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ok..ISraele
ISRAELE
Palestina: terra originaria degli ebrei, da dove essi si erano, tra il I secolo a.C. e il I d.C., sparsi nella diaspora (dispersione), essa era, alla fine dell’’800, quando nacque il movimento sionista, parte dell’impero ottomano e divenne dopo la prima guerra mondiale un mandato britannico (mandato coloniale: con esso si poneva un Paese considerato destinato all’indipendenza sotto la tutela e l’amministrazione di una grande potenza, con la motivazione di favorirne il progresso economico e politico). Era abitata da popolazioni arabe, nella maggior parte di religione musulmana, ma anche da un buon numero di cristiani.
Israele: Con la proclamazione dello Stato di Israele (14 maggio 1948), dopo che gli inglesi ebbero lasciato la Palestina, si realizzò l’obiettivo del sionismo politico (sionismo: movimento politico per la ricostituzione di uno stato ebraico, fondato alla fine dell’800 dal giornalista ebreo ungherese Theodor Herzl che elaborò la convinzione che l’antisemitismo fosse una costante non solo dei Paesi privi di emancipazione, ma di tutti i paesi in cui viveva una minoranza ebraica: di qui l’idea che gli ebrei sparsi nella diaspora dovevano ricostituirsi come una nazione. Con il tempo si pensò alla Palestina).
La creazione dello stato. Lo stato ebraico, immediatamente riconosciuto da Usa e Urss, superò con successo la prima guerra arabo-israeliana (1948-1949), al termine della quale si trovò in possesso di un’area superiore a quella prevista dal piano di spartizione dell’Onu (ma inferiore a quella rivendicata nel promemoria presentato dall’Organizzazione sionista mondiale alla conferenza della pace di Versailles nel 1919, comprendente, oltre a tutta la Palestina, anche il Libano meridionale con Tiro, Sidone e il corso meridionale del Litani, le sorgenti del Giordano sul monte Hermon e la sua valle fino alla periferia di Amman, nonché il territorio egiziano a est della linea congiungente el-Arish a Sharm esh-Sheikh nel Sinai).
Il governo provvisorio guidato da D. Ben Gurion costituì l’organo esecutivo del nuovo stato.
Nel gennaio 1949 si svolsero le prime elezioni che elessero Chaim Weizmann capo dello stato; prima preoccupazione del governo fu l’abolizione di qualsiasi ostacolo all’immigrazione che venne incoraggiata da due leggi fondamentali (1950 e 1952).
La prima (Legge del ritorno) riconosceva d’ufficio la cittadinanza a qualsiasi ebreo arrivato in Israele, mentre la seconda introdusse criteri restrittivi per la concessione della cittadinanza agli immigrati non ebrei. Grazie a questi provvedimenti la popolazione ebraica di Israele raddoppiò nel giro di tre anni; per il suo assorbimento vennero utilizzati anche i 300 mila ettari circa di terre “abbandonate” dagli 800 mila palestinesi arabi costretti all’esodo, che furono incamerate dal Fondo nazionale ebraico. I rapporti con i paesi arabi (formalmente regolati da una serie di armistizi conclusi nel 1949) restarono tesi e furono caratterizzati dal susseguirsi di operazioni di guerriglia e di rappresaglie israeliane.
prima guerra arabo-israeliana: nota in Israele come ‘guerra d’indipendenza’, scoppiò il 15 maggio 1948 ad opera delle truppe di Siria, Egitto, Giordania e Iraq, subito dopo la proclamazione dello stato ebraico, ma fin dal novembre precedente, dopo l’approvazione del piano di spartizione della Palestina da parte dell’Onu, si erano verificati scontri tra organizzazioni militari e terroristiche sioniste, da una parte, e guerriglieri palestinesi appoggiati da volontari arabi, dall’altra. In questa fase le forze sioniste occuparono centri situati nel territorio assegnato dall’Onu al previsto stato arabo palestinese o alla zona internazionale di Gerusalemme, tra cui Tiberiade, Haifa, Safad e Deir Yassin. Forze regolari arabe varcarono invece i confini della Palestina: da sud gli egiziani avanzarono verso Tel Aviv, a nord truppe siriane e libanesi occuparono alcune località a ridosso del confine, mentre da est la Legione araba della Transgiordania occupava la Cisgiordania e parte dei quartieri più antichi di Gerusalemme. Il 10 giugno il Consiglio di sicurezza dell’Onu riuscì a imporre una tregua, durante la quale Israele ricevette notevoli rifornimenti che consentirono di scatenare l’8 luglio un’offensiva. Dopo dieci giorni l’Onu impose una nuova tregua. A metà ottobre le forze israeliane lanciarono una nuova triplice offensiva: verso il deserto del Negev e del Sinai; verso Gerusalemme, dove le loro unità restarono praticamente accerchiate; e verso il confine libanese, che fu varcato. Le successive trattative condussero nei primi mesi del 1949 ad armistizi separati con Egitto, Libano, Giordania e Siria. Israele si trovò così in possesso di un territorio maggiore di quello previsto in origine dal piano di spartizione. Imponente fu l’esodo della popolazione araba: circa settecentomila persone lasciarono le proprie case, chi spontaneamente, per sfuggire alle incombenti operazioni militari, chi, e furono i più, perché spinti dal panico ispirato ad arte prima dai sionisti, poi dalle autorità israeliane. Da allora i palestinesi alimentarono, spesso dai paesi arabi confinanti, una incessante guerriglia contro Israele.
L’isolamento internazionale. Il boicottaggio economico decretato dagli arabi riuscì d’altra parte a privare Israele di forniture alimentari a buon mercato e di un potenziale sbocco alle sue esportazioni. Ciò rese inevitabile una crescente dipendenza, non solo economica, dall’occidente: agli Stati uniti, che erano già al primo posto tra i fornitori di aiuti pubblici e privati a fondo perduto, si affiancò negli anni cinquanta e sessanta la Repubblica federale di Germania, che accettò di versare a Israele più di tremila miliardi di lire a titolo di risarcimento per le stragi naziste.
Alla Francia e alla Gran Bretagna lo stato ebraico poteva invece offrire una valida contropartita: la propria alleanza nell’aggressione del 1956 all’Egitto
seconda guerra arabo-israeliana (1956): duramente condannata non soltanto dall’Onu e dall’Urss, ma anche dagli Stati uniti.
Nel 1956, in seguito alla nazionalizzazione da parte di Nasser (che in Egitto aveva abbattuto la monarchia di re Faruk e instaurato la Repubblica) del canale di Suez, strategico per il commercio del petrolio, Israele attaccò l’Egitto nel Sinai ed ebbe l’aiuto degli anglo-francesi. L’Onu condannò l’azione e l’Urss inviò un ultimatum a Francia, Inghilterra, Israele. Quando Nasser chiuse lo stretto di Tira, sul Mar Rosso, bloccando il golfo di Aqaba, vitale per gli approvvigionamenti israeliani, Israele attaccò l’Egitto (1967: guerra dei sei giorni). La Giordania entrava in guerra e Israele attaccava la Siria.
Territori occupati: Israele conquistò agli egiziani il Sinai; Gerusalemme e la Cisgiordania ai giordani; ai siriani le aperture del Golan. Lo stesso 10 giugno, la mediazione internazionale metteva fine alla guerra.
I rapporti con gli Usa, divenuti sempre più stretti, consentirono non soltanto la sopravvivenza economica dello stato israeliano, ma anche il suo ingresso nella cerchia dei paesi dotati di armamento nucleare; sul piano politico, il governo di Washington usò ripetutamente il diritto di veto per bloccare risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu (contro l’annessione strisciante dei Territori occupati, le rappresaglie nei confronti dei guerriglieri palestinesi, le incursioni militari in Libano e la repressione dell’intifada (rivolta popolare in Palestina).
Al Fatah: Organizzazione palestinese fondata da Arafat nel 1965 nel Kuwait e poi divenuta la principale delle varie forze politiche aderenti all’Olp, il cui nome ufficiale è Haraka at-tahrir al-filastini (Movimento di liberazione palestinese), di cui l’acronimo, letto all’inverso al modo arabo, è radice della parola araba che significa vittoria.
OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina). Fondata nel maggio 1964 a Gerusalemme, come espressione dei regimi arabi che intendevano condizionare dall’interno il movimento palestinese, dopo la disfatta nella guerra dei Sei giorni (1967). In seguito, la sua natura mutò radicalmente: non più singola organizzazione contrapposta ad altre analoghe, quali al Fatah, la Saika, il Fronte popolare per la liberazione della Palestina ecc., ma struttura unitaria dell’intero movimento palestinese, aperta non solo a tutti i gruppi della guerriglia, ma anche alle diverse associazioni sindacali, professionali e culturali. Il cambiamento fu sancito nel febbraio 1969 con la nomina alla presidenza della nuova Olp di Yassir Arafat, già capo di al Fatah. All’originario obiettivo strategico dell’Olp, sancito nella Carta nazionale palestinese del 1964 (modificata nel 1968), auspicante l’edificazione in tutta la Palestina di uno stato unitario, laico e democratico, si sostituì poi quello più realistico mirante alla creazione di uno stato arabo in Cisgiordania e nella striscia di Gaza in pacifica convivenza con Israele. La rivolta popolare in Palestina (intifada) e la rinuncia della Giordania alla sovranità sulla Cisgiordania (1988) consentirono all’Olp di proclamare, anche se solo formalmente, la costituzione dello stato di Palestina. In seguito il riconoscimento dello stato di Israele e la moderazione politica dimostrata, tranne nel caso dell’appoggio dato all’Iraq per l’occupazione del Kuwait, consentirono l’avvio di negoziati di pace che si conclusero con gli accordi del 1993-95. L’Olp ricevette il riconoscimento da parte di Israele dell’autonomia amministrativa di gran parte della Cisgiordania e della striscia di Gaza. Nel 1996 si affermò con una schiacciante maggioranza alle elezioni del consiglio dell’Autorità palestinese di cui divenne presidente Y. Arafat.
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