«Sei lesbica? Non puoi donare il sangue»
La denuncia di una 39enne: mandata via dal Policlinico perché vivo con una donna, sono considerata «a rischio». Ma l'ospedale: nessuna discriminazione
ROMA - «Non puoi donare il sangue perché il tuo rapporto sentimentale è considerato a rischio». È la risposta che un sanitario, al Policlinico Umberto I di Roma, avrebbe dato a una donna lesbica di 39 anni che sabato mattina era andata al centro trasfusionale dell'ospedale per donare il sangue. È quanto racconta lei stessa.
CONVIVENTE - «È una cosa assurda e discriminatoria nei miei confronti», ha detto la donna, impiegata in uno studio di un commercialista, che abita a Roma e convive con la sua compagna da quattro mesi. «Vivo e ho rapporti stabili con lei da quattro mesi, quindi rientro nella possibilità di donare», ha osservato riferendosi al limite previsto, secondo quanto spiegato dai medici della struttura, per escludere fattori di rischio legati ai rapporti sessuali. «Prima non avevo mai donato il sangue - ha raccontato - Quando sono giunta negli uffici del centro trasfusionale mi hanno fatto parlare con una persona, credo un medico, il quale mi ha fatto una serie di domande private, anche sulla mia vita sessuale. Quando gli ho detto che sono omosessuale lui mi ha risposto che purtroppo non potevo donare il sangue in quanto il mio rapporto sentimentale è considerato 'a rischiò per la trasmissione di malattie veneree. Ma io e la mia compagna siamo una coppia normale, ci amiamo e rispettiamo come e forse più di tante altre coppie». «NESSUNA DISCRIMINAZIONE» - «Non esiste alcuna legge che vieta agli omosessuali di donare il sangue. In generale non possono farlo le persone 'a rischiò. Pertanto è il medico che esegue la visita a stabilire se la persona è a rischio, sulla base di quello che gli viene riferito e, a sua coscienza, decide se possono esserci rischi per chi deve ricevere il sangue. Ovviamente ognuno è libero di avere la propria vita privata e non si giudica nessuno». Così il direttore del Centro trasfusionale del Policlinico Umberto I di Roma Gabriella Girelli replica alla denuncia della donna. «Bisogna in ogni caso - ha precisato - avere un rapporto stabile con una persona da quattro mesi, ma dopo aver somministrato un questionario il medico deve 'reinvestigarè sulla situazione del potenziale donatore con un colloquio e valutare con scrupolo. L'omosessualità non è motivo di esclusione e bisognerebbe verificare nell'ambito del colloquio che cosa in realtà è emerso, ma c'è un segreto professionale da garantire». «A volte si esagera nello scrupolo, ma i rischi vanno valutati scrupolosamente - ha spiegato Girelli - È capitato addirittura che padri di bambini malati, che si erano proposti di donare il sangue, abbiano mentito. In quei casi avevamo avuto riscontri rassicuranti nel questionario e durante i colloqui, ma poi ai test del sangue, erano risultati positivi ad alcune malattie e solo dopo avevano ammesso».
Il Policlinico Umberto I
ARCIGAY: FARE CHIAREZZA - «Vietare la donazione di sangue a una persona per il suo orientamento sessuale è una violazione delle norme in materia in vigore nel nostro Paese. Ci auguriamo che sull'episodio sia fatta piena luce». Lo sostengono, in una nota congiunta, il portavoce del Gay Center Fabrizio Marrazzo ed il presidente di Arcigay Roma Roberto Stocco. «Non bisogna creare - aggiungono - allarmismo sociale sul tema della donazione di sangue, nell'interesse di tutti i cittadini, anche lesbiche, gay e trans, che con senso civico donano il sangue, sia per chi lo riceve. Si tratta di una questione che va affrontata dal punto di vista medico e scientifico. Come associazioni - concludono - monitoriamo costantemente le procedure e lavoriamo per evitare ogni forma di discriminazione». (fonte Ansa)
Che cosa assurda!siamo nel 2011 e ancora si fanno discorsi preistorici