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La mia Idea..

  1. #41
    Se muoio rinasco P S Y C H O
    da Estero
    Iscrizione: 6/12/2005
    Messaggi: 17,140
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    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da John Galliano

    sì ma non hai capito veramente un ca**o di quello ke intendevo...
    Sopravvivo anche senza capirti...


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  3. #42
    Vivo su FdT
    Uomo 35 anni da Milano
    Iscrizione: 30/4/2005
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    Predefinito Re: La mia Idea..

    Quote Originariamente inviata da Guru's Way
    Per contrastare queste violenze notturne, perchè non si fa uso anche dell'esercito italiano? Questi stupri, spacci e violenze, io farei marciare squadriglie armate di 6 persone, soprattutto di notte, nella periferia, ma non solo, addestramento ed operatività, tenerli in caserma non servono a niente, non possono fare multe, ma possono agire, cooperazione tra organi militari e di sicurezza..

    Cosa non andrebbe bene?

    "l'imposizione" di un corpo militare? troppo da guerra?
    Che bella idea

















    di m***a

  4. #43
    Che
    FdT-dipendente
    Uomo 34 anni da Verona
    Iscrizione: 3/4/2006
    Messaggi: 1,147
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    Predefinito

    idea con la "I" maiuscola per me non andrebbe bene.
    basterebbe rinforzare chi di dovere

  5. #44
    FdT svezzato
    39 anni
    Iscrizione: 17/8/2006
    Messaggi: 179
    Piaciuto: 0 volte

    Predefinito Re: La mia Idea..

    Quote Originariamente inviata da Guru's Way
    Per contrastare queste violenze notturne, perchè non si fa uso anche dell'esercito italiano? Questi stupri, spacci e violenze, io farei marciare squadriglie armate di 6 persone, soprattutto di notte, nella periferia, ma non solo, addestramento ed operatività, tenerli in caserma non servono a niente, non possono fare multe, ma possono agire, cooperazione tra organi militari e di sicurezza..

    Cosa non andrebbe bene?

    "l'imposizione" di un corpo militare? troppo da guerra?
    KE CAZZATA

  6. #45
    Vivo su FdT
    Uomo 35 anni
    Iscrizione: 29/9/2004
    Messaggi: 4,776
    Piaciuto: 6 volte

    Predefinito

    La cosa che mi ha fatto piacere più di tutte è vedere un corpo di polizia e di sicurezza comunque ampliato negli ultimi tempi, e comunque cosa avreste da temere se ci fosse un corpo esterno + duru?

  7. #46
    Can che dorme Wolverine
    Uomo 38 anni
    Iscrizione: 3/4/2006
    Messaggi: 43,734
    Piaciuto: 2786 volte

    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da Guru's Way
    La cosa che mi ha fatto piacere più di tutte è vedere un corpo di polizia e di sicurezza comunque ampliato negli ultimi tempi, e comunque cosa avreste da temere se ci fosse un corpo esterno + duru?
    Me lo sto chiedendo anch'io, e infatti sarei perfettamente favorevole

  8. #47
    Se muoio rinasco P S Y C H O
    da Estero
    Iscrizione: 6/12/2005
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    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da darkness_creature

    Me lo sto chiedendo anch'io, e infatti sarei perfettamente favorevole
    Perché non provate a chiedere a qualche argentino che ha vissuto nel suo paese dal 24 marzo 1976 fino alla disfatta delle Falkland del 1982?
    Perché praticamente state suggerendo un equilibrio sociale dello stesso tipo...

  9. #48
    Can che dorme Wolverine
    Uomo 38 anni
    Iscrizione: 3/4/2006
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    Quote Originariamente inviata da s@ve

    Perché non provate a chiedere a qualche argentino che ha vissuto nel suo paese dal 24 marzo 1976 fino alla disfatta delle Falkland del 1982?
    Perché praticamente state suggerendo un equilibrio sociale dello stesso tipo...
    La situazione che descrivi non la conosco, ma se per te basta l'idea di Guru's Way per parlare di dittatura, allora mi sa che esageri un po'....se ho interpretato bene quello che hai detto.

  10. #49
    Se muoio rinasco P S Y C H O
    da Estero
    Iscrizione: 6/12/2005
    Messaggi: 17,140
    Piaciuto: 1393 volte

    Predefinito I militari prendono il potere

    I militari prendono il potere





    Il 24 marzo 1976 i militari, con il consenso o quanto meno con l’indifferenza della popolazione argentina, promossero l’ennesimo colpo di stato e presero il potere. Isabelita venne imprigionata e ancora una volta vennero sciolti il Parlamento e la Corte suprema di giustizia. Della Giunta militare facevano parte i comandanti delle tre Forze Armate; quello dell’Esercito, Jorge Videla, venne nominato presidente.

    Il colpo di stato del 24 marzo 1976 venne programmato con largo anticipo e venne preceduto da una accuratissima operazione di disinformazione, intesa a diffondere nell’opinione pubblica (sia argentina che internazionale) la convinzione dell’assoluta necessità di ristabilire l’ordine e di sconfiggere il terrorismo. Si volle soprattutto evitare di ripetere gli errori commessi da Pinochet in Cile, dove i militari nella loro arroganza fecero spettacolo della violenza e della ferocia con cui si reprimeva il popolo. Non ci furono a Buenos Aires gli stadi pieni di detenuti, non ci fu il bombardamento del palazzo presidenziale, così tragicamente evidenziato dalla morte del presidente eletto dal popolo, come a Santiago; non ci furono carri armati per le strade; la città sembrava normale, le operazioni si facevano con camion e macchine senza targa, di notte, con uomini in borghese. Nacque così l’idea strategicamente brillante dei desaparecidos, cioè quella di far scomparire nel nulla le persone prelevate; il che da una parte paralizzava la famiglia, che continuava a sperare che la persona ritornasse e non voleva renderne piu difficile la situazione, ma dall’altra toglieva ogni evidenza iconografica all’informazione, ai ‘media’; la mancanza di immagini metteva in dubbio l’esistenza stessa della repressione.

    Il 24 marzo 1976 il potere passò ai militari senza nessun incidente. Vennero sospese le attività dei partiti politici e dei sindacati, ma si fece sapere che queste erano misure transitorie e che la Giunta militare aveva come obiettivo il rafforzamento della struttura democratica del Paese. Gli argentini avrebbero dovuto abituarsi a questo paradosso. Debole, quasi formale, comunque attendista, fu la reazione internazionale.

    Videla era fautore della linea ’’moderata’’, che voleva salvare la patria dal pericolo marxista e ristabilire l’ordine, senza usare i metodi cileni ostentatamente e pubblicamente violenti, ma agendo segretamente e cercando di guadagnare un certo consenso popolare. La Triplice A fu attiva fino al giorno del colpo di stato, dopodiché non apparve più pubblicamente e i suoi membri entrarono a far parte dei gruppi clandestini della dittatura.

    All’interno delle singole unità delle Forze Armate e della sicurezza vennero organizzati campi di concentramento, dove venivano portate le persone sequestrate, sottoposte a torture e nella maggior parte dei casi eliminate. La conduzione delle operazioni, nell’ambito della cosiddetta "guerra sporca" (guerra sucia), venne affidata all’Esercito e venne anche stabilita la ripartizione delle giurisdizioni tra le diverse Forze; le vecchie gelosie esistenti tra di esse causarono però vari sconfinamenti, soprattutto da parte della Marina, al cui comando vi era l’ammiraglio Emilio Massera, che aveva ambizioni politiche e aspirava ad ereditare la "leadership" del peronismo.

    La Giunta militare volle eliminare tutti i suoi nemici senza che si diffondesse la coscienza di tale annientamento. Fu inventata una strategia rivoluzionaria: niente arresti di massa, niente carceri, niente fucilazioni né assassini clamorosi come quelli della Triplice A. Gli oppositori sarebbero stati sequestrati da gruppi non identificati, caricati su vetture senza targa e fatti scomparire. Ebbe così inizio, lentamente, il più grande genocidio della storia argentina. I sequestri furono sempre più frequenti e si ripetevano sempre secondo le stesse modalità. Non erano gruppi incontrollati dell’estrema destra, come voleva far credere la Giunta, ma vi era una struttura centrale che li coordinava. Le operazioni venivano compiute nei posti di lavoro delle persone segnalate o per strada in pieno giorno, mediante un piano che richiedeva la "zona franca" da parte delle forze di Polizia. Le loro volanti che, specialmente dopo il colpo di stato erano presenti un po’ dappertutto, stranamente non videro mai niente, anche se i sequestri si consumavano a poca distanza dal commissariato. Ma la stragrande maggioranza dei sequestri avveniva di notte in casa delle vittime. Il commando occupava la zona circostante ed entrava nelle case facendo uso della forza. Terrorizzava e imbavagliava perfino i bambini obbligandoli a essere presenti. La vittima veniva catturata, brutalmente colpita e incappucciata, poi trascinata fino alle macchine che aspettavano mentre il resto del gruppo rubava tutto quello che poteva (in alcuni casi arrivavano perfino dei camion) o distruggeva quello che non poteva portarsi via, picchiando e minacciando il resto della famiglia. Anche nei casi in cui i vicini o i parenti riuscivano a dare l’allarme, la Polizia non arrivava mai. Si incominciò così a capire l’inutilità di sporgere denuncia. La maggioranza della popolazione era terrorizzata e non era nemmeno facile trovare testimoni. Nessuno aveva visto nulla. In questo modo migliaia e migliaia di persone diedero forma a una fantasmatica categoria, quella dei desaparecidos. Nessun interrogativo trovò una risposta: la Polizia non aveva visto nulla, il Governo faceva finta di non capire di che cosa si stesse parlando, la Chiesa non si pronunciava, gli elenchi delle carceri non registravano le loro detenzioni, i magistrati non intervenivano. Intorno ai desaparecidos si era alzato un muro di silenzio. Con i diritti avevano perso anche l’esistenza civile. Dal momento in cui avveniva il sequestro la persona restava totalmente isolata dal mondo esterno. Depositata in uno dei numerosi campi di concentramento o in luoghi intermedi di detenzione dove veniva sottoposta a torture infernali, e lasciata all’oscuro della propria sorte. Alcuni venivano perfino abbandonati dalla famiglia, che sotto la pressione di continue minacce, ricatti e richieste di denaro, viveva nel terrore di rappresaglie e qualche volta fiduciosa che il silenzio, richiesto dai militari, fosse il miglior modo per ottenere qualche informazione.

    Nei centri clandestini di detenzione veniva sistematicamente applicata la tortura. Le "sessioni" erano sorvegliate da un medico che controllava i limiti di tolleranza della vittima e determinava il proseguimento o la momentanea sospensione della tortura se la vittima non era in grado di reggerla. La valutazione preventiva per capire se la persona da sequestrare o sequestrata avesse qualcosa da dire d’interessante per i sequestratori era pressoché inesistente. Questo metodo indiscriminato portò al sequestro e alla tortura degli oppositori ma anche dei loro familiari, amici, colleghi di lavoro e di un numero rilevante di persone senza alcun tipo di pratica politica o sindacale. Bastava molto poco per essere considerato sospetto. Il prigioniero poteva morire sotto tortura, essere fucilato o gettato in mezzo all’oceano. Il suo cadavere sarebbe stato forse sepolto nelle tombe comuni di cimiteri clandestini, cremato o buttato in fondo al mare con un blocco di cemento ai piedi. Anche se la dittatura militare aveva modificato il codice penale introducendo la pena capitale, ufficialmente non ci fu nessuna condanna a morte. Nonostante le migliaia di vittime, non fu eseguita in nessun caso una sentenza giudiziaria né civile né militare. Non fu quindi rispettata nemmeno questa precaria legalità che lo stesso regime aveva stabilito. Passavano così i giorni, i mesi gli anni, senza avere mai nessuna notizia, trovando sempre risposte negative. Nessuno pareva sapere niente di loro. Erano scomparsi".

    Nel 1981 vi fu un rapido avvicendamento di presidenti militari: a marzo il generale Roberto Viola subentrò a Videla e a dicembre il generale Leopoldo Galtieri prese il posto di Viola.

    Nel 1982 la Giunta militare occupò le isole Malvine (Falkland), Georgia e Sandwich del Sud, che erano possedimenti inglesi sin dai primi decenni del secolo precedente. Per rientrarne in possesso, il Governo inglese di Margaret Thatcher inviò una poderosa flotta, dotata anche di sommergibili atomici; non potendo reggere il confronto, la flotta argentina venne subito ritirata e le truppe si arresero dopo pochi giorni di battaglia. Questo insuccesso causò la fine della dittatura militare; Galtieri venne deposto e si decise di indire le elezioni.

    Nel settembre del 1983, peraltro, la Giunta proclamò un’autoamnistia per tutti i militari accusati di aver violato i diritti umani. Nell’ottobre dello stesso anno Raul Alfonsín, il capo del partito radicale, vinse le elezioni con il 52% dei voti. Il nuovo Parlamento, come primo provvedimento, dichiarò nullo il decreto di amnistia.

    Con decreto del 15 dicembre 1983 Alfonsín nominò la Commissione Nazionale sulla Scomparsa di Persone (Conadep), allo scopo di far luce sulla violazione dei diritti umani e sulle scomparse di persone avvenute nel Paese, chiamandovi a far parte personaggi illustri, scelti per il loro fermo atteggiamento nella difesa dei diritti umani e per la loro rappresentatività dei vari settori delle attività sociali (personalità del mondo della cultura, giornalisti, religiosi); presidente di tale Commissione venne eletto lo scrittore Ernesto Sábato. Nel settembre del 1984 Sábato consegnò al capo dello Stato la relazione finale, dando la prova che i diritti umani erano stati calpestati in modo organico ad opera delle istituzioni, certificando circa novemila casi di desaparecidos e ipotizzandone una cifra reale molto più elevata.

    Il Governo ordinò al Consiglio superiore delle Forze Armate di disporre il rinvio a giudizio dei membri delle Giunte militari, stabilendo che la Corte federale avrebbe potuto avocare il processo, qualora il rinvio a giudizio non fosse stato disposto entro sei mesi; l’ordine non venne però eseguito, in quanto l’organo di giustizia militare non si mostrò disponibile a processare i propri pari.

    Il processo venne allora svolto davanti alla magistratura ordinaria e il 9 dicembre 1985 la Corte federale condannò Videla e Massera alla pena dell’ergastolo e applicò la pena della reclusione per 17 anni a Viola, per 8 anni all’ammiraglio Armando Lambruschini e per 4 anni e 6 mesi al brigadiere Ramón Agosti. L’anno successivo la Corte federale confermò queste condanne, riducendo la pena di Viola a 16 anni e quella di Agosti a 3 anni e 9 mesi. La stessa Corte condannò poi rispettivamente a 25 e 14 anni di reclusione gli ex capi della polizia di Buenos Aires, il colonnello Ramón Camps e il generale Pablo Ovidio Riccheri, a 23 anni l’ex vicecapo, il commissario Miguel Osvaldo Etchecolatz, a 6 anni il medico Jorge Borgés e a 4 anni il caporale Norberto Cozzani.

    Nel dicembre del 1986 Alfonsín, temendo ripercussioni negative negli ambienti militari, ottenne dal Parlamento l’approvazione della legge del "Punto finale", con la quale venne concesso alla magistratura ordinaria il ristretto termine di 60 giorni (decorrenti dalla pubblicazione della legge) per decidere l’apertura di processi contro coloro che erano stati implicati nella violazione di diritti umani; dopo tale termine vi sarebbe stata l’estinzione dell’azione penale. Alla scadenza dei 60 giorni i magistrati riuscirono a rinviare a giudizio un numero di persone (quasi 400) nettamente superiore a quello che poteva immaginarsi. Ciò provocò la reazione dei militari e nell’aprile del 1987 vi fu una sommossa, con occupazione della Scuola di fanteria, la più importante guarnigione militare dell’Argentina. Il presidente Alfonsín riuscì a risolvere la situazione, scegliendo la strada del compromesso e ottenendo dal Parlamento, nel luglio del 1987, l’approvazione della legge della "Obbedienza dovuta", con la quale vennero esentati da colpevolezza coloro che avevano agito eseguendo un ordine superiore. Vennero così lasciati impuniti i quadri intermedi e cioè quei capi o quegli ufficiali che non erano stati comandanti delle Forze Armate o di zone o di sottozone né capi della polizia, in quanto si presumeva che non avessero avuto potere decisionale.

    A maggio del 1989 venne eletto presidente Carlos Menem, il quale completò l’opera di "pacificazione", sancendo l’indulto per 216 militari, oltre che per 64 presunti sovversivi. Il 28 dicembre 1990 l’indulto venne concesso anche a Videla e Massera, che poterono così tornare in libertà, dopo aver scontato cinque anni di detenzione in una villa di proprietà dell’Esercito, dove potevano ricevere amici, praticare sport e usufruire della libera uscita durante i fine settimana. Dell’indulto beneficiarono non soltanto coloro che erano già stati condannati (il che sarebbe stato normale, poiché in Argentina, come in Italia, ad un provvedimento del genere consegue l’estinzione della pena e non del reato), ma anche coloro che erano stati posti sotto processo ma non ancora giudicati; e tra questi i generali Carlos Guillermo Suarez Mason e Santiago Omar Riveros, comandanti di zone militari.


    (www.rassegna.it, 21 marzo 2006)

  11. #50
    Se muoio rinasco P S Y C H O
    da Estero
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    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da darkness_creature

    La situazione che descrivi non la conosco, ma se per te basta l'idea di Guru's Way per parlare di dittatura, allora mi sa che esageri un po'....se ho interpretato bene quello che hai detto.

    Fu una dittatura molto particolare, per questo mi riferisco a essa tra mille al mondo che ce ne sono state. In pratica consistette nel dare all'esercito le funzioni che solitamente sono della polizia...

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