Il tema l’abbiamo già toccato, ma è bene tornarci su. E per farlo, invece di scrivere io, vi riporto un pezzo che ha segnalato come al solito l’ottimo Zambardino. E’ un pezzo di Alessandro Longo, su Apogeo Oline, che spiega bene i limiti e i rischi della delibera di Agcom
La linea dura che Agcom sembra intenzionata a perseguire, contro i siti accusati di facilitare la pirateria, espone internet a vari rischi. È questa l’opinione comune di tutti gli esperti che si sono espressi a riguardo, oltre alle associazioni che hanno lanciato la protesta, tramite Sitononraggiungibile. Questo sito è stato bloccato da un attacco informatico che ha fatto gravi danni, a conferma di quanta tensione c’è da entrambe le parti della barricata. Il polverone della protesta, il desiderio e forse la necessità di gridare più degli altri sono nemici però della comprensione razionale. Rischia insomma di sfuggire il problema di fondo: che cosa rischia davvero il web italiano e perché? Perché una delibera che, a detta dei fautori, andrà a colpire solo i siti e i contenuti che danneggiano il copyright – bloccandone l’accesso dall’Italia – viene accusata da tanti esperti di essere una forma di censura di internet?
Il cuore del problemaNon è un passaggio logico scontato. Agcom e l’industria del copyright (ai cui interessi guarda la delibera) potrebbero avere gioco facile a convincere i molti che l’azione è limitati a siti «della stregua di The Pirate Bay». È la tesi ribadita da Enzo Mazza, presidente della Federazione industria musicale italiana. Il quale inoltre cita leggi a supporto del diritto di Agcom a intervenire in materia. In realtà il punto da mettere a fuoco non è tanto l’oggetto del contendere (la pirateria), quanto le modalità. Che sono tali da esporre a rischi la libertà di espressione e di accesso a informazioni diverse dalla pura e semplice pirateria. Ad oggi c’è solo un testo provvisorio della delibera, ma l’idea che circola in queste ore è che quello definitivo sarà uguale nella sostanza e sarà approvato prima dell’estate, dopo 15 giorni di consultazione pubblica. Molto in fretta, quindi.
Ed è proprio la fretta il nodo della questione. Su questo concordano Guido Scorza e Fulvio Sarzana, avvocati esperti di diritto in rete (il secondo è promotore di Sitononraggiungibile). Le premesse sono tali da lasciare pensare che fretta e superficialità potrebbero caratterizzare non solo la nascita ma anche l’applicazione della delibera. «L’Agcom riceverà le segnalazioni e non le vaglierà perché non ha il tempo e il modo», dice Sarzana. Ha risorse contingentate e non è previsto che aumentino per espletare i nuovi compiti assegnati dalla delibera. Una spia di questo c’è nel testo della bozza, dove si legge che «l’Autorità si auspica che tutto diventi automatico». L’Hadopi ha mandato 400.000 lettere agli utenti colti a fare pirateria. Nel caso di Agcom, si tratta di siti, il che non è meno complesso. «Il diritto d’autore non è la pedopornografia o le scommesse online. Per decidere quello che è lecito o quello che non è lecito ci vuole del tempo e della serenità di giudizio e bisogna conoscere gli strumenti della rete, altrimenti ad esempio il blocco Ip oscurerà siti che non c’entrano assolutamente niente», aggiunge.
Con la scusa del copyrightPotranno finire nel mucchio, insomma, tanti siti che con la pirateria non c’entrano niente. Alcuni perché sono stranieri e quindi Agcom non può facilmente ottenere da loro che rimuovano singoli contenuti “pirata”. Oscurerà quindi il relativo Ip (misura descritta nella bozza di delibera). Il rischio sostanziale è che gli italiani non riusciranno a vedere siti esteri leciti e magari anche con informazioni utili, solo perché sullo stesso Ip oscurato. Sui siti italiani, invece, Agcom può fare oscuramenti più chirurgici. Qui il rischio, forse più remoto, è quello indicato da Scorza: con la scusa del diritto d’autore, bloccare video di denuncia che usano spezzoni di filmato o musiche coperte da copyright. Oscuramenti sommari (per faciloneria o malafede) già ci sono adesso, del resto. Figuriamoci quando il compito passerà dalla magistratura (con i suoi tempi e garanzie) ad Agcom.
Ultimo caso, Mediaset ha scritto a YouTube dicendo che c’erano due video “pirata” sul canale dell’Unione Nazionale Consumatori. Video di qualche minuto tratti da Le Iene e Striscia la notizia nel quale il suo segretario generale parlava di alcune truffe ai danni dei consumatori). Ebbene, dopo una procedura di notice and take down super veloce (due giorni), YouTube ha cancellato l’intero canale dell’associazione, con tutti i video anche autoprodotti. Senza dare possibilità di replica. La libertà d’espressione è già messa in pericolo dalla faciloneria delle piattaforme internazionali di hosting; rendere sistematici gli oscuramenti per volontà di Agcom può solo peggiorare le cose.
Come andrà a finire?Agcom probabilmente andrà avanti lo stesso. È fortemente intenzionata a farlo, come dimostra la rimozione del solo commissario che poteva rischiare di allungare i tempi e di battagliare sul testo della delibera. La battaglia però andrà avanti, al Tar del Lazio ed eventualmente a Bruxelles. Sarzana e Scorza sono convinti che la delibera, in questi termini, non ha fondamento giuridico. Per vari motivi. Il decreto Romani dà ad Agcom il potere di fare un regolamento solo sui fornitori di servizi media audiovisivi e non anche sui siti privati; il procedimento che Agcom vorrebbe adottare è privo di una copertura normativa, secondo i due avvocati. Il decreto legislativo 70 dà infatti alle autorità il potere di vigilanza, non quello di intervenire con provvedimenti quali l’inibizione dei siti web che spettano sempre e solo alla magistratura, come ha chiarito la Corte di Cassazione nel caso The Pirate Bay.
Il decreto Urbani dà espressamente questo compito al dipartimento di Pubblica Sicurezza presso il ministero dell’Interno e non all’Agcom. Insomma, è ancora una volta il procedimento che Agcom vorrebbe adottare il succo del problema: è fonte dei rischi per la libertà di espressione ma anche offre il fianco per far bloccare la delibera. Sempre che il governo non cambi le leggi con un decreto, per dare copertura normativa ad Agcom, oltre quanto già iscritto nel Romani. A fronte di tali questioni, gli avversari della delibera (tra cui c’è anche Paolo Gentiloni del Pd) mirano a spostare in Parlamento il dibattito su una revisione della tutela del diritto d’autore online.
fonte: Larepubblica.it