'Viaggio della memoria', gli studenti romani ad Auschwitz
di Paola Natalicchio Sei e trenta in punto. Nelle camere del Novotel di Cracovia, per i 240 studenti e 60 docenti coinvolti nel viaggio della memoria organizzato dalla Provincia di Roma e in corso da ieri a domani, suona la sveglia. Destinazione: il campo di sterminio che meglio di qualunque altro racconta l’orrore nazista, Auschwithz – Birkenau. La partenza per il campo arriva dopo una giornata, quella di ieri, passata per le strade della cittadina polacca, a ripercorrere palmo a palmo, sotto una pioggia fitta che non ha scoraggiato nessuno, la storia della deportazione degli ebrei. Si è partiti da una visita nella “Piazza degli eroi resistenti del ghetto”. Disseminata di sedie, in ricordo delle giornate che tra il 1 e 6 giugno del 1942 sconvolsero la città, con oltre 7000 ebrei deportati. Tra cui i bambini, strappati dalle scuole, costretti a portarsi via anche la propria sedia, appunto. Da lì, insieme al presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, e guidati dallo storico Marcello Pezzetti, direttore scientifico del Museo della Shoah di Roma (che sorgerà entro il 2012 nella zona adiacente a Villa Torlonia) e dal delegato alla memoria Umberto Gentiloni, i ragazzi si sono spostati nel cuore del ghetto ebraico, stretto tra una collina a strapiombo e il fiume, in un tratto in cui ancora è visibile un pezzo delle mura originarie che furono erette a garanzia del brutale isolamento a cui fu costretta la comunità. A pochi passi da qui, una scuola: la barbarie nazista non risparmiò nemmeno i bambini delle ultime famiglie di lavoratori ebraici che abitavano qui e che riuscirono a sfuggire ai campi di sterminio, perché utili come forza lavoro del Governariato generale tedesco.
Furono barbaramente trucidati, a decine, anche loro e sepolti in mucchio. All’angolo di questo scorcio di Cracovia, anche la casa dove abitò il regista Roman Polanski, autore di uno dei film più emblematici sulla storia della resistenza ebraica: Il Pianista. La visita è proseguita, poi, fino al vecchio quartiere ebraico della città, in cui gli ebrei di Cracovia vissero dal 1300 al 1941, con una emozionante sosta nell’atrio in cui fu girata la famosa scena del “lancio delle valigie” del film Shindler’s List, fino a sfociare in un’appassionata assemblea in sinagoga.
Discreta e quasi defilata la presenza di Nicola Zingaretti tra i ragazzi. Jeans, ke-way per la pioggia, ascolta e lascia parlare gli storici, senza mai intervenire. “E’ la mia prima volta a Cracovia”, dice. “Il mio viaggio nella memoria collettiva di questa città e di questi luoghi inizia da un ricordo della mia storia personale che mi emoziona ancora molto: la madre di mio nonno era ebrea. Fu deportata e morì su un treno verso Auschwithz”. Zingaretti spiega che: “Il viaggio della memoria della Provincia è dedicato a Primo Levi. Il 31 luglio avrebbe compiuto 90 anni. Stiamo preparando per quella data una grande lettura pubblica, che mi piacerebbe svolgere a piazza 16 ottobre, nel ghetto ebraico romano o in una piazza del centro storico, come Piazza Farnese”.
Intanto, dopo cena, assemblea gremita dei ragazzi in preparazione del viaggio di stamattina, insieme ai tre “testimoni della memoria” che, con loro, tornano oggi nel campo in cui furono deportati: Piero Terracina (infaticabile, era stato qui già 7 giorni fa con la Provincia di Viterbo), Shlomo Venezia, tra le vittime della deportazione di Atene, e Samuel Modiano, rastrellato durante la grande retata tedesca degli ebrei di Rodi del luglio 1944. “Il mio viaggio verso l’abisso di Auschwithz iniziò già con le leggi razziali. Fui mandato via da scuola, persi tutti i miei amici, rimasi solo.
Era il 1938. Poi vennero a prendermi a casa, a Roma, armati fino ai denti, il 7 aprile del 1944. Con me c’era anche mio nonno, di 84 anni. Gli fecero fare un viaggio di 2000 chilometri. Poi, appena arrivammo al campo, fu subito mandato a morire. Polvere e cenere. Stessa sorte di mia madre”, ricorda Piero Terracina a una platea di studenti coinvolta, attenta, quasi spaventata dalle sue parole. Quando finisce di parlare, gli studenti lo circondano. Gli stringono la mano, balbettano qualche domanda, lo seguono fino all’ascensore. “Lo vedi che bel clima che c’è?”, dice lui mentre si fa strada verso la sua camera. “Mi sono rifiutato di tornare qui con il sindaco Alemanno, perché la storia non si può cancellare. Adesso però rieccomi tra i ragazzi. È l’unica cosa che so fare. Ripetere quello che mi è successo. Il tremendo tentativo di cancellare fisicamente tutto quello che è diverso da te. È un problema dei nostri giorni. Ci riguarda tutti. Ci riguarda adesso”.
che bell'Articolo