Oggi gli italiani non emigrano più, in compenso si trovano piuttosto impreparati di fornte all'arrivo innatteso di centinaia di migliaia di stranieri che si stabiliscono, definitivamente o temporaneamente, da noi.
Una ventina di anni fa, l'apparizione dei primi "vù cumprà", venditori ambulanti di pelle nera o provenienti dall'Africa settentrionale, che percorrevano le spiagge e le strade tentado con un sorriso di vendere la loro merce, suscitava simpatia, apparendo più che altro come un fenomeno folcloristico. Più tardi la comparsa di legioni lavavetriai semafori degli incorci più importanti delle città cominciò a suscitare perplessità e poi irritazione. Oggi molti guardano con allarme al continuo ingresso di extracomunitari, giudicati come probabili delinquelnti o come insidiosi rivali nella ricerca di un lavoro sempre più difficile da trovare. Altri temono che, essendo le famiglie del Terzo Mondo molto più prolifiche delle nostre, in pochi anni la popolazione italiana sia sopravanzata di numero e quindi sommersa di nuovi venuti. Ma qual è la verità? Davvero i pericoli tanto temuti incombono sul nostro capo?
Non è possibile sapere con certezza quanti siano gli immigrati presenti nel nostro paese, poichè quelli che hanno ottenuto la cittadinanza e a quelli provvisti di un regolare permesso di soggiorno vanno aggiunti i cosidetti "clandestini", cioè coloro che, non avendo ricevuto il permesso di entrare nè tanto meno di risiedere nel nostro paese o essendo il loro permesso di soggiorno scaduto e non più rinnovato, sono costretti a nascondersi risultando così inesistenti agli uffici anagrafici. Il nmero degli extracomunitari regolarizzati, oggi, è di poco superiore al milione di unità e si ipotizza che gli "irregolari" siano poco più di 500 mila, quindi peri un totale di un milione e mezzo. Si considera che la popolazione italiana è di circa 57 milioni, il rapporto tra italiani ed immigrati è 38 a 1. Neppure le prospettive future possono creare eccessivo allarme, poichè, se è vero che oggi assistiamo a un vistoso calo delle nascite, che rende il nostro popolo molto meno prolifico di quello del Sud, i dati a nostra disposizione dimostrano che i nuovi arrivati ben presto tendono ad adeguarsi, sotto questo profilo, alle popolazioni residenti.
Noi siamo abituati a pensare che la maggior parte degli immigrati viva di elemosina, oppure faccia ilo lavavetri o il venditore ambulante, sempre che non preferisca dedicarsi al furto o allo spaccio di droga. Certo queste attività sono piuttosto diffuse, ma nn sn le sole e soprattutto non sono quelle prevalenti. Il nostro errore è giustificato dal fatto che coloro i quali si dedicano a tali "mestieri" sono più visibili, perchp operano sulla strada, e dunque ci vien fatto di pensare che siano tutti così. In realtà, come dimostrano i dati ufficiali, gran parte dei nuovi venuti trova, prima o poi, un'occupazione "produttiva", soprattutto nei settori dell'agricoltura e dell'industria, ma anche in quello dei servizi. Si tratta talvolta di lavori saltuari o stagionali, spesso retribuiti "in nero" o con salari di vero e proprio sfuttamento, tuttavia non mancano e anzi diventano sempre più numerosi gli impieghi stabili, nello svolgimento dei quali i lavoratori extracomunitari sono tutelati dalle stesse norme sindacali e legislative che valgono per gli italiani. E a questo proposito si pone una questione essenziale: è giustificato il timore diffuso che questi lavoratori aumentino ancor di più la discoccupazione presente nel paese? La loro disponibilità ad accettare salari bassi può indurre imprenditori senza scrupoli a preferirli ad operai e braccianti italiani?
Non si può negare che tale preoccupazione sia talvolta pienamente giustificata, ma quando ciò si verifica si tratta dell'eccezione, non della norma, perchè in genere gli immigrati si sono sempre dimostrati pronti ad accettare di svolgere mansioni che i nostri lavoratori (anche i nostri giovani disoccupati) rifiutano in quanto troppo faticose, o dannose alla salute, o precarie. Si può anci sostenere - e sono numerosi imprenditori a farlo - che alcuni settori dell'agricoltura sono stati letteralmente salvati dalla disponibilità di questa manodopera efficiente e laboriosa. Così è avvenuto nel Mezzogiorno per la raccolta dei pomodori, in Trentino per quella delle mele, in Piemonte per la vendemmia.
Qualcosa del genere sta avvenendo, limitatamente alle regioni caratterizzate da un'economia più dinaminca, anche nell'industria. In Emilia un forte afflusso di extracomunitari, soprattutto africani, ha evitato la chiusura di numerose piccole imprese, mentre la stessa cosa si verifica, su scala più ampia, nel Veneto e nel Friuli, regioni ricche e in piena espansione economica, ma alle prese con una cronica carenza di forza-lavoro. Quella zona, che nel 1990 impiegava il 16% degli extracomunitari regolarmente assunti in Italia, oggi ne occupa il 28%,cioè quasi un terzo del totale.
Perfino in Sicilia, dove al disoccupazione supera il 20%, è toccato ai lavoratori tunisini dare respiro all'industria della pesca, che rischiava di soffocare perchè ben pochi abitanti del luogo sono disponibili ad arruolarsi negli equipaggi dei moropescherecci che solcano il Mediterraneo fra le coste dell'isola e quelle africane.
Nonostante tutto, l'opinione dell'extracomunitario pigro e parassita continua ade essere assai diffusa, anzi si può dire che in tutto il paese cresce l'intolleranza di fronte al fenomeno dell'immigrazione, che spesso viene genericamente indicato come la causa di molti dei nostri guai. Atteggiamenti di xenofobi (dal greco... straniero che genio ), talora intrisi di vero e proprio razzismo, si vanno diffondendo nel paese, dove non mancano forze politiche che, allo scopo di perseguire ai propri interessi, alimentano i propri pegiudizi e fanno crescere forti tensioni (non faccio nomi ).
Certo il problema non si risolve neppure negandone l'esistenza, perchè è evidente che un fenomeno massiccio come quello dell'imigrazione non può verificarsi senza far nascere tensioni nelle zone che snon maggiormente investite. Ben comprensibili sono dunque le proteste di quei romani, milanesi e torinesi, tanto per fare un esempio che si sn visti costretti a convivere nei loro quartieri con gli aspetti meno accettabili dell'insediamento degli extracomunitari. Nessuno può negare infatti che in alcune zone delle grandi città questi ultimi svolgano quasi alla luce del sole attività illecite, quali lo spaccio di droga e la prostituzione, per controllare le quali talora bande rivali si scontrano in modo violento e anche sanguinoso. Tuttavia, i problemi di ordine pubblico che essi pongono non sono poi tanto diversi da quelli ben noti in passato, visto che le attività illecite cui abbiamo fatto riferimento esistevano anche prima, gestite dai malavitosi nostrani che ora hanno semplicemente lasciato alla nuova criminalità le posizioni più esposte, continuando a controllare (almeno x qnt riguarda la droga) la parte più consistente e lucrosa del traffico. Del resto tutti i reati vanno puniti, chiunque li compia, e dunque arrestare i colpevoli e assicurare una giusta condanna è compito delle forze dell'ordine e interesse di tutti i cittadini onesti, anche di quelli immigrati, la cui immagine è deturpata da qst genere di criminalità.