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Costretti a pregare di nascosto:
BRACCIO DI FERRO CON LA LEGA
Islam, a S. Liberale si prega di nascosto
Dietro le serrande abbassate dell'ex supermercato di San Liberale i musulmani pregano. Lo fanno di nascosto, in pochi, nell'intimità di quella stanzetta sul retro che non ha finestre e dentro cui pochi guardano. Per capire basta guardare oltre il loro tentativo di proteggere quei cinque minuti di intimità sulle ginocchia a mezzogiorno, e si scoprono sandali lasciati accuratamente fuori dalla porta, tappeti e le parole del rituale. «Non abbiamo fatto nulla di male - hanno ammesso - abbiamo pregato, senza disturbare nessuno». Era la prima volta? Forse si. E nel silenzio domenicale nessuno ha mosso un dito. Il vecchio negozio di via Puglie 1 aveva cinque vetrine. Da quando è stato preso in affitto dai musulmani di Seconda Generazione però solo una è stata alzata e abbassata, quella dove si apre la piccola porta d'ingresso, l'unica tra tutte ancora coperta dall'adesivo bianco che ricopre molte vetrate di alimentari di quartiere e impedisce di vedere oltre. Le altre sono sempre rimaste giù. Senza lucchetti, ma giù. Tanto che ignoti hanno avuto la bella pensata di utilizzarle come lavagna per le loro offese. Cosa c'è dietro? Nulla. O meglio, nulla che normalmente meriti interesse: una stanza vuota e un corridoio. L'ex market di via Puglie infatti ha la forma di una C, ma fino ad oggi si è vista solo una stanza, quella dove le pareti sono state ritinteggiate e a terra ci sono attrezzi del mestiere. Nell'altra cosa c'è? A chiederlo si ottiene una risposta semplice: «Nulla, lavori», ma ieri quella piccola stanza era diventata un luogo di preghiera. I musulmani sono arrivati in tarda mattinata. Hanno sollevato la solita, unica serranda e sono entrati constatando che qualcuno (ma nessuno ha visto chi) in piena notte aveva sfondato con un calcio la porta che dava sul retro. Immediata la telefonata al 113, passato per registrare quanto avvenuto in attesa che titolari e affittuari decidano se presentare denuncia, ma altrettanto celere l'invito ad andar via tanto «non
è successo nulla». Prima dell'arrivo della Polizia attorno all'ex market di via Puglie c'erano una quindicina di persone. Dopo una sola. Le altre? Tutte entrate dalla porticina sul piazzale e sparite sul retro, dietro la parete che separa i due ambienti del locale ed è aggirabile solo percorrendo il corridoio parallelo alle serrande chiuse. Tutte inginocchiate fianco a fianco dentro venti metri quadrati nascosti nella semioscurità. Le prove sono le scarpe, lasciate fuori dalla stanza o rasente i muri, il mormorio, il riflesso delle immagini sulla vetrata interna del locale e l'atteggiamento dell'unica persona rimasta nella prima stanza, la sentinella incaricata di tenere d'occhio la strada. «Lì non c'è niente da vedere - ha consigliato ieri - solo cose, lasciate stare». Una frase che non dice nulla più di quanto tenta di celare, semplicemente. E qualche minuto dopo ecco venir fuori dal vecchio supermercato gli uomini spariti prima. L'atteggiamento di tutti è quello del bambino colto con le mani nella marmellata. Silenzio, sguardo diffidente, due saluti e via. Tutti a casa tranne un crocchio di persone che, vista macchina fotografica e taccuino fuori dalla porta pensano a che dire. La domanda: «Avete pregato?». La risposta: «Non abbiamo fatto nulla di male. Non spacciamo, non commettiamo reati». Si o no? «Si - allarga le braccia Amhed Fourdaous - era mezzogiorno. Eravamo qui e stavamo lavorando che dovevamo fare? Giustificarsi è assurdo. Non si può dire il Padre Nostro in fabbrica?». Domanda lecita, ma poi scatta il timore di nuove tensioni: «Per piacere, silenzio». Fuori dalla porta di via Puglie 1 non c'è più la maglia nera che i musulmani avevano appeso per criticare l'accoglienza e la tolleranza dei trevigiani. L'hanno tolta. «Non vogliamo lo scontro - dicono - meglio discuterne». Poco dopo se ne vanno. I lavori, dentro il market, vanno a rilento. Sembra che i musulmani vogliano capire che farci.(04 settembre 2008)
ovviamente ciò dopo che sono stati cacciati a sassate, insulti, e scritte sui muri, dai comuni vicini