Bah, qualsiasi soggetto razionale è in grado di individuare una bolla speculativa. Qualunque economista, non solo i migliori, erano in grado di vedere che il sistema era troppo debole. Qualunque banca e fondo d'investimento era consapevole che il rialzo dei prezzi (finanziari e reali) era di natura speculativa. Solo che, finchè si fanno soldi, i rischi passano in secondo piano.
Le crisi sono sistemiche, cicliche (vedi Minsky). Questa è stata devastante, per le innumerevoli cause che hanno contribuito a destabilizzare il sistema.
Comunque, se hai voglia di dilungarti, sono curioso di sapere a cosa ti riferisci
buongiorno a tuttiieri pomeriggio, mentre ero in macchina, ascoltavo radio radicale, dove c'era appunto un congresso dei radicali(non so se in diretta o in differita), dove un relatore insisteva sulle privatizzazioni(diceva che dobbiamo privatizzare ancora la rai, la scuola, la sanità, ecc.); e che dovevamo abbattere ancora dipiù le barriere tra gli stati, in modo da far girare le merci e le persone dal sud al nord del mondo, e viceversapossibile che questa crisi(dalla quale non stiamo assolutamente uscendo, checchè ne dicano maggioranza e opposizione)non abbia ancora insegnato nulla??
intanto le cose peggiorano
la crisi, almeno per le famiglie, sarà ancora lunga.
Censis, 30% famiglie stenta a fine mese
Oltre un milione in povertà alimentare, 760 mila posti persi per la crisi
04 dicembre, 23:56
ROMA - Più di una famiglia su quattro arriva a stento a fine mese. E per coprire le necessità quotidiane è costretta ad ingegnarsi attingendo così ai risparmi accumulati nel tempo, dilazionando i pagamenti o chiedendo un prestito. A guidarle, una comune strategia: tagliare su tutto, mettendo al bando gli sprechi e ridefinendo i propri consumi. In una corsa sempre più alla ricerca delle offerte e dei prezzi più convenienti, in cui anche il carrello della spesa e la casa diventano low cost. Mentre si dice addio ai vizi che costano troppo, sigarette in testa. A fotografare "la stressata resistenza" delle famiglie italiane ma anche le nuove abitudini su cui la crisi le ha instradate è il rapporto 2009 del Censis dedicato alla situazione sociale del Paese. Dall'indagine emerge che il 28,5% delle famiglie ha avuto difficoltà a coprire le spese mensili con il proprio reddito. Un dato che si confronta, al contrario, con un 71,5% che invece dichiara di avere un reddito sufficiente, con una quota che sale quasi al 79% nel nord-est e scende al 63,5% al sud.
SOLO 2% DICHIARA REDDITI SOPRA 70MILA EURO
Un paese dall'alto peso fiscale e da una ricchezza spesso occulta. L'Italia è al sesto posto in Europa per peso dell'imposizione fiscale sul Pil, con una incidenza del 42,8% a fronte di una media europea del 39,8%. Però solo il 2,2% dei contribuenti (893.706 in valore assoluto) dichiara un reddito che supera i 70.000 euro annui, circa il 50% degli italiani presenta redditi che non vanno oltre i 15.000 euro e il 31% dichiara tra 15.000 e 26.000 euro. A dirlo è il 43/o Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese. Il reddito medio dichiarato è di 18.373 euro pro-capite: si va da un massimo di 20.851 euro nel Nord-Ovest a un minimo di 14.440 euro al Sud. La provincia con il valore più alto è Milano, con una dichiarazione media di 24.365 euro, l'ultima è Vibo Valentia, con 12.199 euro per contribuente. Inoltre, secondo le stime del Censis, l'economia sommersa si aggira intorno al 19% del Pil. Con la crisi tale quota potrebbe essere aumentata, sostiene il rapporto, raggiungendo un valore di 275 miliardi di euro.
PIU' DI 1 MLN FAMIGLIE IN POVERTA' ALIMENTARE
In Italia ci sono un milione e 50 mila famiglie in condizione di "povertà alimentare", pari al 4,4% del totale, con un divario territoriale enorme tra Nord e Sud: lo afferma il Censis nel suo Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, presentato oggi. Secondo l'analisi del Censis, frutto di una elaborazione del Censis su dati della Fondazione per la sussidiarietà e dell'Istat, ci sono regioni come Veneto, Toscana, Lazio e Trentino Alto Adige che hanno quote di famiglie in povertà alimentare sotto al 3% e altre come Calabria, Basilicata e le due isole che, invece, presentano valori nettamente più elevati (dal 6,2% al 10,8%). Il disagio sociale è quindi fortemente territorializzato, dice il Censis, che pubblica anche una graduatoria delle province dalla quale emerge che il gap tra Centro-Nord e Sud-isole è marcato e relativo a tutte le dimensioni del disagio considerate, da quelle private (consumi e reddito) a quelle di natura collettiva, come le infrastrutture. Le province più problematiche risultano Palermo, Agrigento, Matera, Lecce, Caserta, Crotone, Vibo Valentia e Caltanissetta; al contrario, Trieste, Aosta, Belluno e Siena sono le province con livello di disagio sociale più basso.
OLTRE 760 MILA POSTI PERSI CAUSA CRISI
Oltre 760 mila posti di lavoro persi in un anno per motivi legati alla sola crisi. A dirlo è il Censis nel Rapporto 2009 sulla situazione sociale del Paese, nel confronto annuo al secondo trimestre. Per l'esattezza, scrive il Censis, sono 763 mila quanti, a causa della crisi, sono rimasti senza lavoro perché licenziati, messi in mobilità, per interruzione dei contratti o per chiusura dell'attività. Un nucleo costituito prevalentemente da dipendenti (83,9%), uomini (56,4%), residenti al nord (42,8%) quanto al sud (37,0%). Circa il 42% lavorava nell'industria della trasformazione (27,1%) e nell'edilizia (15,1%), il 14,5% nel commercio e il 9,1% nei servizi alle imprese. A questa platea "già numerosa - sottolinea ancora il rapporto - si aggiungono quanti, pur occupati, lavorano a regime ridotto": sono risultate circa 310 mila le persone che nella settimana in cui sono state intervistate non hanno lavorato mentre circa 415 mila l'hanno fatto ma per meno ore del solito. Si tratta per lo più di lavoratori dipendenti, in Cassa integrazione o mobilità (quasi 350 mila) e sono concentrati soprattutto al Nord (65,0%), segno di come in quest'area del Paese "il sistema, che pure ha tenuto - viene sottolineato - stia però registrando preoccupanti segnali di affanno".
Censis, 30% famiglie stenta a fine mese - Economia - ANSA.it
Borse, Madrid e Lisbona a picco
I mercati temono l'effetto-Grecia
Aumentano i timori per la tenuta dei
conti pubblici di Spagna e Portogallo.
Dopo Dubai e la Grecia, ora sono Spagna e Portogallo a preoccupare i mercati. I timori per il deficit di bilancio di questi due Paesi, commentano gli operatori, hanno pesato sugli indici e, sommati alla debolezza di Wall Street, hanno lasciato il segno. Non solo sui mercati azionari, dove in una sola seduta vengono "bruciati" 128 miliardi di euro in scia ai timori degli investitori legati allo stato di salute dell’economia spagnola, ma anche su quello dei cambi, dove l’euro è scivolato sotto la soglia di 1,38 dollari, toccando i minimi sul biglietto verde da circa otto mesi a questa parte. Per la moneta unica si tratta della quotazione più bassa nei confronti del dollaro dal 16 giugno scorso.
Dall’inizio dell’anno l’euro ha perso il 3,5% sulla divisa statunitense. Per le Borse del Vecchio Continente (DJ Stoxx 600 -2,69%) si tratta del peggior calo degli ultimi due mesi e per Madrid e Lisbona il record degli ultimi 14 mesi, nonostante le rassicurazioni del ministro dell’Economia Elena Salgado, che ha detto: la situazione dell’economia spagnola «non ha nulla a che vedere» con quella della Grecia. I guru come il Nobel Paul Krugman e Nouriel Roubini puntano il dito e gli investitori fuggono e, commentano gli operatori, «puniscono la Borsa di Madrid». Secondo Krugman il «principale problema» per la zona euro oggi «non è la Grecia, ma la Spagna». Roubini ha detto che la Spagna è una possibile «minaccia per la coesione della zona euro» più di Grecia, Portogallo o Irlanda.
La Borsa di Madrid ha chiuso in picchiata, a -5,94%, mentre Lisbona ha ceduto il 4,98%, nettamente peggio di quanto avvenuto nelle altre piazze europee. Da alcuni giorni, gli osservatori e gli analisti sono preoccupati per lo stato dei conti pubblici dei due paesi, che agita il fantasma della Grecia, i cui deficit e debito sono talmente alti che la Commissione europea ha deciso ieri di mettere il paese sotto semi-tutela. Ieri il commissario uscente per gli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, ha accostato il caso spagnolo, quello portoghese e quello greco, scatenando l’ira di Madrid e di Lisbona. «Alcuni membri della zona euro, con delle posizioni di partenza diverse, delle caratteristiche diverse, condividono gli stessi problemi», ha dichiarato Almunia, citando Grecia, Spagna e Portogallo. Il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha tentato di calmare la situazione a fine giornata, assicurando che la Spagna e il Portogallo «non rappresentano un rischio» per Eurolandia. Per il direttore del Fmi Strauss Khan la crisi spagnola è «molto forte».
Entrata in recessione nel 2008, la Spagna ha visto i suoi conti pubblici peggiorare ad un ritmo vertiginoso, con un deficit pubblico passato dal 2,23% del pil nel 2007 all’11,4% nel 2009. Il suo debito pubblico è salito dal 36,2% del pil nel 2007 al 55,2% nel 2009 e dovrebbe schizzare al 74,3% nel 2012, secondo le previsioni del governo. La disoccupazione sfiora il 19% ed i senza lavoro sono ora più di 4 milioni.
Madrid ha promesso di riportare il deficit sotto il tetto del 3% nel 2013. Il governo ha annunciato la settimana scorsa un piano di austerità da 50 miliardi di euro in tre anni, accolto con scetticismo da alcuni analisti, che ritengono le previsioni di crescita troppo ottimistiche.
Il deficit pubblico della Spagna è vicino a quello della Grecia, stimato al 12,7% per il 2009, ma il debito ellenico è nettamente superiore, pari a 113% del pil. Ieri la Grecia è stata anche messa "sotto tutela" dalla UE ed è stata avviata una procedura di infrazione per la diffusione di stime e dati economici non affidabili.
Sul fronte portoghese, il governo socialista si è impegnato a riportare il deficit pubblico all’8,3% del pil nel 2010, dopo il 9,3% del 2009, il livello record dall’inizio della democrazia, nel 1974. Il debito pubblico, pari al 76,6% del pil nel 2009, dovrebbe raggiungere l’85,4% nel 2010.
-5.94% o_o
Debito pubblico al 74% nel 2012 o_o