Sbavature
Ci affacciamo dal belvedere della collina. La prima cosa che vedo, appena si avvicina a me, sono gli occhi rossi di pianto. So di essere il motivo delle lacrime. Vorrei scusarmi, dirle che non volevo allontanarla, respingerla o ferirla e che in realtà la mia testa è così piena di lei da rischiare di esplodere. Ma ho il terrore di avvicinarmi a lei. Ho paura di prenderle la mano.
Così resto fermo a guardare il mare di marzo illuminato dalla luna, il golfo e le luci del lungomare. È il primo giorno di primavera. Fra le fessure del muretto di pietra, il muschio e la polvere, c'è già una margherita. Lei la strappa via. Vorrei dirle di non farlo, di non toccare le cose belle. Che adesso il primo fiore di questa primavera appassirà. Vorrei dirle di lasciare quel fiore fermo, immobile fra noi due.
«Ora mi spieghi cosa ci facciamo qui?»
«Volevo scusarmi per prima»
Mi sento in colpa. Eravamo al pub prima, tutti insieme. E io ho parlato di una vita perfetta, di una mia fidanzata perfetta, di un mio lavoro perfetto. Di un mio ordine preciso e maniacale in un quadro tecnicamente perfetto. Ho mentito. In realtà nulla è perfetto, ma tutto funziona. Ho una ragazza che va bene, in una vita che va bene, con un lavoro che va bene. Ho inventato quei dettagli perché il mio quadro non sarà perfetto, ma funziona.
«Se la tua vita è davvero così perfetta come dicevi prima» dice a voce bassa, asciugando una lacrima con la manica del cappotto «che cosa vuoi da me?»
La mia vita è ordinata. Ogni cosa ha il suo posto. Non saprei trovare un solo problema a tutto l'ordine che ho intorno. Ma se tutto fosse così ordinato, che mai ci farei io qui? Sono tornato dove sono cresciuto. Ho ritrovato volti conosciuti e un volto nuovo come la margherita che cresce nella polvere di un muretto. Una cosa piccola e semplice che domina uno dei paesaggi più belli che i miei occhi abbiano visto.
«A nessuno piacciono le cose perfette»
«Tu mi hai baciata, inseguita, cercata, chiamata, ossessionata, convinta e poi mi hai rifiutata, sminuita, umiliata, allontanata, ferita e alla fine mi hai costretta a seguirti fino a qui. Che vuoi?»
«Una macchia di colore. Una minuscola sbavatura che mi dia un motivo per sentirmi ancora vivo. Una piccolissima macchia rossa come il sangue, che mi ferisca ma che mi faccia provare qualcosa, anche dolore. O rossa come il fuoco, una sola fiamma ancora in grado di riscaldarmi»
Sono forse impazzito. Le parole fuggono dalle mie labbra senza più controllo. Il mio corpo è immobile e sono terrorizzato, da quel che sto facendo, dal pennello che ho in mano e da quella piccolissima sbavatura che distruggerà l'equilibrio delle figure.
Sono come un bambino che ha paura dei sogni perché sa possono diventare incubi, che ha paura delle cose belle perché sa che finiscono e preferisce avere un ordine perfetto e noioso al più bello dei disordini, per paura di non poter dominare, controllare...
Non ho neppure il tempo di ordinare questi pensieri.
Sospiro. Lei ha già posato la sua mano sulla mia, con la margherita ancora intrecciata fra le dita.
Effetto Placebo
Un Venerdì notte di fine Marzo. Si sente la primavera. È appena arrivata la stagione dei fiori, e si sente.
La notte è fresca, godibile, come la loro birra preferita. E a loro volta sembrano due fiori. Nel mezzo della loro personalissima Primavera.
"Dovresti smetterla di scappare da parte a parte dell'Italia. Mi mancano notti come questa."
"E tu dovresti smetterla di fare il sentimentale. Sei fastidioso."
L'altro sorride. Non dà peso alle sue parole. Gli porge una birra mentre gli sfila le sigarette di mano e ne accende una.
"Va' che non è per te, eh. È che 'sto mese che sei mancato mica potevo venire qui a bere da solo? E sono rimasto sobrio un mese. Non pensi mai al mio benessere, stronzo."
"Ti senti soddisfatto a dire queste cazzate?"
"Tanto."
Annuisce e sorride buttando giù un lungo sorso. La semplicità e la genuinità dell'amico sono un posto felice per lui. O quantomeno, sereno.
"Mi manca."
Deglutisce nel dirlo. È uno squarcio quella frase. Rischia di rovinare quella serenità.
"Lo so che manca anche a te bere la birra con me. Non c'è bisogno di dirlo, amoruccio."
La butta nello scherzo. L'amico sta denudando l'anima, cosa che riesce a fare solo con lui, e cerca di togliergli il disagio del caso.
"Mi manca..."
Stavolta lo dice a bassa voce. Quasi come se lo stesse dicendo a sé stesso, vergognandosi.
"Chi?"
Finge di non capire, ma sa che con lui le porte vanno aperte piano.
L'altro sorride nervosamente. Butta la cicca e la lattina vuota. Va a prenderne un'altra in auto.
"È tutto così stupido, Diè. È tutto così irreale, ridicolo e stupido."
Urla mentre fruga sui sedili posteriori, di spalle all'amico seduto sul muretto del parcheggio a qualche metro di distanza, incurante dell'ora e del luogo in cui si trovano.
"Cosa è stupido? L'amore? Non fare questi discorsi da filosofante. Non è il tuo stile."
"È stupido che io possa stare così. È stupido che mi manchi ancora dopo tutto questo tempo. È stupido ed è ingiusto che una donna possa fare tutto questo semplicemente non essendoci."
"Anche Zeus aveva la sua Giunone..."
"Già."
"Non si è mai abbastanza "grandi" per amare, e lo sai. E sai anche che non puoi farci niente."
"E so anche che tornerei subito. So che ci sto ancora pensando. So che lei ha un'altra vita, e io pure. So che quando mi va bene siamo a 500 km di distanza."
"Beh, finché è su questa Terra, non siete poi così lontani."
"Darei tutto perché lo fossimo, se dobbiamo stare vicini in questo stato."
"Questa cattiveria gratuita non è necessaria."
"Quale cattiveria?"
"Quella che usi su di te."
Sorride nervosamente. Di nuovo. Beve, sospira, scende dal muretto.
"Non c'è ragione di non essere cattivi."
"Nemmeno di non farsi una ragione che le cose belle si pagano. E se il prezzo da pagare è sentirne la mancanza, così sia."
"È il prezzo più alto possibile. E il più crudele. Ed è a vita."
"Non c'è solo quello. Hai anche altro. Hai molto altro. Sta a te. Puoi andare avanti. Basta volerlo."
"Già, basta volerlo."
"Cristo. Hai il mondo ai tuoi piedi, e il meglio che riesci a fare è provare a calpestarlo?"
"Da quando puoi usare le mie frasi contro di me?"
"Sono il tuo terapeuta. Posso e devo."
"Non ho bisogno di un terapeuta. Ho bisogno di un po' d'anima, visto che sono in debito."
"Figurati. Sei forse la persona più munita d'anima che conosco."
"Sì, ma è storpia. Traviata."
"Troverai un placebo che te la rimetterà in sesto."
"Hmpf. E se l'effetto placebo entra in gioco quando sei convinto che la pillola sia un veleno?"
"Muori di un male immaginario, suppongo."
"Già. Un male immaginario."
Butta fuori il fumo.
"E io ne ho il terrore."