Ok, forse non è un argomento propriamente da Confessionale, ma ,oltre ad essere una richiesta di un consiglio pratico è anche uno sfogo.
La situazione è questa: mia nonna materna, straniera, abbastanza giovane(68 anni) è depressa e malata.
Sono molto affezionata a lei. Per tanti anni ha vissuto facendo 3 mesi nel suo Paese, sebbene li sia sola, e 3 mesi a casa nostra, in Italia. Solo ora che sta in cura si è stabilizzata da un anno da noi.
In pratica è una persona molto sola, a cui piace la solitudine. E' vedova da quando aveva trent'anni e non si è mai trovata un altro uomo. Oltre a mamma, ha due figli, che vivono sempre in Italia, ma che hanno avuto una vita difficile e hanno un carattere molto difficile: in pratica non riceve molte attenzioni da questi, anzi.
E io credo che proprio questa solitudine e questa indifferenza dei figli l'abbia portata un anno e mezzo fa alla depressione.
Si è attaccata morbosamente a mia madre.
Ha cominciato a stare sempre e solo in casa (non che prima fosse una tipa molto attiva, ma almeno con mamma usciva certe volte), a fumare come una turca.
Poi ha cominciato ad accusare i dolori fisici piu disparati.
E da lì è iniziato un calvario.
L'abbiamo portata per un anno e passa da medici, specialisti, è stata persino ricoverata tre volte per una settimana in una clinica privata per poi farsi rilasciare sana come un pesce.
Ed io sono sicura che -effettivamente- i suoi dolori iniziali erano esclusivamente psicofisici.
Ogni volta che veniva rilasciata, stava bene due giorni e poi ripiombava nella depressione.
Fino a che al quarto ricovero ,un anno dopo, le trovano un tumore benigno al colon abbastanza circoscritto.
Ovviamente SEMPRE convintissima di stare sul punto di morire, senza un minimo briciolo di speranza, con lamentele continue su dolori fortissimi (ok, era un tumore, ma era piccolo e i dolori -sono certa- erano amplificati da lei).
Viene operata, il tumore è rimosso e va tutto bene.
Poi inizia pero il vero male fisico. Dopo poche settimane dall'intervento sanguina, ha emorragie, sta male.
Lì ho capito che i dolori erano reali, che effettivamente qualcosa non andava.
I dottori specialistici le diagnosticano ripetutamente una cistite e le fanno prendere antibiotici per un mese, devitalizzandola parecchio.
Fino a che, dato che la stuazione non migliorava, mamma non la porta al Gemelli, a Roma.
Diagnosi: cancro avanzato dell'utero.
Seguono una serie di esami vari. E ORA dopo TRE MESI dalla DIAGNOSI iniziale, ancora non sono finite.
Io mi chiedo, è possibile?!
Il medico che le aveva diagnosticato la cistite, guardando i primi referti ha anche avuto il coraggio di dire: questa a un anno non ci arriva.
Ma ci RENDIAMO CONTO?
Siamo state due anni in mezzo a ricoveri vari, BASTAVA UN PAP TEST, mai eseguito, quando in 4 ricoveri di una settimana su una signora di 68 anni dovevano essere eseguiti.
Ora c'è la diagnosi, ma sono tre, TRE, mesi che stanno facendo esami. E tre mesi sono tanti per un cancro avanzato.Deve ovviamente fare un'isterectomia, ma prima deve essere trattata con radio e chemio. Ma che aspettano?
Cioè uno che deve fare, mo, davvero?
Da chi deve andare?
Io stavo pensando di portarla in privato dall'oncologa del gemelli, molto brava, per attirare un po' l'attenzione.
Ma cambierebbe qualcosa?
Cioè, è assurdo. Due anni per ospedali e cliniche e hanno il coraggio di darle un anno, senza nemmeno avere il ritegno di iniziare una cura in tempi brevi. Io sono rimasta allibita. Sono la prima a difendere la categoria medica, ma a me questo sembra un chiarissimo esempio di malasanità. E tu , medico che hai toppato, come puoi dare termini senza nemmeno vedere come va con le prime cure? Io non so ancora come curare il cancro all'utero, ma so per certo che dare notizie del genere è sbagliato se improduttivo per il paziente. L'ha solo convinta che deve morire, fatta deprimere di piu, quando ancora deve iniziare la cura per un cancro che, al suo stadio, ha comunque 40-50% di sopravvivenza. E' assurdo.