Valentina Cavalli, 29 anni, originaria di Casale Monferrato, non si era mai ripresa dalla terribile esperienza: «Non sono pentiti»MILANO - Veniva da Casale Monferrato, Valentina. Era arrivata a Milano con tutto l'entusiasmo dei suoi 22 anni, affascinata dalla grande metropoli che offre tante opportunità ai giovani. Studiava medicina e aveva un fidanzato che amava. Una vita che stava sbocciando. Tutto è finito una sera di giugno del 2002, mentre Valentina e il suo ragazzo amoreggiavano in auto in un parcheggio. All'improvviso l'orrore, che distrugge per sempre i sogni e la vita di questa dolce e bella ragazza. Due uomini assalgono la coppietta, massacrano di botte il ragazzo e violentano a turno la ragazza, mente un terzo complice fa da «palo». Quel giorno Valentina Cavalli, come ha raccontato la madre ai giornalisti de «La Stampa», è morta una prima volta. A nulla sono serviti l'affetto dei genitori, gli sforzi della ragazza per riprendersi, la psicoterapia, addirittura gli studi universitari in quella materia. La ferita non è mai guarita. CONDANNATI MA NON IN CARCERE - Valentina si è impiccata venerdì nella sua casa di Torino, a pianterreno in via Giulia di Barolo. Aveva scelto di lasciare Milano e aveva provato a rifarsi una vita in Piemonte, iscrivendosi all’università. Da sempre aveva denunciato il fatto, aveva collaborato alle indagini. Il processo è ancora in corso: i due autori della violenza, entrambi italiani, sono stati condannati in primo grado e in appello, ma non sono finiti in prigione, perché incensurati. Il terzo giovane, che aveva assistito allo stupro, non è stato condannato. Giovedì scorso Valentina aveva superato l’ultimo esame prima della specializzazione in neuropsichiatria. Venerdì mattina, prima del gesto, ha mandato un sms ai genitori scrivendo di avere un forte mal di testa. Non era la testa il problema. Era il senso di vuoto per non avere più un'anima e un corpo suo.LE PAROLE DI VALENTINA - Bruna Cavalli, la madre di Valentina, ha riferito ai cronisti de «La Stampa» le parole che la figlia diceva spesso. «Mamma, sai cos'è che mi sconvolge di più? E' che quei due non mi hanno neanche chiesto scusa, non sembrano pentiti. La prigione non li aiuterà a rendersi conto della brutalità che hanno commesso. Hanno bisogno di un percorso interiore per rendersi conto del male che mi hanno fatto».