D'ELIA, INFORMAZIONE DIFFONDE XENOFOBIA SU RUMENI CAFFARELLA
Accusati di violenza sessuale nel parco della Caffarella a Roma e poi scagionati dal test del dna. Sui due rumeni ''l'informazione diffonde messaggi di xenofobia'' e ''eccita l'opinione pubblica''. Il risultati e' che ''gli organi preposti ad affrontare questi fernomeni sono condizionati''. Sergio D'Elia presidente di Nessuno tocchi Caino punta l'indice contro i mass media che 'condannano' lo straniero e spingono anche il governo e il Parlamento a fare ''leggi manifesto'' che non risolvono i problemi. I due rumeni accusati, chiede, ''dopo che hanno messo loro il marchio di infamia, chi li risarcira'?''.''Quando si semina vento -dice l'ex parlamentare radicale all'ADNKRONOS- si raccoglie tempesta, arrivano le leggi manifesto che rispondono all'opinione pubblica eccitata, si entra in una spirale che porta al degrado dello stato di diritto nel nostro paese''. ''Vedo in questo fenomeno un ruolo decisivo dell'informazione: se questa diffonde messaggi di xenofobia, anche gli organi preposti ad affrontare fenomeni di questo tipo sono condizionati. E quando si crea l'emergenza -sottolinea ancora D'Elia- si avviano processi securitari che portano a fare operazioni sbagliate dal punto di vista giudiziario o di polizia''.
Spesso si tratta di ''trovare un colpevole purche' sia''. ''Se la questione stupri fosse stata trattata tenendo conto della realta', secondo la quale oltre il 90% delle violenze nei confronti delle donne accadono in ambito familiare o di conoscenti... E invece il messaggio e': c'e' l'emergenza stupri e il colpevole e' il rumeno. Tanto che oggi -rimarca D'Elia- ci sono titoli come 'preso il rumeno sbagliato': resta l'impostazione razzistica''.
D'Elia insiste sulle responsabilita' dell'informazione: ''Se c'e' una percezione di insicurezza e si punta l'extracomunitario, prima, il comunitario come il rumeno adesso, e' il frutto di quello che si e' seminato. Ma io mi chiedo: questi due rumeni potranno essere anche dei delinquenti incalliti, ma in questo caso sono innocenti. Chi li risarcira' del danno? Sono stati sbattuti in prima pagina con le loro foto e gli hanno messo il marchio di infamia e di colpevolezza'', ricorda.Quanto alla confessione poi ritrattata di uno dei due rumeni accusati, D'Elia non si stupisce: ''Solo un ingenuo puo' credere che in Italia i metodi di interrogatorio siano rispettosi dei principi internazionali. Rita Bernardini e altri parlamentari mi hanno raccontato di casi a Rebibbia in cui i detenuti sono stati sottoposti a trattamenti disumani e degradanti. Non posso denunciare questo caso specifico, ma il rumeno ha detto di essere stato indotto a confessare... Ci pensera' il giudice''.
Una parte di responsabilita' spetta anche al mondo politico. D'Elia apprezza le parole del presidente della Camera, Gianfranco Fini, che invita a non fare l'uguaglianza tra straniero e criminale: ''Onore a Fini che ha avuto il coraggio di porre la questione e ha detto quello che tutti dovrebbero dire: la responsabilita' penale non si puo' trasferire all'etnia di appartenenza. La responsabilita' della politica e' quella di legiferare su un fatto di cronaca, sull'onda dell'emergenza, dimostrando di non avere alcun cultura dei fenomeni. Ma in Italia ci sono tutte le leggi, il problema e' di farle applicare''.