Trento, è vietato fotografare i figli Norma antipedofili nelle piscine comunali. Fermato un padre. Il legale: una forzatura
ROMA — Un papà, ai bordi di una piscina comunale, immortala con la cinepresa le prime bracciate del figlio. C’è qualcosa di male in questo quadretto familiare? Se l’incauto genitore si trova in un impianto natatorio di Trento sì. Nella provincia autonoma se inquadri con la videocamera o il telefonino una piscina piena di bambini che sguazzano diventi una persona molto sospetta e verrai fermato dal primo bagnino che si accorge di quello che stai facendo. Perché la piscina, come dice Roberto De Carolis direttore dell’Asis, la società che gestisce i 92 impianti sportivi cittadini, è un «territorio fertile per un certo tipo di reato».
Nei giorni scorsi a passare per pedofilo o qualcosa di simile è stato un padre, fermato dal personale proprio mentre filmava il proprio bambino. L’intervento garbato, ma fermo, del bagnino ha suscitato un vespaio di polemiche. È mai possibile che non si possa fare una foto neppure al proprio figlio? Ma allora non dovrebbe essere vietato anche sulle spiagge, si sono domandati in molti appellandosi al senso comune. E l’avvocato trentino Franco Busana parla di «forzatura usata come prevenzione anti-pedofilia». Il direttore dell’Asis, che difende a spada tratta il regolamento, è stupito da tanta ingenuità: «Ma come facciamo a sapere se chi filma è realmente un genitore? Se vedo uno che fotografa un bambino come faccio a sapere quali sono le sue reali intenzioni? Chi mi garantisce che non sia un pedofilo? Come posso prevedere se verrà fatto un uso privato delle immagini? E se finisce nel filmato anche un altro bambino, un soggetto indifeso che non è assolutamente in grado fare valere i propri diritti?».
Il regolamento adottato dalla società di gestione degli impianti sportivi del Comune di Trento, condiviso dall’amministrazione, è chiaro: vietato fare foto o riprese. Ma come tutti i regolamenti prevede delle deroghe. Se quel filmato o quella foto si devono proprio fare, basta chiedere alla direzione un permessino che verrà prontamente accordato. E mentre filmi un bagnino, appositamente allertato, ti terrà d’occhio, ti seguirà passo passo. «E’ un modo per garantire al nostro pubblico maggiori controlli e francamente non ci trovo nulla di male», dice Roberto De Carolis. I dirigenti della piscine di Trento sanno di essere duri e spietati: «Si capisce che un padre desideri filmare il proprio figlio. Ma il pericolo è sempre in agguato». In passato, spiegano, «non sono mancate segnalazioni allarmanti. Ai nostri bagnini sono state indicate persone che mostravano particolari attenzioni verso i bambini». «Non capisco tutto questo clamore per quel divieto — conclude il direttore delle piscine —. Ormai certe regole valgono dappertutto. Un mio amico mi ha raccontato di un padre fermato mentre filmava il figlio all’interno di un centro commerciale in Veneto». (corriere)
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la sicurezza puo sempre giustifiare queste limitazioni, ma se si comincia con una limitazione, per carità in linea di massima giusta, fino a che punto ci si puo spingere nella limitazione delle libertà pesonali a favor di quelle collettive?
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