Caso marò, il ministro Terzi si dimette:
"Contrario al loro ritorno in India"
L'annuncio dato alla Camera mentre riferiva sulla vicenda dei due militari italiani rispediti a Delhi per essere processati per l'uccisione di due pescatori. "La mia voce è rimasta inascoltata. Va salvaguardata l'onorabilità del Paese"
ROMA - Il ministro degli Esteri Giulio Terzi, oggetto di pesanti critiche per la gestione del caso marò, ha dato le dimissioni, in disaccordo con la decisione di rimandare in India i due fucilieri di Marina accusati di aver ucciso due pescatori indiani.
"La mia voce è rimasta inascoltata", ha detto il ministro annunciando la sua decisione mentre riferiva alla Camera sul caso. "Mi dimetto perché per 40 anni ho ritenuto e ritengo oggi in maniera ancora più forte che vada salvaguardata l'onorabilità del Paese, delle forze armate e della diplomazia italiana. Mi dimetto perché solidale con i nostri due marò e con le loro famiglie", ha spiegato in Parlamento.
"Saluto con un sentimento di profonda partecipazione e ammirazione i marò Latorre e Girone. Ancora ieri le loro parole hanno dato uno straordinario esempio di attaccamento alla patria", aveva detto il ministro alla Camera in apertura della sessione durante la quale il governo riferisce sul caso dei due militari italiani accusati dell'uccisione di due pescatori indiani mentre erano di guardia a una nave italiana, e al centro di una lunga contesa giudiziaria con l'India.
Il rimbalzo di decisioni contraddittorie prese dalla Farnesina e dal ministero della Difesa, prima con il rifiuto di rimandare in India i militari che avevano avuto la concessione a recarsi in Italia per votare, e poi con il cedimento alle pressioni di Delhi per un immediato rientro, ha provocato in questi giorni un'aspra polemica politica, con aperte accuse alla Farnesina di aver agito in totale autonomia. Accusa cui Terzi ha risposto così: "In questi giorni ho letto ricostruzioni enormememente fantasiose in merito ad azioni che avrei assunto in modo autonomo, senza considerare gli effetti e i rischi di questa azione. Da uomo delle istituzioni per quarant'anni - ha aggiunto Terzi - mai avrei agito in modo autoreferenziale". "Tutte le istituzioni erano informate e d'accordo sulla decisione di trattenere in Italia i marò. La linea del governo è stata approvata da tutti l'8 marzo".
"Nelle ultime settimane - ha proseguito Terzi - la decisione dell'India di sospendere l'immunità del nostro ambasciatore Daniele Mancini, in palese violazione della convenzione di Vienna, è stata giudicata da tutti i partner un atto di ritorsione platealmente illegittimo, che ha indebolito la credibilità del governo indiano su questa specifica controversia".
Fonte: La Repubblica