WASHINGTON — Lo stupro di gruppo di una bambina liberiana di 8 anni da parte di due bambini, uno di 9 e l’altro di 10 anni, e di due ragazzi, uno di 13 e l’altro di 14 anni, anch’essi liberiani, e il rifiuto dei suoi genitori di tenerla in famiglia perché «disonorata» hanno sconvolto l’America e spinto il presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, a intervenire. In base alla legge dello Stato dell’Arizona, dov’è avvenuto il tragico episodio, un giudice ha rinviato a processo il quattordicenne come adulto e i tre complici come minori, con l’imputazione di sequestro oltre che di stupro. E ha affidato temporaneamente la bambina, per cui sono arrivate da tutta l’America centinaia di offerte di adozione, a una agenzia statale, il Servizio di protezione infantile. Dalla Liberia, la signora Sirleaf — promotrice di una forte campagna anti stupri nel suo Paese — ha rivolto un appello alla famiglia perché la riprenda.
L'AGGUATO - La bambina fu violentata il 16 luglio a Phoenix. I suoi stupratori l’attrassero in un edificio abbandonato con gomme da masticare e caramelle e a turno infierirono su di lei per un quarto d’ora. Le sue grida di terrore e dolore allarmarono i vicini, che chiamarono la polizia. Ha detto il sergente Andy Hill che gli agenti subito accorsi videro i quattro fuggire in lontananza. «La vittima era in stato pietoso» ha raccontato Hill «e in preda a trauma». Dopo la visita in ospedale, gli agenti la riportarono a casa, ma il padre le chiuse la porta in faccia. Dichiarò che la bambina aveva disonorato la famiglia, che non la voleva più, che la portassero via.
L'ARRESTO - Alla polizia riuscì facile identificare e arrestare gli stupratori, dal giorno successivo rinchiusi in un carcere minorile. Andrew Thomas, il procuratore della Contea di Maripoca, di cui Phoenix fa parte, è deciso a fare giustizia. «Hanno agito come un branco di lupi» ha detto dei quattro. «E il comportamento della famiglia è inaccettabile. La bimba ha bisogno di affetto e sicurezza». Thomas dubita di potere incriminare i genitori di abbandono di minore: «Ma la città è in fermento, non capisce come nella comunità liberiana si possa incolpare di stupro la vittima». Un divario culturale che minaccia di ritorcersi contro gli immigrati neri. Tony Weeder, un liberiano del Colorado fondatore del Centerpoint international per i connazionali in America, ha riferito che nel suo Paese talvolta gli stupri sono ancora giudicati voluti o provocati dalle donne e il pregiudizio è difficile da sradicare: «Quella povera bambina è anche vittima di un costume che combattiamo da tempo».
L'APPELLO DALLA LIBERIA - In un’intervista televisiva alla Cnn dalla Liberia, la Sirleaf ha rimproverato alla famiglia di avere commesso un grave sbaglio: «Deve aprirle le braccia, non imprimerle un marchio che la danneggerà per tutta la vita, e deve collaborare con le autorità americane». Il presidente Sirleaf, un tempo residente in America, ha ricordato di avere lanciato la sua campagna anti stupri in Liberia proprio per tutelarne le vittime, e di avere reso pubblico che anche lei fu oggetto di tentata violenza sessuale, durante la guerra civile: «Da noi non si tollerano più crimini così orrendi», ha sostenuto. Nathaniel Barnes, l’ambasciatore liberiano a Washington, ha invitato Phoenix a non mettere sotto accusa tutti gli immigrati: «Anche per la stragrande maggioranza di loro è inammissibile che una bambina di 8 anni venga ostracizzata dalla famiglia dopo un dram*ma del genere».
Ennio Caretto
26 luglio 2009
Fonte
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Gli stupratori faranno pure schifo.
Ma i genitori di questa bambina di più.
Che razza di gente sono?
Disonorata? Ma 'sta gente la dignità non sa nemmeno dove sta di casa -.-°