Oggi ho avuto l'opportunità di parlare con un signore che per un anno (in luogo del servizio militare) ha fatto la guardia carceraria.
Gli ho chiesto quindi di come si svolga la vita in un carcere (la sua esperienza è stata in quello di Rebibbia) e di svelarmi una volta per tutte di che qualità sia la vita di un carcerato, a fronte del fatto che esistono due correnti di opinione contrapposte tra loro: quelli che sostengono che le condizioni dei carcerati siano disumane e l'altra, quella dei forcaioli, per i quali nelle carceri si sta meglio che fuori.
In realtà il quadro che ne è venuto fuori è stato di condizioni di vita piuttosto dure. Mi ha confermato molti dei si dice, che io speravo che fossero solo delle leggende metropolitane. Di come esista una gerarchia interna fra i carcerati e di come i più violenti, cioè in pratica quelli che dovrebbero presumibilmente affrontare i castighi più severi, in realtà la facciano da padroni a spese dei più deboli, carcerati per reati veniali o per sbaglio. Di come questi ultimi vengano battezzati al loro ingresso in carcere mediante la sodomizzazione da parte dei più forti, per ribadire emblematicamente (e praticamente!) che dovranno stare sotto; delle scarse condizioni igienico-sanitarie: una doccia settimanale, niente acqua in cella, dove c'è soltanto una latrina, sette giorni di evacuazioni intestinali senza potersi lavare il didietro...; dell'assenza di riscaldamento nei periodi freddi dell'anno; di certe regole demenziali che vanno rispettate; di come anche i carcerieri debbano rispettare certi dettami dei carcerati più forti.
Diciamo che la situazione descritta può secondo me essere emblematica di una società alquanto incivile e mette a nudo la difficoltà che abbiamo a vivere tutti insieme un sodalizio sociale. Esistono ed esisteranno sempre dei dissidenti con la conseguente loro privazione della libertà: è possibile che non si trovi una ricetta per poter vivere tutti nella massima autonomia possibile senza dover ricorrere alla sopraffazione dell'uomo sull'uomo?