El, scusa, ma dire " è giusto che anche a loro siano estesi i diritti che gli spettano" non è argomentare? E' argomentare solo se si fa una lista?
Che io sappia le coppie di fatto non possono adottare qui: perchè due persone sposate possono e due persone che convivono no?
La questione testamentaria: se sei sposato automaticamente l'eredità va a consorte e figli, perchè se si convive si deve far testamento - e si deve anche fare un testamento con i contro mazzi, aggiungerei - e sperare vada tutto liscio?
In caso di malattia un coniuge può prendere decisioni per l'altro, se si è conviventi deve entrare in gioco il parente più prossimo, che sia un padre o un fratello o chi per sia.
Visto che queste cose le concede solo il matrimonio magari due persone si sposano solo per avere le stesse possibilità degli altri, non perchè credono al'istituzione del matrimonio. E così si sminuisce anche il significato del matrimonio. Se anche le coppie di fatto avessero una legge che li regolamenta allora si potrebbe davvero vedere in quanti credono davvero nel matrimonio e si sposerebbero comunque e quanti invece si sposano perchè son maggiormente tutelati, senza dare importanza al matrimonio.
La questione economica io non la vedo perchè si può scegliere per la separazione dei beni e dire comunque "questo è tuo e questo è mio, tu spenditi i tuoi soldi e io i miei" e si avrebbe comunque un coniuge più ricco dell'altro che può spadroneggiare sull'altro durante la vita matrimoniale.
Un altro motivo per cui appoggio l'idea di una legge fatta ad hoc per la coppie di fatto è che questo fenomeno esiste, e come tale dovrebbe essere considerato, nei pro e nei contro. Idem per i matrimoni omosessuali e le famiglie arcobaleno. Sono realtà esistenti e come tale devono essere valutate, non si può nascondere la testa sotto la sabbia e rimandare fino a quando poi.
Ora che ho argomentato è cambiato qualcosa? Non bastava il mio "devono avere anche loro diritti e doveri"? Non era argomentare pure quello senza entrare nello specifico?
Certo che cambia molto se tu esponi i motivi per cui affermi quel che affermi, oppure se ti chiudi dentro a un criptico "devono avere anche loro diritti e doveri", che suona come un io la penso così e non mi va di confrontarmi con voi altri...
Se permetti, adesso che hai esplicitato, è più chiara la tua posizione.
Ho capito che io e te intendiamo per matrimonio due cose diverse! Anzi tu intendi qualcosa (probabilmente hai ragione tu) che io nemmeno riesco a concepire e che quindi non capisco. Infatti dici: "due persone si sposano solo per avere le stesse possibilità degli altri, non perchè credono al'istituzione del matrimonio" oppure "quanti invece si sposano perchè son maggiormente tutelati, senza dare importanza al matrimonio".
Io dico: due persone decidono di vivere insieme (unione di fatto o matrimonio che sia) perché stanno bene insieme, si amano, etc. A questo punto, tolte le tutele legali, ammesso che queste si estendano anche alle unioni di fatto, che cosa differenzierebbe il matrimonio secondo te dalle unioni civili legalmente riconosciute?
E' qui che sta l'incomprensione tra noi due...
Anche per me è così. "Credere nel matrimonio" quando si parla di matrimonio civile non capisco proprio cosa voglia dire. Per me "credere" in questo caso si può solo intendere come "accettare diritti e doveri stabiliti da quell'istituzione", ed è per quello che non trovo opportunistico chi lo fa per quei diritti, è semplicemente il motivo per cui esiste.
Non solo, ma io dico che si potrebbe anche ragionare all'opposto e dire che se il matrimonio è simbolo di "credere" in qualcosa in più che c'è nell'unione fra due persone che decidono di accomunare le proprie vite, allora chi non si sposa ma si unisce di fatto in realtà ammette di non credere nella coppia che sta costituendo, una specie di fallimento in partenza... invece non credo che sia così, o almeno non sempre.
Ma io non intendo il matrimonio in quel modo, sia chiaro se non è chiaro, i miei erano solo esempi. E anche quando parlavo di un "io" era un io ipotetico. La mia idea è semplicemente che due persone che si amano e che decidono di passare la vita insieme non debbano per forza sposarsi per vedersi riconosciuti determinati e diritti e doveri che nel matrimonio sono dovuti senza batter ciglio. Io - sempre ipotetico - posso non sentire il bisogno di sposarmi con una persona con cui convivo da un bel po' perchè di fatto stiamo conducendo una vita da coppia sposata, ma allo stesso tempo posso decidere di farlo perchè così ho tutti i diritti che mi spettano, anche se farlo non cambierebbe nulla nella mia vita sentimentale e familiare. Ecco perchè credo sia giusto fare una legge ad hoc per le coppie di fatto, per permettere anche a loro di essere tutelati là dove serve anche se non sono uniti in matrimonio.
Siamo alla 44esima pagina, ho seguito il topic ma un po' a strappi e bocconi. Riassumo la mia opinione in due concetti:
1) A che serve un contratto parallelo al matrimonio, per gli eterosessuali? Il contratto per le persone che vogliono essere più che conviventi e avere diritti e doveri nei confronti del proprio partner esiste già: si chiama matrimonio.
2) Credo che in Italia, quando si smuoverà qualcosa per i gay (perché sono sicura che entro i prossimi 5-10 anni ci arriveremo pure noi) sarà nella forma di un altro tipo di contratto, e sarà solo per due motivi: non turbare troppo i democristiani etimologisti quando pare a loro ("Matrimonio" viene da "mater!") e limitare alcuni diritti conseguenti dal matrimonio (penso sopratutto all'adozione, che se mai arriverà anche per i gay ci vorrà qualche altro decennio)
Io sarei a favore di avere un contratto solo (il matrimonio) per tutti i cittadini, ma in alternativa sarei favorevole anche ad un'altro tipo di forma contrattuale: da qualche parte bisogna pure iniziare.
Naturalmente questo non ha niente a che vedere col matrimonio religioso, che sono affari della Chiesa.
Non capisco invece il fatto di avere un "contratto per i conviventi" eterosessuali, per i motivi scritti prima.
Condivido tutto.
Quello che fa paura secondo me è proprio il termine MATRIMONIO.
Quando però ho proposto che per quello relativo al rito civile gli si cambiasse nome (io lo dicevo soprattutto per alienarci dal significato religioso e ribadire la laicità dello stato) e lo si chiamasse UNIONE CIVILE ho ricevuto i pomodori in faccia...
Continuo a non capire la differenza fra Matrimonio e riconoscimento delle coppie di fatto inteso da @Temperance (dopo il suo penultimo messaggio credevo che il matrimonio nascondesse per lei qualche significato superiore, ma con l'ultimo suo intervento mi sono dovuto ricredere).
Ma perché dovremmo cambiargli nome, ne serve uno più politicamente corretto? "Matrimonio" non è nemmeno un termine religioso, la stessa parola esiste da molto prima dell'avvento della Chiesa...
Abbiamo cambiato nome all'ombrello, quando abbiamo iniziato a usarlo per ripararci dalla pioggia? Chiami lo scolapasta in un altro modo quando lo usi per sciacquare l'insalata?
Non capisco questo cinismo-romanticismo: il matrimonio non è una cosa in cui "credere", è semplicemente un contratto fra due persone e lo stato volto a garantire diritti e doveri a tutte le parti. Ci sono persone che considerano il matrimonio l'apoteosi dell'amore coniugale, e ci sono persone che stipulano questo contratto per interessi economici e di altro tipo, ma il contratto è esattamente lo stesso.