Originariamente inviata da
Usher
No tu proponi una visione sbagliata di educazione non esiste sul lato affettivo una storia del genere: a) perchè il genitore non sa molte volte quantificare cosa s'intenda lungo o corto periodo commisurato alla punizione il disconoscimento dell'affetto
b) in secondo luogo tu hai si un risultato immediato ma incosciamente e su lungo periodo si sviluppa la paura dell'abbandono che sul momento non si riesce a quantificare ma che prima o poi come lesione psichica tende a minare l'autostima della persona che lo subisce nei propri rapporti affettivi con altri.
c) E’ assai peculiare che in molteplici casi l’esercizio di tale “sollecitazione” sia totalmente inconsapevole. Per generazioni si perpetuano comportamenti ritenuti normali, dei quali non si è più in grado di cogliere l’ingiustizia e l’amoralità. Proprio perché si è stati a propria volta vittime, in modo automatico si diventa carnefici ( temperance ci da nel suo piccolo una dimostrazione di come il modello viene perpetuato).
Questo tipo di ricatto uno dei metodi più utilizzati, soprattutto nelle relazioni familiari ( genitori e figlio) o di coppia, per ottenere il potere sul simile. Le forme sono le più svariate a livello generale
Il semplice paventare la perdita del presunto affetto, contraddistinto dalle frasi “se non farai o non sarai… non ti vorrò più bene”, “se non mi… ti lascerò”, “se mi ami devi…” ecc.;-
la tecnica del lamento, attraverso cui il lamentante soggioga creando nell’altro il tormento, l’assillo della ricerca del – peraltro inesistente - metodo per impedire e limitare il lamento medesimo;-
la tecnica del “non stare mai bene” che, oltre a creare un alibi per impedire qualsiasi“disturbo” (per la serie “tu non puoi pretendere niente perché io non posso dare”),crea nel prossimo un senso d’impotenza nel lenire tali sofferenze, sofferenze la cui causa scatenante è esteriormente immanifesta e ancor più difficile da alleviare;-
la tecnica del “muso”, del silenzio col quale si vuole punire il reo per le sue presunte offese, procrastinato a volte per periodi assai lunghi, nell’intenzione di far macerare nella responsabilità il malcapitato ( generando insicurezza) .
non solo ma se si presta attenzione al linguaggi e alla comunicazione questa tecnica sul senso di colpa è sempre all'opera creando un circolo vizioso di autosvalutazione
non ti occupi mai di me”, “non pensi mai alle mie esigenze”, “mi fai piangere”, “non mi fai stare tranquillo”, “non riesco a dormire se tu…”, “ti diverti a farmi soffrire…”,“io vivo solo per te, invece tu…”, “non farmi stare in pensiero”, indicano abbastanza efficacemente come sia d’uso comune questo tipo di ricatto
In poche parole questa è soggezione e non voler bene come sostiene indirettamente Temperance .