"Per quanto mi riguarda un processo ad unica direzione come ho appena descritto finisce qua". Prende il cappotto nero, qualche cenno di saluto al pubblico che fin dalla prima udienza ha seguito il processo d'appello e poi via con il marito, tutti i parenti e il comitato dei suoi sostenitori. Inseguita da fotografi, giornalisti, cineoperatori Annamaria Franzoni non ha più aperto bocca, è salita in macchina ed è tornata a casa, in Emilia. Salvo colpi di scena (mai da escludere in questa vicenda) Annamaria Franzoni non metterà più piede nell'aula della corte d'assise d'appello dove da un anno si sta celebrando il processo per la morte del piccolo Samuele, avvenuta 5 anni fa a Cogne. "Non ho ucciso mio figlio ed altri lo hanno fatto, sono quasi cinque anni - ha detto la Franzoni - che chiedo alla giustizia di cercare la persona che me lo ha assassinato. Chi mi ha esaminato mi ha giudicata sana di mente. Voglio continuare a guardare in faccia i miei figli, perché da soli colgano l'innocenza della loro mamma, anche se malauguratamente ciò dovesse accadere dalle grate di un carcere. Dove preferisco trascorrere da innocente quanto mi resta da vivere". La goccia che ha fatto traboccare il vaso per la mamma di Cogne è stato il tentativo - secondo lei reiterato - di farla passare per seminferma di mente, nonostante in primo grado ci fosse stata una perizia che l'aveva giudicata totalmente capace di intendere e volere. Dure le parole del suo difensore Carlo Taormina: "Durante le indagini preliminari qualcuno contattò i Franzoni dicendo che si sarebbe risolto tutto, previa confessione, con una perizia che avrebbe dimostrato la seminfermità della signora. Ma l' accordo, ovviamente, non ci fu".
E adesso? la corte ha nominato un difensore d'ufficio, Paola Savio, 38 anni, che si è presentata spaesata dalla selva di flash e telecamere, ha ottenuto qualche giorno per studiarsi le prime carte. Prossima udienza il 4 dicembre per l'esame della nuova perizia psichiatrica disposta in appello.
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