Vi mostro un pezzo di me...
"Il suono della campanella risvegliò Sarah dai suoi pensieri. Istintivamente prese il libro di storia, lo mise in cartella e si alzò per prendere il giubbotto. Il chiacchiericcio delle sue compagne era diventato solo un rumore di sottofondo. Certo, si sarebbe potuta fermare a parlare con loro come faceva quasi ogni giorno, fingendo di essere interessata ai loro stupidi discorsi su come avere delle gambe lisce e perfette dopo la depilazione o su come far scomparire le occhiaie con un semplice correttore, ma quel giorno no. Quella era una delle solite mattine grigie in cui Sarah si svegliava con il cuore pieno di malinconia, rimaneva con lo sguardo fisso nel vuoto mentre i suoi pensieri galoppano verso il nulla. Sentiva che il cuore soffocava, ma rimaneva lì immobile a non far nulla, non riusciva nemmeno a piangere. La tristezza le scivolava addosso lentamente e ad ogni respiro sentiva il petto farsi più pesante e ogni battito più doloroso. In quel momento l’unico suo desiderio era sedersi sul treno affollato e far danzare i suoi pensieri con la musica fino a creare un dolce vortice di confusione dal quale voleva disperatamente essere sommersa.
Così uscì dalla classe in fretta e furia ignorando completamente il resto del mondo e si precipitò giù per le scale. Fuori il freddo era pungente perciò si strinse nel giubbotto caldo e alzò il passo camminando verso la stazione che fortunatamente non era molto distante. E intanto Sarah pensava, pensava e pensava. Alla scuola, alla sua famiglia, ai suoi amici ma soprattutto a com’era cambiata la sua vita negli ultimi anni. Sin da quando era piccola era sempre stata circondata da persone che le volevano bene e che le dimostravano il loro affetto ogni volta che potevano. Ma adesso? Era sola: erano tutti troppo occupati, troppo presi dai loro problemi per prestare attenzione anche ai suoi discorsi più semplici. Eh sì, perché se c’era una cosa che Sarah aveva imparato dalla vita era che ognuno pensava solo a se stesso. Fino a quel momento non aveva mai conosciuto nessuno che si preoccupasse sinceramente e spontaneamente dei problemi altrui, a parte se stessa. Tante, forse troppe volte si era lasciata coinvolgere dai sentimenti di coloro che dicevano di essere sue amiche: le aveva ascoltate con interesse quando avevano bisogno di sfogarsi con qualcuno, aveva sempre cercato di capirle e di dare loro buoni consigli, ma alla fine cosa aveva ricevuto? Niente. Ogni volta che cercava di parlare con loro dei suoi problemi le sembrava sempre che si limitassero a sentire le sue parole, ad annuire e, appena potevano, cambiare discorso. Ovviamente un discorso più interessante e che magari avesse loro come protagoniste. Chiedere di avere, almeno per una volta, la loro completa e sincera attenzione era forse pretendere troppo?"