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Dio

  1. #41
    Sempre più FdT _HaRmOnY_
    Donna 33 anni da Pesaro-Urbino
    Iscrizione: 23/5/2007
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    justme.. non sai quanto mi ritrovo in quello ke scrivi. non so cosa dirti, xke sostanzialmente anche io ho i miei dubbi enormi, e il mondo/le persone/gli eventi, non fanno ke mettere a dura prova la mia fede. vorrei tanto sentirlo di piu, accanto a me.


  2. #42
    Sempre più FdT _HaRmOnY_
    Donna 33 anni da Pesaro-Urbino
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    Quote Originariamente inviata da Bossy Visualizza il messaggio
    Io non so se credo, sono troppe le contraddizioni del mondo, troppe le persone che scompaiono ingiustamente, e quelle che soffrono senza motivo, quale Dio lo permetterebbe??
    E perche' quando piu' ne hai bisogno Dio non c'e'??


    non avrei mai pensato ke un giorno ti avrei quotato.

    io queste domande.. me le pongo in continuazione.

  3. #43
    Rosemary
    Ospite

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    Quote Originariamente inviata da alex_91 Visualizza il messaggio


    non avrei mai pensato ke un giorno ti avrei quotato.
    Ma che è diventata 'na moda 'sta frase?fine ot

  4. #44
    Sempre più FdT _HaRmOnY_
    Donna 33 anni da Pesaro-Urbino
    Iscrizione: 23/5/2007
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    Quote Originariamente inviata da JustMe Visualizza il messaggio
    Ma che è diventata 'na moda 'sta frase?fine ot
    why?

  5. #45
    FdT svezzato
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    Quote Originariamente inviata da Godel Visualizza il messaggio
    La religione viene derisa perchè il mondo è pieno di stronzi¹. Non puoi credere in Dio per quello che fanno gli altri, per quello che fa il tuo parroco o perchè ti piace un libro, puoi credere solamente se lo senti. C'è un qualcosa che spinge a credere, per questo i non credenti si arrovellano tanto nella conoscenza delle religioni cercando prove scientifiche o altro, e non capiscono che invece non è per i libri o per le chiacchiere che si crede.
    Per quanto riguarda i quesiti del tipo "perchè se Dio esiste c'è la sofferenza", puoi benissimo far ricorso alla teologia (c'è apposta..) e rispondere con semplicità questo tipo di domande.
    La chiesa è marcia dall'interno oggi, in molte cose il clero dimostra una demenza ed una mancanza di fede che ha dell'inverosimile; ma non per questo devi rinnegare ciò in cui credi, o ritrattare sui dettami fondamentali che la fede che hai scelto impone, facendo un minestrone pseudoreligioso come va tanto di moda ai nostri tempi. Quanto a quello che pensano gli altri, i non credenti, gli scettici, gli anticattolici, ormai c'è una commistione di ignoranza e idiozia che riguarda i detrattori della chiesa e delle religioni in genere che permea la nostra società in ogni angolo; puoi difenderti dall'ignoranza con la conoscenza, finché è possibile, quanto all'idiozia, con quella non servono argomentazioni.



    ¹ BruttoGay cit. 'Domanda su forza Nuova', Attualità e Politica
    Non voglio essere prolisso, ma questo è un argomento che merita spazio,e sensa nulla togliere al tuo discorso,ma l'uso comune del verbo credere non ci aiuta molto nel definire che cosa sia la fede. Il Credo (apostolico) implica molto di più.
    Nel linguaggio comune, credere significa anzitutto "supporre", "ritenere", e il verbo è generalmente seguito da una proposizione oggettiva: "credo che pioverà". Credere, in questo senso, si distingue da "sapere" perché manca di certezza: non so esattamente se pioverà, mi limito a ritenerlo probabile. Non potendo sapere, devo per forza limitarmi a credere. Va da sé che, quanto più una decisione è importante, tanto più è pericoloso prenderla in base a ciò che credo, e diventa importante fondarla su ciò che effettivamente so. Applicata alla fede cristiana, questa comprensione del credere è mortifera. "Credo" significa allora che, per quanto riguarda Dio, non posso sapere nulla, e sono dunque condannato a restare nell'incertezza. Il vero sapere riguarda le cose che si possono vedere e toccare, che sono oggetto di verifica secondo quelli che, a quanto si dice, sono i criteri della scienza, o almeno del buon senso; Dio, per definizione, si colloca su un altro piano, di cui non si dà un sapere, ma solo la "fede", che però in questo quadro significherebbe solo: affermare qualcosa (per esempio: Dio esiste; o: i morti risuscitano), e sperare che sia vero. Tale concezione del credere è piuttosto diffusa, fuori dalla chiesa, ma anche al suo interno, con effetti devastanti.
    La lingua corrente usa "credere" anche nel significato di "ritenere che Tizio dica il vero". In questo senso si crede a qualcuno. Il credere può fondarsi semplicemente sulla verosimiglianza di quel che è detto: in tal caso siamo vicini all'uso precedente; ma può anche radicarsi in un rapporto di fiducia personale tra chi parla e chi ascolta. "Credere" in quest'ultimo senso presenta un'analogia con il credere cristiano perché, appunto, si tratta di aver fiducia.
    La confessione di fede, tuttavia, parla di credere in: non si tratta dell'unico uso cristiano del verbo (anche la fede crede che, cioè si articola in contenuti precisi), ma di quello che esprime il rapporto con Dio. Credere è dunque, in questa prospettiva, un percorso, una storia, prima e più che un dato acquisito una volta per tutte. Più precisamente, è la storia del rapporto con una persona dalla quale ci attendiamo vita, gioia, futuro. Anche qui, come nel credere a, è questione di fiducia, ma in senso più radicale. Chi crede in ascolta una promessa, che può essere esplicita o implicita, ad essa si affida, in base ad essa si impegna. Ogni decisione, anche la più banale (per es. alzarsi la mattina) presuppone un «credere in», l'attesa di qualcosa di positivo che io non possiedo, ma che spero di ricevere compiendo quell'azione. In questo senso, credere in qualcosa, o qualcuno, non è una caratteristica dell'esperienza detta religiosa, ma fa parte della struttura dell'esistenza umana. Tutti "credono": tutti cioè, consapevolmente o meno, agiscono sulla base di una fiducia fondamentale in qualcosa o in qualcuno. Anche l'essere umano più cinico, che agisce unicamente a partire dall'aspirazione alla ricchezza, crede, appunto, nel denaro, da cui si ripromette vita e futuro.
    Avrei ancora molta da aggiungere, ma, come gia detto non vorrei essere soverchiamente esteso.

  6. #46
    Matricola FdT
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    Quote Originariamente inviata da LuC4_81 Visualizza il messaggio
    Non voglio essere prolisso
    Pensa se voleva essere prolisso cosa veniva fuori

  7. #47
    FdT svezzato
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    Quote Originariamente inviata da Doduz Visualizza il messaggio
    Pensa se voleva essere prolisso cosa veniva fuori
    ma sei ovunque in ogni luogo!!!

  8. #48
    Matricola FdT
    Uomo 34 anni da Padova
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    ma sei ovunque in ogni luogo!!!
    Yaya... comunque bel ragionamento quello di prima anche se un pò lunghino...

  9. #49
    Rosemary
    Ospite

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    Quote Originariamente inviata da LuC4_81 Visualizza il messaggio
    ma sei ovunque in ogni luogo!!!
    Non andare Ot se non ne vale la pena

    Comunque condivido questa parte:

    Quote Originariamente inviata da LuC4_81
    Tutti "credono": tutti cioè, consapevolmente o meno, agiscono sulla base di una fiducia fondamentale in qualcosa o in qualcuno. Anche l'essere umano più cinico, che agisce unicamente a partire dall'aspirazione alla ricchezza, crede, appunto, nel denaro, da cui si ripromette vita e futuro.


    anche se ai fini del mio post non aiuta molto
    Grazie comunque per le belle parole, Luca!

  10. #50
    Sempre più FdT
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    Quote Originariamente inviata da LuC4_81 Visualizza il messaggio
    Non voglio essere prolisso, ma questo è un argomento che merita spazio,e sensa nulla togliere al tuo discorso,ma l'uso comune del verbo credere non ci aiuta molto nel definire che cosa sia la fede. Il Credo (apostolico) implica molto di più.
    Nel linguaggio comune, credere significa anzitutto "supporre", "ritenere", e il verbo è generalmente seguito da una proposizione oggettiva: "credo che pioverà". Credere, in questo senso, si distingue da "sapere" perché manca di certezza: non so esattamente se pioverà, mi limito a ritenerlo probabile. Non potendo sapere, devo per forza limitarmi a credere. Va da sé che, quanto più una decisione è importante, tanto più è pericoloso prenderla in base a ciò che credo, e diventa importante fondarla su ciò che effettivamente so. Applicata alla fede cristiana, questa comprensione del credere è mortifera. "Credo" significa allora che, per quanto riguarda Dio, non posso sapere nulla, e sono dunque condannato a restare nell'incertezza. Il vero sapere riguarda le cose che si possono vedere e toccare, che sono oggetto di verifica secondo quelli che, a quanto si dice, sono i criteri della scienza, o almeno del buon senso; Dio, per definizione, si colloca su un altro piano, di cui non si dà un sapere, ma solo la "fede", che però in questo quadro significherebbe solo: affermare qualcosa (per esempio: Dio esiste; o: i morti risuscitano), e sperare che sia vero. Tale concezione del credere è piuttosto diffusa, fuori dalla chiesa, ma anche al suo interno, con effetti devastanti.
    Suppongo tu sia un non credente.. Quello che ho detto prima non c'entra molto con questo discorso, ma volendo riprendere ciò che dici, il mio ex professore di chimica - non credente - diceva che chi dice che si può credere solo in ciò che si tocca, dice una cavolata. E faceva l'esempio del fatto che tutti credono nell'esistenza di New York, ma pochi l'hanno visitata.
    Quello che sembra un discorso scemo in realtà ha una logica inespugnabile, e se lui lo usava per dirci che nella chimica spesso molto di quello che accade ci sfugge, io posso usarlo altresì per dirti che di tutte le cose in cui credi, la fiducia incondizionata in una fede non è poi tanto strana rispetto a queste.
    Tu crederai nell'evoluzione, ma non è una teoria scientifica come non è qualcosa di comprovato e di tangibile, eppure probabilmente basi molte delle tue convinzioni su questa teoria. Magari credi in un partito politico, in un ideale sociale, nell'affetto di qualcuno, in una teoria matematica; eppure la maggior parte di queste cose possono rivelarsi delle sciocchezze.
    La fede in questo tipo di visione pratica non fa molta differenza. C'è chi si proclama ateo e crede che l'universo intero sia nato dal nulla, cosa ovviamente assurda ma comunque teoria che oggi è accettata ciecamente dai più; e c'è chi si proclama credente e crede in un entità soprannaturale creatrice, in un paradiso, nei santi negli angeli e così via, cose che magari a te sembrano assurde.
    Il pensare che una visione di tipo religioso sia molto diverso ai fatti o per razionalità dal credere che degli amminoacidi formatisi per caso si siano uniti per caso in una proteina che a sua volta casualmente unendosi ad altre proteine ha formato il primo organismo procariote sul pianeta terra, indica semplicemente che la gente o non si preoccupa di indagare sulla propria conoscenza, oppure che tutti siamo credenti come dici tu, allo stesso modo. O meglio, quasi.
    La nocività che vedi tu nelle convinzioni di chi crede infatti è frutto di un idea atea forviante, di cui non mi spiego l'esistenza, perchè a ben vedere, il credente ha tutto il diritto di credere in Dio come in Babbo Natale per fede, il non credente no. Il non credente dovrebbe credere come dici tu solo a ciò che tocca, ed in quest'ottica la miriade di cose che formano le convinzioni di molti non credenti, come l'idea di amore, alcuni valori della vita e della società, la stessa teoria dell'evoluzione, non hanno alcun senso.
    Un ateo ad esempio, non ha nessuna argomentazione plausibile per opporsi ad una visione morale di tipo nietzscheano, anzi, dovrebbe desiderarla come il punto più alto possibile per un mondo privo di Dio. Eppure non mi sembra che gli atei siano a favore dell'uccisione di malati e vecchi come sono a favore del sesso prematrimoniale. Il problema è, come direbbe anche S@ve, che la nostra società è talmente intrisa di cattolicesimo che lo si rinnega prendendone tuttavia gran parte degli insegnameni.

    Il mio discorso comunque era incentrato su ben altre considerazioni: il credente non crede per conoscenza, crede per fede, cosa che sente intimamente come tu senti l'amore per la tua ragazza; e questo lo porta a legittimare le proprie convinzioni circa una vita dopo la morte, e circa un entità soprannaturale, senza dover dimostrare nulla e senza accampare diritti di scientificità.

    Quote Originariamente inviata da LuC4_81 Visualizza il messaggio
    La lingua corrente usa "credere" anche nel significato di "ritenere che Tizio dica il vero". In questo senso si crede a qualcuno. Il credere può fondarsi semplicemente sulla verosimiglianza di quel che è detto: in tal caso siamo vicini all'uso precedente; ma può anche radicarsi in un rapporto di fiducia personale tra chi parla e chi ascolta. "Credere" in quest'ultimo senso presenta un'analogia con il credere cristiano perché, appunto, si tratta di aver fiducia.
    La confessione di fede, tuttavia, parla di credere in: non si tratta dell'unico uso cristiano del verbo (anche la fede crede che, cioè si articola in contenuti precisi), ma di quello che esprime il rapporto con Dio. Credere è dunque, in questa prospettiva, un percorso, una storia, prima e più che un dato acquisito una volta per tutte. Più precisamente, è la storia del rapporto con una persona dalla quale ci attendiamo vita, gioia, futuro. Anche qui, come nel credere a, è questione di fiducia, ma in senso più radicale. Chi crede in ascolta una promessa, che può essere esplicita o implicita, ad essa si affida, in base ad essa si impegna. Ogni decisione, anche la più banale (per es. alzarsi la mattina) presuppone un «credere in», l'attesa di qualcosa di positivo che io non possiedo, ma che spero di ricevere compiendo quell'azione. In questo senso, credere in qualcosa, o qualcuno, non è una caratteristica dell'esperienza detta religiosa, ma fa parte della struttura dell'esistenza umana. Tutti "credono": tutti cioè, consapevolmente o meno, agiscono sulla base di una fiducia fondamentale in qualcosa o in qualcuno. Anche l'essere umano più cinico, che agisce unicamente a partire dall'aspirazione alla ricchezza, crede, appunto, nel denaro, da cui si ripromette vita e futuro.
    Avrei ancora molta da aggiungere, ma, come gia detto non vorrei essere soverchiamente esteso.
    Il credere non è solo fiducia in Dio, come la conoscenza di Dio non comporta il credere. Rispondendoti con le parole di Sant'Agostino, chi dice di conoscere Dio e non lo ama, non lo conosce affatto. E rifacendoci al cattolicesimo ed al messaggio cristiano, Dio è amore, credere significa amare Dio; il resto della conoscenza a suo carico può quasi essere superfluo.
    Il cristiano che crede non può essere visto come un tizio che decide di dar fiducia al Papa o alle Scritture, o come uno che si è studiato la teologia ed ha deciso di credere, o come uno che ha paura della morte e decide di credere in modo da non abbattersi; il vero credente crede per ciò che sente dentro di sé. E ahimé, questo qualcosa è probabilmente incomprensibile per i non credenti, come è non trasmettibile ad altri; perchè come tu non puoi trasmettermi l'amore incondizionato che provi per la tua donna, come non puoi farmelo capire appieno dato che non lo provo, il credente non può trasmettere l'amore che prova per Dio ad altri in modo da farli credere a loro volta, e non può forse neanche farlo comprendere appieno al non credente.

    Sono molto prolisso anch'io, e sono anche piuttosto svoiato nello scrivere questi argomenti per me non hanno grande attrattiva qui, credo siano tutte cose piuttosto ovvie.