Disoccupato 36enne chiede paghetta
Milano, giudice dice no a un ingegnere
Un ingegnere disoccupato di 36 anni, residente con la madre separata, ha portato il facoltoso papà in tribunale chiedendo un assegno di mantenimento mensile di duemila euro, un risarcimento di 57mila euro per gli arretrati e un milione di euro per il "disinteresse morale e materiale di padre". Il giudice del Tribunale civile di Milano però gli ha dato torto, sostenendo che il 36enne poteva trovare lavoro anche all'estero.
La sentenza ha stabilito che un assegno di mantenimento di 650mila lire era stato corrisposto dal padre a partire dal 1986, anno in cui si separò dalla moglie, fino a qualche anno fa, e che nulla è dovuto all'ingegnere come arretrati. Per quanto riguarda il mensile di 2.000 euro, secondo il giudice, il laureato in ingegneria invece "non ha fornito alcuna prova della sua concreta attivazione per reperire un'attività lavorativa corrispondente al titolo di studio, e quindi del fatto che egli si trovi senza colpa in stato di disoccupazione".
Ma l'ingegnere disoccupato 36enne non si arrende e promette battaglia. Sul fatto che, non trovando lavoro in Italia, avrebbe potuto cercarlo e trovarlo anche all'estero - come osservato dal giudice - il suo avvocato ha sottolineato, sulla scorta di una sentenza della Cassazione, che "il titolo di studio deve essere spendibile anche nel proprio Paese". Da qui l'annuncio di un ricorso in appello.
Appello che, annuncia il legale, si rifarà anche alla sentenza della Cassazione che stabilì, nel 2006, un precedente contrario alla sentenza milanese, nella causa che vide opposti Albano e Romina Power per quanto riguarda il mantenimento dei figli: "Perdura l'obbligo del mantenimento, indipendentemente dal raggiungimento della maggior età, finché i figli non diventino autosufficienti dal punto di vista economico''. Gli ermellini hanno infatti stabilito che, anche se in presenza di un affidamento congiunto, non veniva meno "l'obbligo di uno dei genitori a contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza".
L'avvocato dell'ingegnere contesta anche l'asserzione secondo cui il suo assistito non si sarebbe dato da fare per trovare un lavoro adeguato alla sua laurea: aveva mandato numerosi curricula a varie aziende che si erano limitate a rispondere "le faremo sapere". "Per mantenersi - spiega l'avvocato Canzona - ora è costretto a lavorare in Irlanda", ma non demorde per vincere la causa.