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Default Grecia

  1. #21
    Scrivano Lucien
    Uomo 40 anni da Imperia
    Iscrizione: 10/10/2008
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    Starà che sono un rudere che non capisce una sega di economia, ma io penso che noi ci siamo tagliati l'uccello quando abbiamo cominciato a lasciar delocalizzare le nostre industrie: le varie OMSA e Fiat dovevamo schiantarle di tasse quando hanno deciso di portare la produzione all'estero, ed agevolarle se invece mantenevano la produzione in Italia. Uno stato non può sopravvivere di cazzate del terziario, ci vuole una base industriale che produca lavoro vero, non possiamo fare tutti i dipendenti statali o le marionette da call center.


  2. #22
    Zeitgeist
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    Starà che sono un rudere che non capisce una sega di economia, ma io penso che noi ci siamo tagliati l'uccello quando abbiamo cominciato a lasciar delocalizzare le nostre industrie: le varie OMSA e Fiat dovevamo schiantarle di tasse quando hanno deciso di portare la produzione all'estero, ed agevolarle se invece mantenevano la produzione in Italia. Uno stato non può sopravvivere di cazzate del terziario, ci vuole una base industriale che produca lavoro vero, non possiamo fare tutti i dipendenti statali o le marionette da call center.

    Facciamo che sei un imprenditore che ha investito 100 mila euro nella sua azienda. Vedi che dopo 30 anni non guadagni più, chessò, 500 mila euro all'anno bensì 100 mila. I tuoi operai chiedono continui rialzi dello stipendio e lo Stato ti tassa al 50% sui tuoi guadagni. Tu fai presente allo Stato che se continua a tassarti così andrai a produrre in un altro paese. Facciamo che lo Stato se ne frega di te e tu hai la possibilità di investire nell'Est europeo dove investendo 10 mila euro ne guadagni 100 mila ed hai meno problemi su stipendi e tasse. Che fai?

    Io dico che se non sei idiota, 100 volte su 100 porti i tuoi soldi in Polonia.

  3. #23
    SS-Hauptsturmführer Wittmann
    Uomo 42 anni da Reggio Emilia
    Iscrizione: 21/12/2007
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    Quello purtroppo è uno dei grossi problemi che affliggono quasi tutte le economie europee e usa (in alcuni posti più in altri meno).
    Ovvio infatti che non si può comandare o imporre a un imprenditore dove aprire una fabbrica, se acquistare componenti da una parte piuttosto che dall'altra, ecc.
    Tendenzialmente, come dice il nome stesso, una società a scopo di lucro ha il fine di realizzare ed ottimizzare i suoi profitti; la solidarietà o scopi sociali/assistenziali non rientrano sicuramente tra le priorità.
    Quindi, per riprendere un esempio attuale, se uno ha una fabbrica in Italia che produce 100.000 calze all'anno,costa 10milioni e fa guadagnare 10.000euro, e gli offrono la prospettiva di produrre 150.000 calze all'anno spendendo 3 milioni e guadagnando 500.000 spostando la produzione in serbia, è scontato che prima o poi lo farà (soprattutto se i suoi concorrenti fanno lo stesso e si trova in un mercato saturo o comunque con una concorrenza che affronta costi molto minori dei suoi).
    Stessa cosa vale per il mercato dell'auto, dell'elettronica, ecc.
    Brutto da dire ma ormai ha economicamente poco senso installare una attività produttiva in un paese come l'italia...perchè mai dovresti farlo? Per pagare tantissime tasse, avere scarsi servizi, affrontare un mercato del lavoro costosissimo e un mondo sindacale che è rimasto alla mentalità di 60 anni fa, essere sommerso di burocrazia, normative confuse e difficili, una giustizia lenta e inefficiente, corruzione, criminalità, ecc.?

  4. #24
    Scrivano Lucien
    Uomo 40 anni da Imperia
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    Facciamo che sei un imprenditore che ha investito 100 mila euro nella sua azienda. Vedi che dopo 30 anni non guadagni più, chessò, 500 mila euro all'anno bensì 100 mila. I tuoi operai chiedono continui rialzi dello stipendio e lo Stato ti tassa al 50% sui tuoi guadagni. Tu fai presente allo Stato che se continua a tassarti così andrai a produrre in un altro paese. Facciamo che lo Stato se ne frega di te e tu hai la possibilità di investire nell'Est europeo dove investendo 10 mila euro ne guadagni 100 mila ed hai meno problemi su stipendi e tasse. Che fai?

    Io dico che se non sei idiota, 100 volte su 100 porti i tuoi soldi in Polonia.
    Ma infatti, non dovevamo lasciarli andar via, bisognava mettere in atto una politica del bastone e della carota, magari finanziando gli sgravi a chi resta con le tasse imposte a chi delocalizza, o anche rinunciando del tutto ad una parte delle entrate, nell'ipotesi impossibile che tutti fossero rimasti. Chi porta via un'industria da un territorio lo fa morire, priva la comunità di un bene essenziale, e dovrebbe pagare salato per questo, tanto salato da non avere più convenienza a delocalizzare. E invece no, abbiamo lasciato fare.
    Comincio ad avere il sospetto che il neoliberismo sia stato applicato alla politica un po' ovunque come un modo di governare fottendosene delle conseguenze della propria ignavia.

  5. #25
    Zeitgeist
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    Ma infatti, non dovevamo lasciarli andar via, bisognava mettere in atto una politica del bastone e della carota, magari finanziando gli sgravi a chi resta con le tasse imposte a chi delocalizza, o anche rinunciando del tutto ad una parte delle entrate, nell'ipotesi impossibile che tutti fossero rimasti. Chi porta via un'industria da un territorio lo fa morire, priva la comunità di un bene essenziale, e dovrebbe pagare salato per questo, tanto salato da non avere più convenienza a delocalizzare. E invece no, abbiamo lasciato fare.
    Comincio ad avere il sospetto che il neoliberismo sia stato applicato alla politica un po' ovunque come un modo di governare fottendosene delle conseguenze della propria ignavia.

    Se fai un discorso del genere a qualsiasi impresa privata, chiude i battenti e va ad investire in India o in Brasile. E lo ritengo pure corretto.

    Per il discorso che fai tu, bisognerebbe nazionalizzare tutte le grandi aziende.

  6. #26
    SS-Hauptsturmführer Wittmann
    Uomo 42 anni da Reggio Emilia
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    Chi porta via un'industria da un territorio lo fa morire, priva la comunità di un bene essenziale, e dovrebbe pagare salato per questo, tanto salato da non avere più convenienza a delocalizzare. E invece no, abbiamo lasciato fare.
    Non si può impedire d'imperio un fenomeno economico del genere, otterresti l'effetto di tenere alla larga investitori esteri (chi investirebbe in un paese con la prospettiva in pratica di essere obbligato ad assumere, rimanere li per sempre, non licenziare mai) e comunque chi vuole delocalizzare lo farebbe in altri modi indiretti (invece che spostare, basterebbe lasciare andare a tro*e o fallire l'azienda qua e poi aprirne una nuova di zecca all'estero).
    Si può solo cercare di rendere "meno vantaggioso" andarsene (ormai è impossibile per noi rendere vantaggioso rimanere) cercando di migliorare le condizioni qui, anche se ahimè tutto rema contro (prima ho fatto una serie di esempi, ma pensa anche all'elettricità, tra le più care d'europa, costi dei trasporti e dei carburanti, idem, materie prime inesistenti, vincoli di 1000 tipi, rigidità nel lavoro, tassazione elevata).
    In ogni caso, è bene ricordarlo, il bene essenziale della comunità di cui parli rimane pur sempre "dell'imprenditore", non è un qualcosa di statale..dopo che è stata creata una attività è facile abituarsi alla sua presenza e alla ricchezza che genera, ma non mi sento di accusarlo e quasi sostenere che "deruba" il territorio di qualcosa...è pur sempre una sua creazione, che se non fosse stato per lui non sarebbe neanche esistita..

  7. #27
    Scrivano Lucien
    Uomo 40 anni da Imperia
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    Ma se le cose stanno così non ci resta che il fallimento o un'esistenza da schiavi. Sperare che lo stato riesca a recuperare una parte dei 300 miliardi di evasione o dei 60 miliardi di corruzione per alleviare la pressione fiscale è utopico (non c'è riuscito nemmeno Mussolini...); trattenere il lavoro con le buone o con le cattive non si può; l'unica via d'uscita che resta è il piegarci noi a lavorare alla paga e alle condizioni dei cinesi perché torni ad essere conveniente dar lavoro gli italiani...

    E il primo sociologo che denuncerà la crisi demografica, il primo economista che si lamenterà che non risparmiamo e che non consumiamo, li manderemo tutti in coro a fare in...

  8. #28
    SS-Hauptsturmführer Wittmann
    Uomo 42 anni da Reggio Emilia
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    Grecia: Standard and Poor's taglia rating a SD, default selettivo

    Nella tarda serata di ieri Standard & Poor's ha tagliato il rating della Grecia a SD, livello corrispondente a "default selettivo", per tenere conto della nuova ristrutturazione del debito ellenico approvata venerdi'.

    28/2 - Dopo il nuovo downgrade del rating di Atene, la Banca centrale europea ha annunciato oggi che cessera' di accettare temporaneamente a garanzia di finanziamenti titoli di stato emessi o garantiti dallo stato greco . Il provvedimento riguarda soprattutto le banche greche per la loro elevata esposizione al debito sovrano nazionale.
    La decisione della Bce segue la cancellazione del rating sulla Grecia da parte dell'agenzia Standard & Poor's: il giudizio sui titoli di Atene e' infatti passato dal livello CC a quello di "selective default" alla luce delle dichiarazioni del governo greco sull'obbligo di concambio imposto ai creditori sul proprio debito pubblico

  9. #29
    SS-Hauptsturmführer Wittmann
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    GRECIA: DOWNGRADE DI MOODY'S A "SPAZZATURA"
    New York, 3 mar. - La decisione annunciata nella notte da Moody's di tagliare ulteriormente il rating della Grecia a 'spazzatura', abbassandolo a C da Ca, e' un nuovo campanello d'allarme che Atene si sta avvicinando al livello del default.
    Si tratta infatti del gradino piu' basso della valutazione nella scala dell'agenzia internazionale. Nei giorni scorsi Standard e Poor's 1 aveva tagliato il rating ellenico a "default selettivo" mentre Fitch l'aveva ridotto a C da CCC, prevedendo un "default nel breve termine".
    A provocare un nuovo crollo del rating della Grecia e' stato il lancio dell'operazione di haircut del debito in mano a investitori privati, che per Moody's implichera' "perdite superiori al 70%" per chi ha titoli greci in portafoglio. Per l'agenzia, inoltre, Atene "affrontera' comunque problemi di solvibilita' a medio termine" perche' dovra' tornare sul mercato una volta esauriti i fondi del secondo pacchetto di aiuti, e le le riforme annunciate "avranno rischi di attuazione molto significativi.

    ********
    UE: deviazione deficit Spagna in 2011 è grave

    La "deviazione" dal target di deficit della Spagna è "grave" e "seria". In novembre era stato comunicato uno scostamento del 2% e che "ora è diventato del 2,5%".

    Il rapporto deficit/pil del paese iberico nel 2011 si è infatti attestato allo 8,51%, rispetto al già alto 6% stimato dal precedente governo.
    La situazione è delicatissima;Madrid rimane ben lontana dagli obiettivi fissati e ben difficilmente potrà mantenere l'impegno assunto in sede UE di contenere il deficit dell'anno corrente entro il 4,4%, stima elaborata su una previsione di crescita del pil del 2,3% mentre secondo le ultime previsioni il paese dovrebbe subire una recessione dell'1%.
    Bruxelles striglia Madrid sui conti pubblici - Il Sole 24 ORE
    Ultima modifica di Wittmann; 7/3/2012 alle 10:34

  10. #30
    Emrys
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    Eccoci qua...fino a che punto arriveremo? Stiamo toccando veramente il fondo.

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