Ancora 646 condanne eseguite nel 2011 (dati probabilmente sottostimati) e un visibile incremento di sentenze di morte in alcuni Paesi Mediorientali. E nel mirino di Amnesty International c'è ora l'India dove a breve dovrebbe aver luogo un'esecuzione.
Esclusa la Cina, di cui non è possibile conoscere i dati e rispetto alla quale si parla di almeno un migliaio di esecuzioni, l'Iran è stato il paese che, nel corso del 2011, ha fatto registrare il più alto numero di condanne a morte, due terzi delle quali per reati collegati al traffico di droga. Con 360 persone finite sul patibolo, la Repubblica islamica conferma la drammatica tendenza di quei paesi non abolizionisti nei quali non solo si continua ad uccidere, ma si uccide ancora di più: i dati dell'ultimo rapporto pubblicato da Amnesty International lasciano poco spazio a dubbi, per quanto per stessa ammissione dell'organizzazione potrebbero sottostimare il fenomeno nello stesso Iran. Soprattutto, rilevano come questa tendenza sembrerebbe essersi estesa, nel corso dell'anno appena conclusosi, nel Medio Oriente che ha contato un record di pene capitali.
I casi di Arabia Saudita ed Iran - Paura dei venti di rivoluzione della Primavera araba? Difficile a dirsi, perché se è innegabile come un certo timore di destabilizzazioni politiche abbia portato ad un inasprimento della repressione negli Stati i cui regimi non stati rovesciati da rivolte e proteste violente, è difficile vedere nell'aumento delle esecuzioni una diretta conseguenza del fenomeno: tuttavia, è innegabile un ulteriore irrigidimento su posizioni durissime da parte dei paesi mediorientali dove, durante il 2011, si è verificato un incremento del 50% delle esecuzioni. In particolare Iran ed Arabia Saudita sono gli unici paesi al mondo che continuano a violare apertamente quello che è il diritto internazionale mettendo a morte persone che avevano meno di diciotto anni al momento dell'arresto o, addirittura, quando sono state uccise. Nel Paese guidato da Ahmadinejad almeno quattordici tra uomini e donne sono stati puniti per adulterio con la lapidazione, sebbene nuove sentenze di questo tipo non vengano più emesse dal 2009: Sakineh potrebbe comunque essere uccisa nel corso del 2012. Un grafico pubblicato da The Economist esemplifica numeri e geografie della pena di morte nel mondo, evidenziando anche il problema relativo ai Paesi mantenitori nei quali per quest'anno non è stata eseguita alcuna condanna ma che potrebbero ricominciare già a partire dal 2012. Esempio particolare è il Giappone che nel 2011 non ha mandato alcun cittadino al patibolo, evento che non si verificava da 19 anni a questa parte.
Il caso dell'India e la mobilitazione di Amnesty International – Proprio in occasione della presentazione del rapporto annuale, l'organizzazione internazionale ha ripreso la sua battaglia contro la pena di morte in India dove entro la fine di questa settimana dovrebbe aver luogo la prima esecuzione dopo otto anni di interruzione. Ad essere condannato, già nel 2007, Balwant Singh Rajoana accusato di essere coinvolto nell'omicidio del Chief Minister dello Stato del Punjab avvenuto nel 1995. «Riprendere le impiccagioni dopo una pausa di otto anni significa per l'India mettersi controcorrente rispetto all'attuale trend mondiale favorevole all'abolizione della pena di morte» ha scritto il responsabile di Amnesty per Asia e Pacifico, Sam Zarifi in una lettera indirizzata al Primo Ministro Manmohan Sing, invitando lo stato indiano ad adottare una moratoria ufficiale nei confronti delle esecuzioni. Proteste e mobilitazioni sono attualmente in corso in tutto il Punjab nel tentativo di fermare la drammatica avanzata del condannato verso il boia ed il patibolo, i media locali hanno già riferito di scontri in atto tra dimostranti e forze dell'ordine. In India come altrove, forse non nell'immediato ma nei prossimi anni, la pena di morte sarà destinata a scomparire: è il cammino della civiltà che lo impone.
Progressi nel mondo, verso la fine della condanna a morte - La nuova costituzione del Marocco, adottata nel 2011, contiene un articolo che sancisce il diritto alla vita; l'Illinois è diventato durante lo scorso anno il 16° Stato americano ad aver abolito la pena di morte, mentre il Governatore dell'Oregon ha annunciato che non ci saranno esecuzioni fino alla fine del suo mandato; dalla Malesia alla Sierra Leone, dal Ghana a Singapore, dalla Nigeria al Senegal, si moltiplicano le moratorie e le sospensioni, segnali positivi che guardano verso un mondo in cui non ci saranno più boia e patiboli e in cui nessuno Stato potrà disporre della vita e della morte dei suoi cittadini o dei suoi sudditi. 646 condanne eseguite nel 2011 sono tante: la battaglia deve ancora andare avanti.