14-Dic-2009 Autori e Industria di contenuti, rischio di penalizzazione
La copia privata è un compenso, non una tassa Il compenso per copia privata non è una tassa, ma una remunerazione per il lavoro di autori, editori, produttori, artisti interpreti. L’intera industria di contenuti e l’intero mondo della cultura sono consapevoli dell’importanza di questo fatto. Non riadeguare le tariffe per questo diritto e non rapportarle alle nuove tecnologie, significa penalizzare fortemente l’intera industria italiana dei contenuti. Per questa ragione la Siae ha replicato fermamente a chi si oppone ai diritti degli autori e dell’industria culturale, rifiutando di adeguare – secondo lo spirito delle norme – i compensi alle nuove tecnologie, come avviene o è già avvenuto in altri Paesi europei. Esemplare in questo senso, la presa di posizione dell’a.d di Fastweb Stefano Parisi che, a nome di Asstel, l’associazione che raccoglie gli operatori telefonici, ha stigmatizzato il fatto che la “Siae vorrebbe estendere la tassa attualmente in vigore sugli apparati che consentono la duplicazione dei contenuti, come i videoregistratori e i masterizzatori anche ai telefonini e ai pc”. Stupisce l’estrema approssimazione con la quale Stefano Parisi, persona informata e qualificata, affronta la questione della copia privata. La copia privata è la possibilità che nella stragrande maggioranza dei Paesi europei (in Gran Bretagna è vietata) viene data all’utente di effettuare una copia personale delle opere dell’ingegno fono e video. Una direttiva europea del 2001 stabilisce che a fronte di questa possibilità offerta all’utente venga corrisposto un equo compenso ai titolari dei diritti delle opere riprodotte per uso privato (autori, produttori fono, produttori video, artisti interpreti ed esecutori). Tale compenso già oggi è applicato sui supporti tradizionali cd dvd ecc. In tutti i Paesi europei i nuovi prodotti, frutto delle nuove tecnologie di riproduzione ( telefoni cellulari, hard disk, chiavette usb ecc.) vedono anch’essi l’applicazione di questo compenso: solo in Italia, da più di sei anni, questi prodotti sfuggono alla giusta remunerazione dei titolari dei diritti. L’Italia può dirsi una sorta di “paradiso” per l’industria dell’ICT che, mentre corrisponde tali diritti all’estero, vorrebbe continuare a non corrisponderli nel nostro Paese. I prezzi di questi prodotti tecnologici, però, in Italia non sono minori che all’estero, in taluni casi sono ancora più alti. Dove finiscono dunque i compensi che i produttori di ICT dovrebbero corrispondere in Italia ai titolari dei diritti? E’ da precisare che l’ente pubblico SIAE incassa e riversa ai titolari dei diritti i compensi di copia privata: è strumentale e demagogico ritenere che su questa posta la SIAE voglia provvedere ad esigenze di bilancio di cui non ha bisogno. La verità è che è sempre comodo attaccare la SIAE, senza pensare ai danni economici di tutto quel mondo industriale e artistico che ruota intorno ai “contenuti” dell’ICT. Questi contenuti sono già pagati dai consumatori sui quali non dovrà cadere nessun aggravio. Infatti il prezzo del prodotto tecnologico che oggi si acquista non dovrà aumentare, ma come avviene in tutta Europa, l’equo compenso dovrà remunerare i veri titolari dei diritti . L’unica valutazione di Stefano Parisi che può essere condivisa riguarda la grande sensibilità che il Ministro Bondi ha già dimostrato nell’inaugurare il tavolo di consultazione sul decreto, rispetto al quale, peraltro, non risulta previsto dalla legge il concerto con il Ministro dello Sviluppo economico. Il Ministro Bondi ha infatti sottolineato con forza come sia necessario- senza gravare sui consumatori- trovare il giusto equilibrio tra gli interessi dell’industria dell’ICT ed i giusti diritti di chi, a tutti i livelli, produce cultura nel nostro Paese.