Originariamente inviata da
lunarossa
Caro filosofo, mi dispiace contraddirti, ma l'uomo di fede non deve rendere conto del proprio comportamento a nessuno, casomai soltanto a se stesso.
Non rinuncia a una vita pienamente realizzata per venire incontro a certi precetti, casomai li fa suoi perchè li trova giusti per la propria esistenza...
La fede non è costrizione, ma appunto libertà che viene dalla consapevolezza di stare nella verità, perchè verità e libertà stanno insieme.
Appunto, dalla consapevolezza di stare nella verità…
È curioso come la credenza finisca col tradursi candidamente in consapevolezza, ed è proprio qui che cominciano i guai…
La credenza può essere falsa. Sia l’islamico, sia il cattolico, sia il testimone di Geova, sia il satanista occultista sia l’ebreo, sia il raeliano (ecc.) credono di stare nella verità, e dispensano patentini di falsità alle altre religioni.
Qual è la religione vera?
Tutte e nessuna.
Alla base di queste credenze però vi sono gli stessi bisogni, ed è proprio questi che dovremmo analizzare, giacché sono la causa di determinati comportamenti. Ritengo assai ragionevole cercare spiegazioni sul piano terreno, materiale, e le si possono trovare, ma saranno sicuramente meno lusinghiere di quelle spirituali/ultraterrene.
Credere in Dio e fidarsi di Dio non è un autoinganno, casomai il contrario, fidarsi dell'uomo è un inganno perchè l'uomo tradisce spesso e volentieri.
L’uomo esiste e può ingannare e ingannarsi.
Ciò che non esiste non può ingannare né ingannarsi.
Se si considera Dio come il principio creatore, verrà naturale seguire la sua legge, questo seguire la sua legge rende liberi, perchè non c'è maggior libertà di quella che dà Dio all'uomo, che certamente può rinnegarlo, ma non per questo viene respinto da Dio.
Questo secondo una logica asservita alla religione.
A mio avviso sono meri artifizi per conferire stabilità all’impianto della credenza e renderlo allettante.
Provo una gran compassione nel contemplare questi meticolosi esercizi intellettuali… ma nulla più…
Mi piacerebbe sapere che cosa intendi per vita pienamente realizzata, scelte autonome, libertà....
Intendo l’autodeterminazione secondo il proprio, naturale e autentico volere...
Sono le stesse cose che fa un uomo di fede, ma con un'ottica diversa, non tanto materiale, quanto spirituale...
Un’ottica spirituale (condivisa magari da moltitudini ma non dall’intera collettività) si riverbera nelle azioni materiali.
Il cuore del problema che si verifica nell’interazione tra la fede e la sfera pubblica a mio avviso sta nella scarsa propensione del credente a mettere in discussione i propri principi, ritenuti veri, assoluti, universali e universalizzabili, a differenza dei non credenti che cogliendo appieno la dimensione terrena e immanente rinunciano al dogmatismo e si propongono di autodeterminarsi, uomini fra gli uomini.
La sfera pubblica prevede armonizzazioni per venire incontro alle più svariate esigenze; il credente invece osteggia le mediazioni, agitando il suo pacchetto di verità. Sono pochi, una minoranza illuminata, quei credenti che anziché imporre agli altri le proprie scelte, ritengono legittima l’esistenza del pluralismo e ne tengono conto in sede pratica. Ovvero, quelli che al “Dio non vuole, quindi nessuno deve farlo” preferiscono il più laico “Dio non lo vuole e io non lo faccio, però Mario Rossi non crede in Dio e rispetto la sua scelta”.
In fondo quando la vita finisce l'uomo non si può portare nulla con sè se non la propria anima... e a che valgono tutti i tesori di questa terra se alla fine si perde se stessi e si precipita nelle Tenebre che ci sono per chi non sceglie di stare alla Luce di Dio, che è il Tutto???
Io invece ritengo che con la morte tutto finisca, che l’unica vita sia quella terrena.
E i tesori della terra servono a rendere quest’unica vita più felice.