Essì eh, è matematico.
Ma questa dove l'hai sentita?
Scusa, avevo letto male. La penso così anche io: in questo momento ci sono poche risorse e molte cose "più importanti" a cui pensare.
Mi fa comunque piacere che in generale non sei/siete ostile all'argomento.
No, non ti sei spiegata affatto. Quali priorità giustificano questa discriminazione? Ah già dimenticavo la mancanza di soldi da parte dello stato e quindi visto che il disabile puo essere uno svantaggiato economico, sicuramente è piu importante garantigli i supporti economici materiali sanitari, che senza dubbio sono importanti ma lo privano del suo diritto ad essere un cittadino completo.
Se dovessi fare una certa similitudine si potrebbe dire che piu importante garantire un tetto , dare da mangiare, e isturire a chi fa un lavoro ad non essere disoccupato . Perchè, quest'ultimo, dovrebbe accettare, ad esempio, che lo stato spenda denaro per la cultura o restuare pompei visto che di denaro c'e ne poco oppure che lo stato dovrebbe perdere tempo al legalizzare i diritti delle coppie di fatto visto le priorità che deve garantire in campi meno frivoli. Se lo stato non puo garantire un servizio, per questione di soldi perchè non rivolgersi alle le organizzazioni private che possono svolgere opera di volontariato ( all'estero funziona anche in questo modo ) visto che la prostituzione in se non è reato ma legale, se poi una sente che la cosa che fa è quello di rendere un servizio sociale ( masturbando un disabile) non vedo che centri il discorso economico.
Garantire diritti sessuali ai gay? Il matrimonio è un diritto sessuale?
Mi passi la fonte dove all'estero la mutua ti paga una masturbatrice personale? Mi interessano le clausole e i particolari
Ma.. se mi rompessi le braccia? Avrei gli stessi diritti? Oppure l'astinenza è un problema solo dopo tanto tempo?
E se uno è brutto, così brutto da essere vergine a 40 anni? Ha diritto all'assistenza sessuale della mutua?
La terapista può rifiutare un cliente, a scelta personale?
Quali sono le mansioni di queste figura?
Voglio dire.. ci sono così tante variabili importantissime, di cui non si discute. Mi piacerebbe leggere "la legge" che regola questa cosa in Olanda e Danimarca.. me le passi?
I disabili non prendono già dei "soldi extra" proprio perchè tali? Pensione di invalidità, facilitazione sul posto di lavoro.. tutte quelle cose, giustissime, che lo aiutano a vivere dignitosamente. Mi sembra esagerato dargli anche una persona che lo masturbi quando la masturbazione non è fondamentale per vivere, che io sappia..
Un ragazzo disabile non riesce ad avere rapporti sessuali perchè non trova una ragazza che lo voglia, non per via della disabilità in se (se parliamo di disabili che riescono ad avere un'erezione, ovviamente). Quindi, volendo fare un paragone azzardato (ma calzante) è paragonabile ad un ragazzo orribile.. il quale per via del suo problema fisico non riesce a scopare. La mutua copre anche lui?
Anche se "Fare le seghe a chi non ha le mani" avrebbe potuto trovar posto nel Vangelo accanto a "Dare da bere agli assetati", i soliti noti che formulano le direttive della morale di Stato sarebbero piuttosto inclini a pensare che se uno non ha le mani per le seghe, è perché Dio l'ha punito prima ancora che facesse peccato, perché prevenire è meglio che curare.
Comunque sì, questa storia è demagogia assistenziale. Dovere dello Stato è quello di farti sopravvivere, quando si passa nel campo della ricerca della felicità sta ad ognuno arrangiarsi con mezzi propri e mi pare giusto così. Se dessimo masturbatrici ai disabili (ma ve li immaginate i curricula?) dovremmo dare viagra e pompette ai vecchi, prostitute ai carcerati, inviti per i brutti al Bunga Bunga e così via.
intanto ti posto questa esperienza nel campo , qui vicino in svizzera, che ricomprende anche l'utenza di orientamento omossessuale poi con piu calma di cerchero il resto. Se non ricordo male in un altro post ho anche detto che la dove non intervenga lo stato siano gli enti privati di volentariato ad intervenire sul campo offrendo questo servizio di conforto all disabile. Ho approfondito la ricerca e, per onesta intelletuale, ho scoperto che non esiste una normativa vera ma iniziative locali da parte di enti pubblici stranieri o di associazioni private che operano sulla tolleranza dello stato verso la prostituzione ( questa è una vergogna giuridica, rispetto a chi voglia consierarlo un lavoro come tanti altri) . Questo però, significa che nel momento in cui ci sarà una regolamentazione giuridica vera e propria, lo Stato dovrà inserirlo nelle prestazioni assistenziali ai disabili . Questa scelta mi fa pensare: in usa e in spagna e in altri paesi e piu facile riconoscere il matrimonio gay perchè non costa , mentre una regola di civiltà giuridica piu forte , nei confronti di chi è piu debole e al diritto ad una sessualità non si voglia normare perchè sarebbe un costo? Se questa non è ipocrisia .
Tutti i ragionamenti che si fanno che vanno dall'ironia o alle varie ipotesi sono frutto di questa situazione ambigua
Noi assistenti sessuali di portatori di handicap
Sono una decina in Svizzera. Tra loro anche un ticinese. Sono gli accarezzatori e le accarezzatrici sessuali per portatori di handicap fisici o mentali. Sono i donatori di "felicità sessuale" per coloro ai quali la vita ha reso difficile la gioia dell'erotismo.Un progetto ostacolato, il caso Pro Infirmis di Zurigo
di Salvo Feo
LUGANO – Massaggi. Carezze. Giochi erotici. Esperienze sensuali rivolte a coloro che hanno un handicap fisico o mentale. Sono gli assistenti sessuali. In Svizzera ce ne sono una decina. Tra loro anche un ticinese che ha deciso di portare benessere a chi purtroppo non può vivere serenamente una propria vita sessuale.
Il suo nome è noto alla redazione, ma lui ha preferito restare nell’anonimato. Abita a Zurigo, ed opera essenzialmente nella Svizzera interna. Ogni anno contribuisce a donare “felicità sessuale” a dozzine di pazienti.
Un’attività che sta varcando i confini nazionali e sta interessando anche le nazioni vicine, tanto che nei prossimi corsi di assistente sessuale che verranno organizzati in autunno a Basilea dalla Fachstelle Behinderung & Sexualität, ci sono perfino richieste che arrivano dalla Francia e dall’Italia. Non solo. Ma il corso aprirà le porte – per la prima volta – agli operatori gay che assisteranno i portatori di handicap con inclinazioni omosessuali. Tra polemiche, indignazioni e approvazioni abbiamo cercato di capire, con il nostro interlocutore, il difficile rapporto che esiste tra handicap e sessualità.
Chi è l'assistente sessuale?
“È colui che assiste le esigenze sessuali delle persone che hanno un handicap fisico o mentale. Un lavoro difficile che richiede molta pazienza e impegno”.
Come si svolge esattamente il suo lavoro?
“Molto dipende dal tipo di handicap che le persone presentano. È necessario distinguere tra le persone disabili fisicamente e quelle invece che presentano un deficit mentale. Coloro che hanno un handicap fisico hanno esigenze più chiare, con loro è possibile parlare e quindi capire ciò che in realtà desiderano. Diverso invece il discorso per coloro che hanno un handicap mentale. In quel caso si tratta di adottare altre strategie, parlare innanzitutto con i genitori, con gli operatori dell’istituto e capire con loro quali sono le esigenze sessuali del paziente”.
Dove avviene solitamente l’assistenza sessuale?
“Mi reco nel domicilio del paziente. A volte anche in albergo. Non offro un rapporto sessuale completo, mi limito ad accarezzare, a massaggiare, a creare con il malato un rapporto sensuale molto epidermico. Anche perché queste persone hanno una loro sfera sessuale molto particolare”.
In che senso, mi faccia capire.
“Vede, una persona portatrice di handicap vive una sessualità completamente diversa dalla nostra. Alcune persone che hanno subito una paralisi hanno un apparato genitale poco sensibile e di conseguenza altri organi assumono una sensibilità erotica. Ad esempio alcuni possono sviluppare una sensibilità molto forte all'orecchio, che diventa di conseguenza un organo di piacere sessuale”.
Svolge questa attività anche in Ticino?
“Abito a Zurigo e quindi queste prestazioni avvengono soprattutto nella Svizzera interna. Ho anche una cliente nel nord Italia. In Ticino invece non c'è stata finora nessuna richiesta. Ad interessarsi a questa attività sono stati unicamente giornalisti e studenti e studentesse per i loro lavori scolastici”.
La sua assistenza è limitata solo alle donne o comprende anche uomini?
“Essenzialmente alle donne. Per quanto riguarda gli uomini si tratta più che altro di fornire un’educazione sessuale, come ad esempio spiegare loro la pratica della masturbazione, ma non arrivo ad avere un rapporto sessuale con la persona. Esistono operatori donne che si dedicano a loro, e in futuro anche operatori gay”.
Che si rivolgono evidentemente a portatori di handicap gay?
“Esatto. Il nuovo corso che partirà in autunno a Basilea cercherà di riempire questa lacuna, formando operatori omosessuali sia donne che uomini per venire incontro alle esigenze di persone con handicap e con inclinazioni gay”.
Con quale scadenza si svolgono questi corsi?
“Vengono organizzati quando si raggiunge un numero essenziale di operatori. È impossibile organizzare ogni anno un corso, anche perchè mancano i finanziamenti. Il prossimo sarà ad ottobre e si cercherà di formare operatori in grado di offrire rapporti sessuali completi. L'interesse per questo tipo di corso sta uscendo dai confini nazionali e abbiamo avuto richieste di gente che vuole iscriversi, oltre che dalla Germania, anche dalla Francia e dall'Italia”.
Alcuni hanno messo in relazione questo ruolo con la prostituzione. Lei cosa si sente di rispondere?
“Comprendo che qualcuno possa fare questo paragone. Vorrei ricordare però che la motivazione che c’è dietro alla prostituzione è quella di accumulare più soldi possibile nel minor tempo possibile. Qui invece è proprio il contrario, i soldi sono molto pochi e l'investimento di tempo è tantissimo. È vero anche che ci sono delle prostitute ‘nobili’ di spirito che si dedicano seriamente a questi malati, ma loro adottano altre tariffe”.
Lei dunque non lo fa per soldi?
“Niente affatto. La mia professione è quella di terapista in uno studio di medicina alternativa. Mi dedico all’assistenza sessuale solo nel tempo libero, è un’attività che di certo non mi permetterebbe in alcun modo di vivere”.
I suoi amici e la sua famiglia cosa dicono di questo lavoro?
“Mia moglie e i miei figli sono al corrente. Senza l'approvazione di mia moglie non avrei mai accettato. Considerano questo lavoro come una cosa molto normale. I miei amici hanno reagito molto bene e nessuno mi giudica per questo tipo di lavoro”.
Perchè ha deciso di farlo?
"La molla è scattata dopo aver letto un articolo che parlava di questo argomento. Ho iniziato a riflettere su una questione che prima non avevo mai preso in considerazione, quella appunto della sfera sessuale di un portatore di handicap. Credo di avere buone inclinazioni all’ascolto e saper portare benessere alle persone attraverso le mie qualità caratteriali. Quindi ho pensato di mettere a disposizione questi miei pregi a determinate persone che vorrebbero vivere la propria sessualità e non possono farlo".
Svolge questa professione ormai da circa due anni, che idea si è fatta del rapporto tra handicap e sessualità?
“È un argomento ancora molto tabù. La sessualità resta un argomento di cui si fa ancora molta difficoltà a parlare; ancora di più quando essa è legata a una malattia. Sono fermamente convinto che la sessualità sia un diritto di qualunque umano. Ci sono quelli che possono viverla senza problemi, e altri invece che vorrebbero viverla e si trovano in una situazione infelice. Aiutare queste persone mi sembra sia doveroso”.
Il coraggio di parlarne Enrico Matasci, direttore cantonale di Pro Infirmis Ticino e Moesano: "Il rapporto tra sessualità e handicap è un un tema molto delicato, attorno al quale non solo ci sono ancora molti tabù, ma c'è anche una sensazione di paura. È necessario affrontare la problematica con la dovuta delicatezza e la necessaria sensibilità. Il mio invito rivolto agli operatori sociali, ai genitori delle persone colpite da handicap, è quello di iniziare un dialogo sull'argomento, di iniziare a riflettere e sviluppare tutte le strategie possibili per portare felicità e benessere nella vita della persona affetta da handicap. Sarebbe sbagliato chiudere gli occhi, nascondere il problema, dobbiamo avere il coraggio di parlarne, perchè anche un'esperienza erotica potrebbe portare felicità, gioia e migliorare la qualità di vita di un paziente".
Se mi dicono che sono una puttana, un attimo me la prendo ma dura qualche minuto, il fastidio, e poi non ci penso più.
No, dai, mi manda in bestia quando intuisco che pensano quello ma che ci posso fare?
Le lettere che ho spedito ai parlamentari del centrosinistra, quelli che io voto da sempre, inviate con ricevuta di ritorno, per esser sicura che siano arrivate, nel tentativo di spiegare che servirebbe una legge per far in modo che il mio lavoro non venga sporcato dall’appellativo di prostituta, le ho tutte fotocopiate e archiviate dentro un quaderno arancione.
Ma ogni risposta alle mie missive mi ha fatto intuire che loro, gli onorevoli, pensano quello. Che sono una prostituta, anche se non lavoro sulla strada.
Tanti mi hanno risposto “Le faremo sapere”.
Uno mi ha anche telefonato, sornione e ridanciano.
“La aiuto io, posso venire in città il mese prossimo, che ne dice se ne parliamo nel mio hotel?”.
Insomma, ho capito subito che pensava che gli facevo il servizio pure a lui. Magari gratis.
Ho messo giù senza neanche ringraziare.
Andare a spiegare che lavoro fai e che servirebbe una regolamentazione del lavoro che all’estero chiamano di assistente sessuale domiciliare, fa passare la voglia di chiedere qualcosa.
Pare che sei lì a dire che bisogna dare un nome a un pagamento che altrimenti risulta la solita cosa sporca, ma che tutti cercano da secoli, e si affrettano a dire che è sporco pure quelli che ci vanno di solito ma in pubblico non lo direbbero mai perché non sta bene.
E invece i miei utenti, tutti, se lo dicono, tra di loro, che questo mestiere esiste e serve come l’infermiera che viene una volta la settimana a vedere come stai, se serve la medicazione e a portarti gli ausili a casa.
Lo sanno anche i loro genitori e pure a loro va bene, perché quando passo io poi in casa c’è la pace e non ci sono baruffe e discussioni.
C’è la pace, scompare la mortificazione del non poter esaudire tutti i bisogni fondamentali.
Sono andata a farmelo spiegare da una psicologa cosa sono questi bisogni fisiologici: mangiare, dormire, fare sesso, respirare.
Andate a vedervi la piramide di Maslow: il fondo è fatto anche di sesso, poi più su c’è il resto: la sicurezza, l’affetto, l’intimità, l’autostima, la realizzazione, la creatività che è all’apice.
Il sesso è alla base della piramide e allora se una persona non può muovere le mani per farsi una sega o toccare una donna solo perché una donna in quella stanza con lui non ci starebbe mai perché lui sta su una sedia a rotelle e il mondo che gli sta attorno lo descrive impotente e lui invece dentro se lo dice tutti i giorni che la potenza ce l’ha ma resta ferma tra le gambe, inespressa, e se si esprime poi si deprime che non ha modi di esprimersi, che gli dici? Che deve abituarsi a stare senza bisogni fondamentali? Eppure mangia, dorme e respira. Ma il sesso, no. Perché stare vicino ad un handicappato richiede tanto amore, pazienza e pace interiore e ci vorrebbe una santa per sopportarli. E il sesso le sante di solito lo mettono da parte perché hanno altro a cui pensare. E allora, cosa fai?
Se sei disabile e non hai qualcuno che ti desidera anche così, che ci fai con quella potenza?
Alla prima occasione ti viene voglia di ucciderti.
Ma se sei uno di quelli che manco a far quello ce la fanno, ti resta la depressione.
Il sesso è una necessità per i miei pazienti.
Anche per non morire di vergogna.
Perché quando sbatti la testa contro il muro e l’unica cosa che vorresti è sentire caldo addosso e arrivi ad umiliarti per supplicare tuo padre di sfiorarti in mezzo alle gambe che non ce la fai più e a suon di urlare diventi bestia e tuo padre, che ti ama, pur di farti smettere di essere bestia lo fa, poi, quando tutto si calma, ti viene da avere la forza di muoverle quelle mani, quelle gambe, per sollevarti e andare a toglierti tutto lo sporco di dosso con la paglietta, quella che si usa per lavare le stoviglie e vorresti esser capace di strofinarti all’infinito, finché lo sporco lascia posto al sangue.
Gli altri, quelli che camminano, che si possono mettere a proporsi ad una donna dalla posizione eretta, che non hanno niente che non gli funziona in giro per il corpo, che si possono masturbare dove vogliono, storceranno il naso. Queste cose non si fanno e se si fanno non si dicono.
Non è corretto. E’ immorale.
Se fossimo giusti dovremmo lasciarci liberi di decidere se restare o andarsene, per prima cosa, no? E invece stiamo in un posto dove suicidarsi è un peccato e pensare all’eutanasia, quando sei in un corpo privo di tutti i comandi, è un reato.
Viviamo in una società dove se sei fallato, non ti gasano più, per fortuna, ma ti riempiono la testa del “questo non si fa”.
Figuriamoci parlare di sesso dei disabili, con i disabili, tra disabili.
E’ una mostruosità.
Potrebbero esserci persone che si approfittano di loro.
Io a chi mi fa certe domande, che si capisce che c’è quel sottofondo moralista da puzza sotto il naso, lo chiedo.
Ma te che faresti se non potessi mai più fare sesso, mai più toccare o essere toccato?
Impazzirei, è la risposta più frequente che ricevo.
Ecco, io, i miei clienti non li lascio impazzire.
Libero i loro genitori da squallide catene fatte di paura e vergogna, ci penso io a sporcarmi le mani. Sto ridendo mentre lo dico.
Che poi il sesso è bello proprio se è sporco. Lo spiego ai miei clienti che i loro umori, che all’inizio sono loro che lo dicono che quella cosa unta è lo sporco che hanno dentro, segno che si vergognano di star bene, in realtà è un pezzo di loro che ha bisogno di uscire e vagare, come l’acqua fresca che se la lasci scorrere è buonissima da bere e se invece la tieni dentro la bottiglia al sole prima o poi sa di stantio, di morto.
E allora io glielo spiego che se vogliono vivere, possono anche far uscire.
Sia chiaro, io un lavoro ce l’ho, faccio la commessa in un negozio, ho una divisa, giacca nera su gonna nera, calze nere, scarpe nere tacco quattro, estate e inverno.
Tengo i capelli raccolti, porto gli occhiali scuri che sembro una professoressa del mio vecchio liceo classico. Ho 50 anni. Lavoro dalle 9 alle 17. Poi chiudo e accendo il secondo cellulare, apro l’agendina e salgo in macchina e vado da Pietro o da Aldo, da Marisa o dal Gianni. Uso solo le mani e a loro va benissimo.
A volte, quando ho finito, non vado subito via. Ci sono genitori, fratelli, cugini che mi chiedono di restare, mi offrono il caffè o mi preparano la cena. Non si parla mai di quello che faccio, si parla della vita, della mia e della loro. Si parla delle cose di tutti i giorni, dei pannoloni e dei cateteri, dei soldi che non bastano e delle medicine che sono sempre troppe, dei film da vedere, della musica da ascoltare.
A volte torno a casa con i pacchettini pieni di dolci fatti in casa.
E me li mangio in silenzio, da sola, a casa.
Loro, a me, non darebbero mai della puttana.
http://www.lestoriedimitia.it/wp/tag...-per-disabili/
Ultima modifica di Usher; 8/12/2012 alle 13:46
@Mister White si chiama studio dell'anatomia.
Se hai una lesione alla colonna che ti impedisce di muovere le mani non muovi tutto ciò che è comandato dalla colonna sotto la lesione.
Ripeto, SE non muovi le mani.
Non sto dicendo che tutti quello sulla sedia a rotelle non possano avere un'erezione.
Non è che tutti i disabili che hanno problemi alle mani li hanno per una lesione spinale però.