La seconda mano di squalifica ha giustiziato Sal Da Vinci, Al Bano, Nicky Nicolai & Stefano Di Battista, la coppia che con Più sole aveva alzato il livello qualitativo di questo Festival. Rimane da capire se i giurati in sala rappresentino il gusto del pubblico a casa. Il loro atteggiamento all’Ariston continua a lasciare perplessi. Dovrebbero celare l’orientamento del voto invece sembrano una claque, ed è certo che Renga, per la seconda volta accolto col coro sgolato di “Angelo”, non temeva l’esclusione, né la temeva Patty Pravo che per E io verrò un giorno là ha avuto una standing ovation. Di rendita dal passato, perché la voce non c’era nemmeno stasera, ma in compenso c'era il nude look. La terna che, a naso, gravita attorno al podio è composta da Francesco Renga, Dolcenera, Marco Carta.
La seconda tappa della maratona è iniziata con la scena dell’Amadeus di Milos Forman in cui Mozart, moribondo, detta a Salieri il Confutatis maledictis, in un sottile duello fra genio e talento. All’Ariston il Requiem è sfociato in The Wall dei Pink Floyd (due capolavori composti da chi di demoni interiori se ne intendeva) attraverso un gioco di rimandi e sovrapposizione fra orchestra residente e Coro Jubilate, formato da medici, infermieri,ferrovieri, insegnanti, pensionati, studenti (uno dei pezzi da novanta è un operaio che fa i turni di notte in fabbrica). Il direttore Paolo Alli l’ha definita «una vera scuola di convivenza dove il risultato di insieme è superiore alla somma delle parti grazie alla passione condivisa». Ha definito un esperimento riuscito l’unione col mondo frivolo di Sanremo dove ha trovato grandi professionisti ma il Nessun Dorma di Mina, ieri, non l’ha proprio digerito («Interessante la rielaborazione che ha tentato ma ho perplessità sulla tenuta vocale. L’avrei fatta meno ardita»).
Le emittenti radiofoniche hanno cominciato stamattina la loro opera di evangelizzazione e Biancaneve di Alexia-Lavezzi, Luca era gay (che a Genova Povia si traduca “povera” significherà qualcosa?), Vivi per un miracolo dei Gemelli Diversi, ci sembra di conoscerle da sempre. Il trio di L’opportunità (rinominato dal presentatore “il lungo, il corto e il pacioccone”) ha rinviato il suo messaggio di pace, il secondo dopo il filmato della campagna di beneficenza “One”, con contributi in italiano di Jovanotti, Pausini, Bocelli, Banderas, Bob Geldof, Penelope Cruz, Bono Vox.
Le nuove proposte (Silvia Aprile con Un desiderio arriverà, Karima con Come in ogni ora, Arisa con Semplicità, Chiara Canzian con Prova a dire il mio nome, Iskra con Quasi amore e Barbara Gilbo con Che ne sai di me) come di consueto sono state annunciate per un giorno ma si sono esibite quando è scoccato quello successivo.
Bonolis, affiancato da una spigliata Eleonora Abbagnato (prima ballerina dell’Opéra di Parigi) e da Nir Lavi (il modello israeliano dagli occhi che parlano) ha seguito il filone dello sfottò e ha dedicato più tempo alle gag con Luca Laurenti, zimbello consenziente, di nuovo canterino in New York, New York e vittima del gioco delle foto ripreso da “Il senso della vita”, per poi finire a tarallucci e vino con tutti che romaneggiavano Tanto pe’ cantà.
Gli animi erano sollevati e la serata ha somatizzato questa leggerezza. Dopo i più che confortanti dati Auditel, la sentenza a morte per il festival è stata momentaneamente rinviata. Non c’era Benigni a incatenare quattordici milioni di persone al video (ma neanche una contro-programmazione particolarmente insidiosa), quindi, i prossimi risultati sull’audience saranno la prova del nove. Se funziona, avvieranno le pratiche di beatificazione per Bonolis.
Buon Compleanno Faber era la parentesi dedicata all’immenso De André, che oggi avrebbe compiuto 69 anni e di certo non li avrebbe festeggiati qui. Lui che imparava dagli ultimi e camminava di lato con gli emarginati, in questa bagarre sull’omosessualità, su dove sia giusto fare politica e sulla Santa Sede che ci mette bocca, avrebbe remato in destinazione ostinata e contraria. A rendergli omaggio con Bocca di rosa e Il pescatore sono stati la macina strumentale della PFM, Stefano Accorsi e un disinvoltissimo Claudio Santamaria. E proprio per citare De André,ci torna in mente quando cantava in La città vecchia: “Dove sono andati i tempi di una volta per Giunone! Quando ci voleva, per fare il mestiere, anche un po' di vocazione”.