«L'elemosina è un diritto», no ai divieti Il cardinale Martino: non si neghi il soccorso. «È un diritto umano fondamentale»
ROMA - «Combattere il racket dell'elemosina senza ledere il diritto di chiedere aiuto»: così il cardinale Renato Martino - presidente del consiglio vaticano Giustizia e pace e di quello per i Migranti e gli itineranti - riassume il giusto atteggiamento cristiano di fronte all'aumento dei questuanti metropolitani, dei profittatori della generosità del prossimo e degli «accattoni molesti». Afferma anche che la proibizione dell'accattonaggio servirebbe a «nascondere » il bisogno invece di «rispondere a esso».
Ma l'atto dell'elemosinare ha ancora un senso nel terzo millennio? Possibile che non ci sia altra via per affrontare i casi di estremo bisogno? «Fino a oggi - risponde il cardinale - un'altra via non si è trovata e io credo che non si troverà presto se Nostro Signore ebbe a dirci: "I poveri li avrete sempre con voi". Si sconfigge una povertà e ne nasce un'altra». E' vero che oggi ci sono tanti aiuti di enti e associazioni che vanno incontro a chi ha bisogno ma il cardinale osserva che «c'è il povero che non ha accesso al soccorso istituzionale perché senza documenti, c'è quello a cui quel soccorso non basta e c'è quello che per sua singolarità lo rifiuta e cerca aiuto nelle strade».
Va dunque difeso il diritto a chiedere l'elemosina per strada? Questa la risposta di Martino: «Credo sia un diritto umano fondamentale, quando si è alla fame e al freddo. È il diritto del vero povero a cercare come può un pezzo di pane e quindi anche a chiedere aiuto e a fare appello al prossimo per risvegliarne il sentimento di umanità». All'obiezione che tanti ne approfittano e che ci sono bambini costretti a elemosinare, il cardinale replica che «va perseguito il profittatore e va combattuto il racket dell'elemosina, ma se proibiamo l'elemosina ci neghiamo al soccorso da uomo a uomo e non incidiamo minimamente sulle cause del fenomeno ».
Martino non vuole commentare le misure contro l'accattonaggio molesto annunciate dai sindaci di grandi città - da Venezia a Roma - che così cercano di andare incontro al fastidio che quel fenomeno provoca nella cittadinanza e nei visitatori: «Non giudico i singoli provvedimenti che possono avere le loro giustificazioni ma reputo inaccettabile la proibizione dell' elemosina in generale. Ci vedo una tentazione a chiudere gli occhi davanti al bisogno o a guardare dall'altra parte. Le autorità dovrebbero piuttosto aiutare la popolazione a cogliere la vera portata del bisogno non ancora coperto, o raggiunto, da nessuna forma di previdenza sociale». A proposito dell'idea di proibire ai barboni di rovistare nei cassonetti - pratica che metterebbe a rischio l'igiene dell'ambiente urbano - il cardinale dice: «Se in una città o in un quartiere vi sono persone che per sopravvivere hanno bisogno di rovistare nei rifiuti vuol dire che in essi è a rischio molto di più che l'igiene ambientale! Quel fenomeno l'ho visto nelle Filippine, in Africa e in America Latina ed è vero che nei Paesi del benessere si dovrebbe essere in grado di prevenirlo, ma se non si riesce a prevenirlo, si rispetti almeno quella dolorosa necessità di rovistare tra le immondizie».
(corriere)