Ci pensavo giusto ieri... Spesso, vi scrivo da una biblioteca. Non vengo sempre qui, vado anche presso grandi locali in cui (già lo so) ci sono dei tavoli appartati, con vicino una presa elettrica, in cui posso tenere in vita il mio portatile (sono riuscito a resuscitare il mio Samsung del 2010 (un Windows 7) che con la sua distribuzione Linux Xubuntu va più veloce di un missile balistico intercontinentale termonucleare ...
... SATURN III. Giro parecchio, così da non dare nell'occhio. Ci faccio anche una ventina di chilometri, all'andata, e altrettanti al ritorno, per confondere le acque. Ora come ora, nel mentre sto tra i tavoli e le sedie di questa biblioteca, dove è pieno di studenti universitari, e due o tre smanettoni professionali che (ne sono sicuro...) vengono qui a lavorare, perché se lo facessero da casa loro, quella rompi palle della moglie non gli farebbere combinare più un €a$$o... Ebbene, gironzolando qui dentro, ho notato subito che questa struttura ha (quasi) più bibliotecari che utenti della bibblioteca. Sono davvero una miriade. L'altro giorno ho provato a contarli, ma non sono riuscito a tenere il conto. Gli orari della struttura, sono ridicoli: mi pare nemmeno di 8 ore effettive di orario di apertura al pubblico. Un tempo c'era anche una sezione dedicata ai libri per i bambini, e anche una 'medioteca', ovvero un grosso tavolo rotondo, con tutto intorno una decina di vecchissimi, e scassatissimi personal computer...
... Quella sezione (che era grosso modo la metà della cubatura) è stata dismessa, nel senso che è stata sbarrata, e nessuno può più andarci dentro. Ma, siccome vicino a dove c'è questa sbarra, c'è anche un secondo bagno, e siccome è più distante, e non ci va mai nessuno, è lì che io vado a pisciare, perché è piulito. Ogni volta che vado, da oltre la sbarra, sento sempre gli impiegati ridere e chiacchierare tra di loro. Ogni tanto, qualcuno scappa fuori, magari, anche lui, per pisciare, e vedo facce nuove, intendo degli addenti in più, oltre a quelli (numerosisssimi) che vedo già. I primi giorni che venivo, vedevo tutta questa gente non fare bellamente un €a$$o, platealmente, anche nella parte esposta al pubblico, ovvero in quel bancone in cui, all'ingrosso, una volta al mattino, e una volta al pomeriggio, ritirano un libro dato in prestito a qualcuno, e ne consegnano un altro. Siccome mi metto spesso vicino a loro, e non in mezzo agli studenti, e siccome ogni tanto mi andava l'occhio su di loro, adesso ho notato che, ogni tot, si piazzano teatralmente qui davanti, e si mettono a stampigliare dei timbri sull'ultima pagina dei libri. Per giorni non è mai successo. Adesso, sono diventati come gli orologi a cucu. Ci puoi rimettere l'orologio. Ci sono anche due persone all'ingresso della struttura, non una, ma ben due, che stanno anche loro a chiacchierare tutto il giorno. Non so perché siano in due. Forse uno dei due è armato.
Se provate a spacciarvi per tecnico di una impresa del Terziario Avanzato, ed andate un giorno a cercare lavoro presso una realtà di dimensioni medie, intendo con circa 50 dipendenti, una cosa vi sorprenderà: ora come ora, una vera e propria segretaria all'ingresso della struttura non c'è più. A dirvi buongiorno, nel caso voi siate dei corrieri o, come nel vostro caso, un (fasullo) aspirante candidato, ci troverete un tecnico del Terziario Avanzato, chino sul suo portatile...
... concentratissimo su tutto quello che ha scritto quella mattina fino a lì, già mezzo schizzato del quarto caffè che ha già tracannato, nella speranza che tutta quella caffeina lo renda ancora più attento, e che tutto il lunghissimo lavoro che ha fatto negli ultimi tre giorni non contenga nemmeno una piccolissima cazzata perché, altrimenti, essa manderebbe a puttane tutto quanto, qualche cliente della sua ditta li potrebbe citare per danni o, peggio mi sento, il suo errore potrebbe causare dei disservizi gravi, tanto gravi, da finire nei giornali (magari in quelli locali). Ebbene, quel poveretto che vi ritirerà (giustamente) svogliatamente il vostro curriculum, non prende assolutamente più soldi di tutta questa manica di invorniti e sempliciotti che, in questo istante, vedo girare (senza meta, e senza costrutto) tutto intorno a me.
Uno dei miei capi, in passato, era costretto, di tanto in tanto, ad andare a parlare con qualche sottosegretario, o pezzo da 90, di qualche ministero. Questo perché, una parte del nostro fatturato, lo mettevamo assieme con enti pubblici, o aziende (formalmente) private, ma in realtà totalmente in mano della Politica. Ebbene, questa persona mi raccontava sempre del tipico impiegato statale rabdomante (lui lo chiamava così) ovvero del fancazzista che, presa una cartellina a caso, con dentro magari niente, se la metteva sotto il braccio e, dalla mattina presto, alla sera tardi, con quella cartella riusciva ad andare a zonzo, tutto il giorno, su tutti i piani, senza destare sospetti, né dare nell'occhio. Cosa che avrebbe potuto benissimo evitarsi, dato che tutti gli occhi che lo avrebbero guardato, all'ingrosso, non stavano facendo un beato €a$$o come lui.
L'unico periodo in cui ho percepito uno stipendio statale, ovvero nel mio anno di servizio militare (io prendevo davvero un piccolo salario, perché i paracadutisti, al contrario di tutti gli altri, ricevevano le classiche 100.000 lire di tutti i naioni, più altre 300.000 lire, appena ottenuto il brevetto di volo) beh, l'ultimo mese di servizio, ho avuto un piccolo screzio con un tenente, questi mi si voleva inculare ma, siccome gli ultimi giorni fai i servizi più eleganti, tipo controllare le reclute appena arrivate, quando queste puliscono i tavoli e le finestre (anche) del comandante, quella mattina, ho ascoltato il colonnello mentre aveva appena ricevuto una telefonata di un altro generale, o politico, in cui gli veniva chiesto di non far spedire una recluta a fare il fuciliere assaltatore con il coltello tra i denti, ma di deviarlo al Comando Regione Militare Tosco Emiliana, perché il pargolo, nel frattempo, aveva cambiato idea, le sue velleità di fascio guerriero erano evaporate, e il suo papà perorava il suo ravvedimento. Ebbene, quando il colonnello alzò il culo, per andare a parlare, in un altro ufficio, con un altro ufficiale, io presi la cartellina rossa dove teneva il libro mastro di tutte le richieste con dentro, una colonna con la data, una altra colonna con il raccomandante, una altra con il raccomandato, un altra di dove gli era stato chiesto di mandarlo. Dando un ordine perentorio alle 5 reclute, di pulire bene, e di avvertirmi se arrivava verso l'ufficio del colonnello qualcuno, io presi la cartellina della parculazioni, e feci (molto velocemente) le fotocopie (fronte e retro) delle prime 10 pagine che mi erano capitate a tiro. E poi, altrettanto velocemente, riposi tutto dove lo avevo preso. Non so neanche io del perché feci una cosa del genere, fu un guizzo, che mi venne da non si sa dove. Dopo qualche giorno, quella testa di €a$$o tenente, inventandosi un'altra puttanata, mi diede un altro cartellino giallo, e mi combinò un bel piccolo processo dal comandante supremo della Scuola di Paracadutismo. Insomma, mi volevano appioppare qualche giorno di rigore. Io, nel frattempo, avevo fatto diverse altre copie di quei 10 fogli, e li avevo messi, ripiegati, in varie buste, una dentro l'altra, dentro dei contenitori sigillati, resistenti all'acqua, e li avevo seppelliti alla base di (mi pare) tre alberi vicino alla caserma. Venne il giorno in cui mi processarono, era presente il tenente, il capitano aiutante maggiore (quello che, in battaglia, può fare le veci del comandante), e poi lui, il colonnello. Erano presenti anche, come testimoni, tre soldati di leva, come me, di quelli anziani, ovvero congedanti. Lasciai cianciare prima il tenente, poi mi ascoltai tutta la pomposa reprimenda del colonnello. Infine venne il momento della mia difesa, ovvero quello in cui l'imputato può discolparsi e farsi da avvocato fai da te. All'ingrosso, io dissi:
- Senta colonnello, io sono sicuro che il motivo per cui il tenente mi ha fatto finire questa mattina qui davanti a lei sia pretestuoso, e che la colpa di cui sono accusato sia inconsistente. Ma, soprattutto colonnello, io sono certo che non tutti qui dentro questa base siamo trattati alla stessa maniera. Ad esempio, sono sicuro che qualche mio collega naione è stato spostato arbitrariamente al Comando della Regione Militare Tosco Emiliana, perché (magari) sponsorizzato da un generale, come sono sicuro che qualche altro è stato trasferto, non al reparto operativo del nostro Battaglione, come avrebbe dovuto, ma al Distretto Militare di Roma, perché (magari) ci sono state pressioni di un politico, come pure un altro mio collega militare è ora nell'infermeria del Distretto Militare di Firenze, sempre grazie all'interessamento di un altro generale. E io penso che, prima o poi, questo modus operanti, che configura un vero e proprio abuso di ufficio e, forse, anche forme di corruttela, devono divenire di dominio pubblico. Perché tutto questo è un milione di volte più grave del mio ritardo, nello svolgere il compito assegnatomi, ovvero del fatto di cui mi accusa il mio tenente ... -
... Dissi queste cose, bene in piedi, a poca distanza dal colonnello: quei tre esempi, erano esattamente le ultime tre raccomandazioni che quel (buffone) in divisa e stellette si era appena appuntato, e che ricordava benissimo. Finita quella mia frase, e la mia difesa, vidi un buon paio di litri di sangue sparire dalla faccia del comandante, che divenne di colpo bianco come un cencio. Gettò una occhiata all'aiutante maggiore, ne diede un'altra al tenente, e tutti e tre rimasero ammutoliti. Ricordo che indietreggiai, in fondo alla stanza, dove c'erano i miei tre commilitoni, e dissi loro che, in quella caserma, si stavano compiendo atti estremamente gravi, azioni che come minimo, avrebbero stroncato delle carriere, se scoperti, oppure avrebbero fatto spendere qualche mese della propria vita in quel di Gaeta. E cui sarebbe seguita una cacciata per ignominia. E poi dissi.
- Signori ufficiali, il mio processo finisce qui. Perché io, per lo meno io, non sono colpevole di niente. Non mi fate perdere altro tempo. -
... uscì dalla stanza del comandante che i tre testimoni stavano tutti ridendo. E nessuno si azzardò più a rompermi le palle. Venni esentato da tutti i servizi, pure quelli di anziano capetto. Addirittura, per tenermi buono, mi fecero fare del turismo: mi utilizzavano come una specie di postino, ovvero, mi davano un pacco, sigillato, e me lo facevano portare (di persona) in una altra base militare, il tutto con biglietti ferroviari a carico del Battaglione, base militare in cui, in genere rimanevo un paio di giorni, nelle camerate ad uso foresteria, e poi me ne tornavo nella mia caserma. Non era esattamente come fare gite in hotel ma, visto come si vive in quel Battaglione, dopo un anno lì dentro, mi sembrava di stare in un hotel 5 stelle (superiore). Una figata. Siccome quello stronzo del tenente dei giorni di rigore me li aveva già dati, e siccome il mio capitano (a mio giudizio) l'unica testa pensante lì dentro, li aveva convinti tutti a blandirmi in ogni modo possibile, io sono (penso) l'unico caso di militare in Italia che è riuscito a congedarsi, contemporaneamente, con 2 giorni di consegna di rigore, e dei gradi di Sergente Maggiore. Gradi conseguiti, come diceva sul campo Napoleone, sul campo: come me li sono tutti in€ulati io , penso mai in passato, e mai in futuro, nessuno ci sarebbe mai più potuto riuscire. L'altro giorno, rimettendo ordine nelle mie cose, dentro un grosso libro pesantissimo, nel mezzo, sono risaltate fuori le mie 10 fotocopie, vergate in maniera olografa (ovvero tutto di suo pugno) dal mio colonnello, con una decina di raccomandazioni e paraculazioni su ogni facciata. Una cosa che, come direbbe il Manzoni, ai loro posteriori spetterebbe l'ardua sentenza. Sebbene, a una trentina d'anni di distanza...
Il mio capitano, che ora è in pensione (sono passato nei paraggi di dove stavo e, chiedendo un po' in giro l'ho saputo) mi fece fare una di quelle gite a Roma, a consegnare (addirittura) una intera valigetta, bella massiccia, bene sigillata, con dentro, non si sa cosa: forse, i codici di lancio di qualche missile: chi lo sa...? Partì dalla mia caserma, in una bellissima giornata di primavera, ancora più bella perché mi stavo per congedare, ed ero sempre in vacanza, e mi recai a Roma, in un Battaglione di Fanteria in pieno centro, e mi sistemai nella camerata della fanteria. Feci qualche chiacchiera, e qualche conoscenza con i ragazzi di leva, una passeggiata per Roma, mi muovevo in divisa di gala, quella con giacca e cravatta, qualche targhetta (a fine anno di leva) lo avevo acquisito e poi, visto che c'ero, quando partivo per le mie missioni, mi facevo dare qualche 'adesivo' dal mio amico che aveva la targhetta per le ambulanze, quello che aveva la spilla degli inquadratori, quello con la spilla di ripiegatori di paracadute, quello con la spilla della banda musicale, quell'altra dei paracadustici abilitare da lanciare gli avio rifornimenti (le jeep, gli obici, e munizioni...) dall'alto, con degli enormi paracaduti, insomma, ogni volta, prima di entrare in un altra caserma, mi mettevo su tutta quella bigiotteria ...
... e sembravo uno di quei generali sovietici, durante la parata del 6 Maggio, con mille decorazioni. Idem facevo in quelle strade di Roma e, ad ogni angolo, mi si fermava, quando un idraulico, quando un impiegato, quando un netturbino, tutti ex parà, per chiedermi notizie di come buttavano le cose in Battaglione ora. Si vedeva subito, di primo acchito, che ero uno importante. Poi venne la mattina in cui dovetti portare la mia valigetta (con dentro i codici atomici), addirittura, dentro il Ministero della Difesa della Repubblica (Bananifera) Italiana. Se tutte le altre volte mi avevano consegnato un semplice e balissimo pacchetto, di quelli con le bollicine, ora mi sentivo investito (davvero) di una grossa responsabilità, un compito in cui (incazzature a parte) volevo far fare una bella figura a tutto il mio corpo. Arrivato (a piedi) al Ministero, vi vidi nel parcheggio davanti, una quantità incredibile di autobus militari, di quelli colorati di verdi, e centinaia di soldati di leva addetti agli stessi, come autisti. Capii subito che tutti quei mezzi, altro non erano, che autobus non impiegati per muovere le truppe, da un reparto all'altro d'Italia, ma una sorta servizio bus di linea ad uso e consumo di tutti i colonnelli, maggiori e altri alti ufficiali, che tutte le mattina li passava a prendere davanti a casa, e davanti a casa li riconsegnava, finito l'orario d'uffico. Questo perché la metropolitana di Roma, o non era stata ancora costruita, oppure aveva insita, nelle viscere della terra, chissà quale pericolo. Insomma, contai (almeno) una trentina di autobus acquistati per l'anima del €a$$o. Una volta all'ingresso, mostrai la mia lettera lascia passare, mi fecero tutti i controlli e le perquisizioni del caso, ed infine entrai. I militari, essendo gente addestrata a maneggiare le armi, e pronta a dare il proprio sangue per la Patria, dovrebbe essere gente capace di difendersi da se. Ma, nonostante questo, nei corridoi di quel ministro, ogni 25 metri, era presente un carabiniere in servizio, con tanto di pisolone, appollaiato nel uso banchetto, in un angolino. Il capitano a cui dovevo consegnare il miei codici di lancio di missili, era, poniamo al terzo piano, corridoio 'C'. Ogni tanto, facevo capolino in qualche ufficio, per chiedere aiuto e informazioni: o non ci trovavo nessuno, o ci travavo un militare solo, che non sapeva dove stava l'ufficiale che cervo. Cerca che ti ricerca, arrivo finalmente nel terzo piano, corridoio 'C'. Chiedo anche lì informazioni, ma non mi sanno aiutare. Alla fine, un sottoufficiale, mi dice che (forse) la persona che cercavo stava in quella stanza laggiù in fondo. Lo ringrazio, e mi avvicino all'ufficio: la posta era semichiusa: busso: non mi risponde nessuno: ribusso: nessuna risposta. Alla fine, mi faccio coraggio, provo ad aprire la stanza: erano (circa) le tre del pomeriggio, l'ufficio era tutto completamente al buio, la finestra era chiusa, completamente, non passava un filo di luce. In un angolo, in alto, c'era un televisore, che dava (mi pare) una telenovelas. Vi era una scrivania, con tre sedie intorno. E, dall'altra parte, una di quelle poltroncine di legno, di quelle dell'Ikea, comodissime, e posta in direzione del televisore. C'era anche un comodino per il the e i biscottini (lo ricordo benissimo). Non mi ricordo se, l'addetto di quell'ufficio, stesse dormendo in quella poltroncina, oppure se era in giro. Ma faceva poca, anzi, nessuna differenza. Avevo 19 anni, non erano mai entrato in un Ministero della Repubblica (Bananifera) Italiana, avevo solo perso qualche mezza giornata all'Ufficio Anagrafe del mio comune (per qualche certificato assurdo ed inutile) non avevo mai pensato che potesse esistere un tale Buco Nero di nostri quattrini dove, interi reggimenti di morti di sonno, raccomandati, imbelli e cialtrone, potevano in maniera così imbunita, e senza alcuna vergogna, dilapidare miliardi e miliardi di lire di (anche) mie tasse e trattenute (già allora, avevo lavorato d'estate, e avevo lavorato, in regola, i mesi prima di diventare soldato).
Ricordo che ci misi un po' per riavermi da quello spettacolo. Chiesi ancora ad altri due o tre militari, dove stava il capitano che cercavo, e finalmente mi indicarono l'ufficio giusto. Senza più nessuna volontà (e interesse) di fare una bella figura ( - ... ma che cazzo ti vai a pensare, Holubice, ma non hai visto che girone dantesco di mangia pane a tradimento ... - mi dicevo), una volta entrato dal capitano, mi presentai, gli mostrai il mio lascia passare, e gli posi sul tavolo la famosa valigetta. Il capitano, davanti ai miei occhi, tolse i sigilli, aprii la valigia, e all'interno vi erano, semplicemente ...
... un basco amaranto, ed un fregio della Folgore. Insomma, il mio capitano, per divagarmi, siccome aveva promesso quella roba lì ad ufficiale che era venuto nella nostra base per fare il corso per prendersi il brevetto di lancio col paracadute, si era inventato anche quella missione, per farmi passare l'incazzatura. E per non farli finire tutti al carcere militare di Gaeta. Bendati.
Al muro.