CATANIA - Il presunto boss Giacomo Maurizio Ieni, 52 anni, indicato come il capo della cosca mafiosa Pillera é fortemente depresso e per questo lascerà il regime di 41 bis, anche se scontato nel centro clinico del carcere di Parma, per passare agli arresti domiciliari a casa, a Catania. E' la decisione della terza sezione penale del Tribunale del capoluogo etneo per "gravi motivi di salute" contestata duramente dalla Procura etnea e da politici. Il suo stato di "depressione malinconica" , secondo i giudici, è infatti così grave da renderlo incompatibile con la detenzione e che "l'ambiente familiare appare allo stato insostituibile" per curarlo. "In casa - scrivono i giudici - potrà ricevere quel sostegno psicologico che la struttura carceraria non può dargli. Tra l'altro la sua condizione personale è tale da fare ritenere che ci si trovi in presenza di una situazione di pericolosità grandemente scemata". Ieni, detenuto dal 30 giugno del 2006 per associazione mafiosa, nell'ambito del procedimento Atlantide con il quale la polizia ritenne di svelare i rapporti tra esponenti di Cosa nostra e imprenditori etnei, nella precedente udienza del processo, in teleconferenza da Parma, era scoppiato in lacrime davanti ai giudici sostenendo di "essere fortemente depresso e di non riuscire a stare in carcere". Il Tribunale, accogliendo la richiesta dei suoi legali, gli avvocati Enrico Trantino e Giuseppe Lipera, che ricordano come il loro assistito durante la detenzione abbia perduto 20 chilogrammi di peso e attuato lo sciopero della fame, adesso gli ha concesso gli arresti domiciliari ritenendo che "l'affetto dei familiari" è per lui terapia unica e insostituibile.
La decisione è "fortemente contestata" dalla Procura di Catania che in sede di udienza aveva espresso parere negativo e si dice "estremamente sorpresa e sgomenta". E questo, precisano i magistrati della Dda, sia "per la pericolosità sociale del soggetto al quale sarà permesso di tornare a Catania" sia perché "nella perizie redatte non ce n'era alcuna che stabilisce che il suo stato di salute sia incompatibile con la detenzione in un centro medico, così come si trovava ristretto". La valutazione del Tribunale è stata contestata, in maniera trasversale, da esponenti politici. Per il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, è una "decisione che indigna, crea un pericolosissimo precedente e mina fortemente la credibilità delle istituzioni". L'esponente del Pdl ricorda anche che "la maggioranza in questa legislatura ha invece posto l'accento sulla necessità di rendere ancora più stringenti le norme sul 41 bis".
Claudio Fava definisce la scelta dei giudici "una vergogna". Secondo l'esponente di Sinistra e libertà "per i mafiosi di Catania il 41 bis è una specie di campeggio: ai detenuti depressi si concedono gli arresti domiciliari". Sulla vicenda il senatore della Lega e segretario dell'Antimafia, Gianpaolo Vallardi, chiede "l'audizione in commissione del ministro alla Giustizia, Angelino Alfano" visto che così, "i carnefici diventano vittime e le vittime i carnefici". Contestazione contestate a loro volta dai legali di Ieni che inviato i "parlamentari di evitare di parlare di cose che non conoscono, eliminando la parola scandalo e non a realizzare una Guantanamo in Italia" e la Procura "a rispettare i ruoli".
ANSA.it - BOSS DEPRESSO, DA 41 BIS A DOMICILIARI