Roberto Saviano, lo scrittore campano che ha denunciato la camorra nel suo libro "Gomorra", ha deciso di lasciare l'Italia. Vive sotto scorta ed è nel mirino del clan dei Casalesi, che progettava di ucciderlo in un attentato entro la fine dell'anno. "Sono circondato dall'odio per le mie parole. Vado via perché voglio scrivere e ho bisogno di stare nella realtà", dice Saviano in un'intervista al quotidiano La Repubblica.
"Penso di aver diritto a una pausa. Ho pensato, in questo tempo, che cedere alla tentazione di indietreggiare non fosse una gran buona idea, non fosse soprattutto intelligente. Ho creduto che fosse assai stupido - oltre che indecente - rinunciare a se stessi, lasciarsi piegare da uomini di niente", ha detto nell'intervista Roberto Saviano.
Gli mancano le piccole cose di tutti i giorni come andare a bere una birra, fare due passi con gli amici o andare a trovare la famiglia. "Ho bisogno di affondare le mani nella realtà, strofinarmela addosso, sentirne l'odore e il sudore e non vivere, come sterilizzato in una camera iperbarica, dentro una caserma dei carabinieri - oggi qui, domani lontano duecento chilometri - spostato come un pacco senza sapere che cosa è successo o può succedere. In uno stato di smarrimento e precarietà perenni che mi impedisce di pensare, di riflettere, di concentrarmi, quale che sia la cosa da fare. A volte mi sorprendo a pensare queste parole: rivoglio indietro la mia vita. Me le ripeto una a una, silenziosamente, tra me".
Il grido di dolore di Saviano si conclude con un'amara riflessione riportata nell'intervista de La Repubblica: "La bolla di solitudine inespugnabile chi mi stringe fa di me un uomo peggiore, una persona non bella. Sospettoso e guardingo".