Donna costretta a pesarsi rinuncia
al volo ma poi denuncia l'accaduto
ROMA
Quando si viaggia in aereo attenti al peso. E non solo quello dei bagagli. Un’ammonizione non peregrina alla luce di quanto è capitato all’aeroporto di Bari a una signora romana che è stata accolta dall’ impiegata addetta al check-in della compagnia aerea a basso costo Easyjet con la sgradevole osservazione: «Mi spiace ma lei è troppo voluminosa, se vuole viaggiare con noi deve pagare due biglietti».
La donna, che stava rientrando a Roma dopo una settimana passata in Puglia, è rimasta tanto sbigottita quanto irritata. «Come si permette si darmi della cicciona? Non sarò una anoressica come voi hostess, ma quando viaggio non mi è mai capitata una cosa simile» ha replicato seccata, ma dopo alcuni minuti di discussione e dopo essere stata invitata, con evidente imbarazzo da parte sua, a pesarsi come fosse una valigia davanti agli altri viaggiatori in attesa della carta d’imbarco, ha deciso di lasciar perdere e di rientrare nella Capitale in auto. Una resa solo apparente visto che la umiliata signora - 55 anni, statura piuttosto bassa e peso intorno al quintale - ha deciso di denunciare la compagnia aerea per danni morali e materiali.
L’episodio è stata raccontato oggi dal legale al quale si è immediatamente rivolta la donna determinata ad andare fino in fondo a questa storia. Una faccenda, quella dei passeggeri oversize, che non è nuova alle cronache. Ryanair si è posta il problema da tempo e lo scorso maggio, dopo attenta riflessione, ha deciso di non applicare una ipotizzata «fat tax» - «perchè non c’è modo di incassarla senza sconvolgere il turnaround degli aerei di 25 minuti e il check-in on line» - nonostante i risultati di un sondaggio condotto via web avessero rivelato che quasi uno su due degli interpellati era invece favorevole a far pagare un tot a tacca dopo i 130 kg per gli uomini e i 100 per le donne. Ma non tutti i vettori hanno rinunciato a tassare gli extralarge: l’americana United, ad esempio, ha annunciato la scorsa primavera che comincerà a far pagare di più gli obesi se non entrano nei normali sedili di classe economica.
I problemi di bilancia non toccano comunque soltanto i passeggeri: le hostess e gli stewart della Usair hanno tirato un sospiro di sollievo soltanto nel ’94, quando la compagnia statunitense ha rinunciato alle severissime tabelle di peso che venivano imposte al proprio personale di bordo. A un patto però: dimostrare di poter passare rapidamente attraverso i portelloni di soccorso degli aerei più piccoli della flotta. Certo è che dalla controversa questione non si esce tirando in ballo i canoni estetici del terzo millennio. Già nel ’90, quasi due decenni fa, la Faa, l’ente statunitense per l’aviazione civile, dopo aver constatato, studi alla mano, che il peso medio degli americani stava lievitando, aveva ordinato di rivedere il peso del passeggero medio che dal lontano 1946 era di 72 chili d’estate, quando si viaggia «leggeri» e di un paio di chili in più d’inverno a causa di cappotti e giacconi pesanti.
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E' giustificabile un comportamento del genere da parte della compagnia aerea? Un episodio del genere può essere letto in chiave di discriminazione?