito al Portogallo, in risposta alla richiesta delle autorità di Lisbona presentata il 7 aprile scorso, viene concesso “per salvaguardare la stabilità finanziaria dell’area euro e dell’Ue nel suo complesso”.
Il programma di assistenza Ue-Fmi in tre anni, “ambizioso ed intensivo”, sarà basato su tre pilastri: “un aggiustamento di bilancio ambizioso ma credibile per ripristinare la sostenibilità fiscale, anche attraverso la correzione del deficit eccessivo entro il 2013, riforme per rafforzare la crescita e la competitività e per eliminare gli squilibri macroeconomici interni ed esterni e misure per assicurare un risanamento ordinato ed equilibrato del settore finanziario per rafforzare il capitale delle banche”.
Secondo quanto deciso, il pacchetto “coprirà le necessità finanziarie per 78 miliardi di euro, che saranno suddivisi equamente (26 miliardi ciascuno) tra l’European financial stability facility (Efsf, lo strumento intergovernativo creato lo scorso anno dopo la crisi greca), l’European financial stabilisation mechanism (Efsm, strumento della Commissione europea) e il Fondo monetario internazionale (Fmi).
LA GRECIA SULL'ORLO DEL DEFAULT
L’economia greca è allo sbando sotto l’incalzare delle agenzie di rating, che non perdono occasione per colpire il paese economicamente più debole dell’area mediterranea.
La Grecia paga gli errori commessi dai governi di Nea Democratia e del Pasok, che, pur di entrare nel 2001 nel Club dell’euro, hanno falsificato bilanci e PIL.
Con la Grecia, che non aveva nessuno dei parametri di Maastricht per entrare nell’Eurogruppo, paga l’Unione europea ed in primis la moneta unica, oltre al sistema bancario europeo.
La Grecia continua a versare lacrime amare e con essa il suo popolo, spremuto come un limone dei suoi giardini, che si illude di poter risolvere il problema della miseria incombente, ricorrendo allo sciopero generale, che ormai è un’arma spuntata che lascia il tempo che trova.
I numeri della crisi della piccola Grecia sono impressionanti: il debito pubblico è praticamente fuori controllo e quest'anno sfiorerà il 160% del pil (solo 2 anni fa era inferiore al 110%), con un deficit enorme attorno al 10%, che porterà il debito pubblico vicino al 170% nel 2012.
Nel 2010 Ue, Bce e Fmi hanno erogato aiuti per 110 miliardi di euro, tassi alle stelle con i bond a due anni che hanno toccato il 25%, per cui tra restituzione di prestiti e tassi di interesse il paese è diventato un pozzo senza fondo, una immensa voragine.
In questo drammatico contesto si inserisce il taglio di due punti del rating greco da parte di Standard e Poor’s, facendolo scendere al livello più basso in Europa.
L’agenzia di rating, che da anni martella la Grecia, ha diffuso una nota, con cui dà il colpo di grazia a questo paese, che senza mezzi termini afferma: “Riteniamo necessario un allungamento delle scadenze del debito, e non escludiamo che in un secondo tempo si chieda ai creditori di rinunciare fino al 50% del loro credito”.
Sulla stessa scia di Standard e Poor’s stanno muovendosi le agenzie di rating Moody’s e Fitch, che getteranno altra benzina sul fuoco.
L’Europa non sta certamente a guardare, perché sta preparando una soluzione per questa nuova crisi greca che verrà discussa nella prossima settimana dall’Eurogruppo convocato dal suo presidente Jean Claude Juncker, per il quale “è necessario un aggiustamento del piano”, con un nuovo pacchetto di interventi che si aggira sui 70 miliardi di euro.
Nessuno nasconde il nuovo disastro ellenico con l’euro e l’economia che vacillano, visto che la Bce ha in portafoglio oltre 194 miliardi di obbligazioni greche, oltre ai miliardi prestati dagli Stati dell’Eurozona, ed a quelli delle banche francesi per 60 miliardi e delle banche tedesche per 50.
Nonostante le quasi giornaliere rassicurazioni del ministro delle finanze greco, che "esclude" la possibilità di default o la necessità di una futura ristrutturazione del debito, in questi giorni si fanno strada nuove ipotesi "politically correct": si parla infatti di "reprofiling", di riscadenziamento del debito, operazioni queste che altre non sono che una ristrutturazione mascherata o un default "soft".
Stati Uniti. Raggiunto il massimo legale del debito. Geithner vara misure urgenti
Il debito pubblico ha toccato il tetto fissato dalla legge in 14.300 miliardi di dollari e il Tesoro ha avviato misure urgenti per frenare gli investimenti. Il segretario al Tesoro, Timothy Geithner in una lettera al leader del Senato Harry Reid, preme sul Congresso affinché decida urgentemente di rialzare il tetto «per proteggere la credibilità e il credito gli Stati Uniti ed evitare catastrofiche conseguenze per i cittadini». Senza un rialzo di questi limiti, gli Usa rischiano infatti di non essere in grado di rimborsare le scadenze sul debito pubblico e quindi di diventare insolventi. In questo modo si creeranno disponibilità per far fronte ai suoi impegni coi creditori fino al 2 agosto, dopo di che gli Usa rischiano di non poter più rispettare gli impegni per il rimborso dei debiti, andando incontro ad un drammatico default.
L'amministrazione Obama decide così di mettere mano ai programmi federali sulle pensioni per non compromettere un accordo sul debito fra repubblicani e democratici. Tra le misure varate, la sospensione temporanea di due fondi pensioni pubblici: il Civil service retirement and disability fund e il Government securities investment fund.
Geithner ha inoltre ricordato che il governo farà ricorso a «misure speciali» - come «sospendere l'emissione del debito» - per consentire al governo di evitare il default almeno «fino al prossimo 2 agosto». Queste misure concederanno a Casa Bianca e leader congressuali il tempo necessario a raggiungere un accordo per ridurre il deficit pubblico e svelenire il clima politico in modo da consentire al Congresso d'innalzare il limite dell'indebitamento pubblico Usa.
La situazione è aggravata da un altissimo deficit di bilancio, che nel 2011 si stima supererà i 1600 miliardi di dollari, superiore al 10% del pil, e porterà presto il debito pubblico al superamento della soglia del 100% del pil.