Caso marò, Terzi: "Restano in Italia". India: "Li dobbiamo processare noi"
Il ministro degli Esteri: "Girone e Latorre, accusati di aver ucciso due pescatori indiani, rimangono in patria". Erano rientrati con un permesso per poter votare alle elezioni. La Farnesina: "Disponibili ad arbitrato o risoluzione giudiziaria per trovare un accordo". i Fucilieri: "Felici di tornare a fare il nostro lavoro"
ROMA - I due marò italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, non faranno rientro in India, ma restano in Italia. L'annuncio viene dal ministro degli Esteri Giulio Terzi. I due militari, accusati di aver ucciso due pescatori indiani e attualmente sotto processo in India, erano rientrati in patria per poter votare alle elezioni politiche. "Abbiamo appreso la notizia dalla stampa e dai mille messaggi di calore ricevuti. Non avevamo dubbi, anzi, avevamo prove dirette, dell'impegno che lo Stato ha profuso in questi mesi nei nostri confronti. Ovviamente, siamo felici. Soprattutto perché possiamo così tornare al reparto. Siamo Fucilieri di Marina. Vogliamo tornare a fare il nostro mestiere", hanno commentato i marò.
"L'Italia ha informato il Governo indiano che, stante la formale instaurazione di una controversia internazionale tra i due Stati, i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non faranno rientro in India alla scadenza del permesso loro concesso", si legge in una nota della Farnesina. "La giurisdizione è italiana", ha affermato il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, in un messaggio su Twitter in cui spiega che il Paese è disponibile "a trovare soluzioni con l'India in sede internazionale" ma che, intanto, "i nostri marò restano in Italia".
Dall'India però è arrivata la reazione contrastante: "I due marò italiani devono essere processati in India secondo le leggi indiane", ha detto una fonte diplomatica indiana all'Onu. "Ogni commento specifico è prematuro, ma è chiaro che i due dovranno affrontare il processo in India", ha spiegato la fonte. Il ministro degli Esteri indiano Salman Kurshid ha dichiarato che "non sarebbe bene reagire ora".
Ma per il ministero degli Esteri italiano "l'Italia ha sempre ritenuto che la condotta delle autorità indiane violasse gli obblighi di diritto internazionale gravanti sull'India", in particolare "il principio dell'immunità dalla giurisdizione degli organi dello Stato straniero". Con una nota consegnata oggi dall'ambasciatore italiano a New Delhi Daniele Mancini, l'Italia ha ribadito "la propria disponibilità di giungere a un accordo per una soluzione della controversia, anche attraverso un arbitrato internazionale o una risoluzione giudiziaria".
Nei giorni scorsi, l'Alta corte del Kerala aveva, con un notevole ritardo, avviato le procedure per costituire un tribunale speciale chiamato ad esaminare la questione della competenza giurisdizionale (indiana o italiana) sull'incidente in cui rimasero coinvolti il 15 febbraio 2012 al largo delle coste del Kerala i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. I due Fucilieri sono rimasti in India per oltre un anno.
La Farnesina ricorda inoltre che "all'indomani della sentenza del 18 gennaio 2013 della Corte Suprema indiana l'Italia ha proposto formalmente al governo di New Delhi l'avvio di un dialogo bilaterale per la ricerca di una soluzione diplomatica del caso, come suggerito dalla stessa Corte, là dove richiamava l'ipotesi di una cooperazione tra Stati nella lotta alla pirateria, secondo quanto prevede la citata Convenzione UNCLOS".
"Alla luce della mancata risposta dell'India alla richiesta italiana di attivare tali forme di cooperazione, il governo italiano ritiene che sussista una controversia con l'India avente ad oggetto le regole contenute nella predetta convenzione e i principi generali di diritto internazionale applicabili alla vicenda", prosegue la nota. Di conseguenza, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non ripartiranno per l'India al termine del permesso, "decisione assunta d'intesa con i Ministeri della Difesa e della Giustizia e in coordinamento con la Presidenza del Consiglio dei Ministri'.
Fonte: La Repubblica