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Sei mamma? Allora ti licenzio

  1. #1
    Overdose da FdT
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    Predefinito Sei mamma? Allora ti licenzio

    Un milione di donne costrette alle dimissioni perché aspettavano un figlio
    lastampa.it 24/05/2011


    Quasi un milione di donne è stata licenziata o costretta a dimettersi per aver deciso di avere un figlio. Lo denuncia l'Istat nel rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010 insieme a molti altri dati molti chiari su che cosa significhi essere madri in Italia. Una madre su 3 ha dovuto lasciare il lavoro per motivi familiari. Nella metà dei casi l’abbandono è dovuto alla nascita di un figlio, per un totale di oltre 800 mila donne. Una donna su cinque fra quelle che lavorano e hanno meno di 65 anni hanno lasciato il lavoro per il matrimonio, la gravidanza o per altri motivi familiari.

    Non c’è molto da fare, figlio e lavoro sono ancora troppo spesso inconciliabili: l’uno esclude l’altro. Le donne di cui stiamo parlando infatti non hanno scelto di non lavorare: sono state costrette a non farlo, come sottolinea anche l’Istat.

    Più si è in avanti con gli anni, meno si è esposte a rischi. Le interruzioni imposte dal datore di lavoro, infatti, «riguardano più spesso le donne più giovani: si passa infatti dal 6,8% delle donne nate tra il 1944 e il 1953 al 13,1% di quelle nate dopo il 1973». Per queste ultime generazioni, le dimissioni in bianco quasi si sovrappongono al totale delle interruzioni a seguito della nascita di un figlio».

    Il lavoro lasciato, spesso non si riconquista più. «Solo quattro madri su dieci tra quelle costrette a lasciare il lavoro, ha poi ripreso l'attività, ma con valori diversi nel Paese: una su due al Nord e soltanto poco più di una su cinque nel Mezzogiorno».

    Le donne descritte dall’Istat nel rapporto 2010 sono il pilastro del welfare. Sono loro a reggere il carico maggiore nella rete d'aiuto familiare fondamentale per l'economia e la società. Ma «questo sistema è in crisi strutturale - avverte l’Istat - le donne non reggono più e non può essere più questo il modello che sostiene il welfare italiano».

    In un anno due terzi degli aiuti arrivano da loro. Prestano «2,1 miliardi di ore d'aiuto a componenti di altre famiglie, pari ai due terzi del totale erogato». Tuttavia la situazione si sta modificando, senza che nessuno le sostituisca. Questo vuol dire che «la catena di solidarietà femminile tra madri e figlie - conclude l'Istat - su cui si è fondata la rete d'aiuto informale rischia di spezzarsi. Le donne occupate con figli sono sovraccariche per il lavoro di cura all'interno della famiglia e le nonne sono sempre più schiacciate tra cura dei nipoti, dei genitori anziani non autosufficienti e dei figli adulti».

    L’occupazione femminile rimane stabile nel 2010, ma peggiora la qualità del lavoro e rimane la disparità salariale rispetto agli uomini, il 20% in meno. L’occupazione qualificata, tecnica e operaia, è scesa di 170 mila unità, mentre è aumentata soprattutto quella non qualificata (+108 mila unità). Si tratta soprattutto di «italiane impiegate nei servizi di pulizia a imprese ed enti e di collaboratrici domestiche e assistenti familiari straniere».

    Un secondo fattore di peggioramento è dato dalla crescita del part-time (+104 mila unità rispetto a un anno prima), «quasi interamente involontaria e concentrata nei comparti di attività tradizionali» (commercio, ristorazione, servizi alle famiglie e alla persona) che presentano orari di lavoro poco adatti alla conciliazione con i tempi di vita. Non è chiaro il perché ma il part-time è molto più diffuso tra le donne, il 14,3% contro il 9,3% degli uomini.

    In preoccupante aumento le donne sovraistruite, ovvero quelle con un lavoro che richiede una qualifica più bassa rispetto a quella posseduta». Fra le laureate, il fenomeno della sovraistruzione interessa il 40% delle occupate contro il 31% tra gli uomini, e abbraccia tutto il ciclo della vita lavorativa. La partecipazione delle donne al mercato el lavoro, confrontata con il resto dell’Europa, continua a essere «molto più bassa». Nel 2010 il tasso di occupazione femminile si è attestato al 46,1 per cento, 12 punti percentuali in meno di quello medio europeo. L’indicatore è al 55,6 per cento per le madri (68,2 il corrispondente tasso europeo). Quando il minore ha un’età compresa tra i sei e i dodici anni il tasso di occupazione è pari rispettivamente al 55,8 e al 71,4 per cento. La difficile situazione del Mezzogiorno spiega buona parte delle distanze tra Italia ed Europa: sono circa 3 su 10 le donne occupate nel Mezzogiorno contro le quasi 6 nel Nord; il tasso di inattività si attesta al 63,7 per cento (39,6 per cento nel Nord) e il tasso di disoccupazione è oltre il doppio di quello delle donne del Nord (15,8 ispetto a 7,0). Rispetto agli altri paesi resta inoltre notevole il divario sull’utilizzo del part time, nonostante la forte crescita registrata in Italia negli ultimi anni. Nel 2009 la quota di lavoratrici a tempo parziale (25-54 anni) oscilla fra il 21,6 per cento delle donne senza figli al 38,3 di quelle con tre o più figli; nell’Ue dal 20,9 al 45,9 per cento. Le distanze sono ancora più estese se il confronto è ffettuato con Paesi Bassi, Germania e Regno Unito. Inoltre, la quota dei donne italiane con part time involontario è più che doppia di quella dell’Ue (nel 2009, 42,7 contro 22,3 per cento).

    La partecipazione al mercato del lavoro, confrontata con il resto dell’Europa, continua a essere «molto più bassa». Nel 2010 il tasso di occupazione femminile si è attestato al 46,1 per cento, 12 punti percentuali in meno di quello medio europeo. L’indicatore è al 55,6 per cento per le madri (68,2 il corrispondente tasso europeo). Quando il minore ha un’età compresa Tra i sei e i dodici anni il tasso di occupazione è pari rispettivamente al 55,8 e al 71,4 per cento.

    La difficile situazione del Mezzogiorno spiega buona parte delle distanze tra Italia ed Europa: sono circa 3 su 10 le donne occupate nel Mezzogiorno contro le quasi 6 nel Nord; il tasso di inattività si attesta al 63,7 per cento (39,6 per cento nel Nord) e il tasso di disoccupazione è oltre il doppio di quello delle donne del Nord (15,8 rispetto a 7,0). Rispetto agli altri Paesi resta inoltre notevole il divario sull’utilizzo del part time, nonostante la forte crescita registrata in Italia negli ultimi anni. Nel 2009 la quota di lavoratrici a tempo parziale (25-54 anni) oscilla fra il 21,6 per cento delle donne senza figli al 38,3 di quelle con tre o più figli; nell’Ue dal 20,9 al 45,9 per cento. Le distanze sono ancora più estese se il confronto è effettuato con Paesi Bassi, Germania e Regno Unito. Inoltre, la quota di donne italiane con part time involontario è più che doppia di quella dell’Ue (nel 2009, 42,7 contro 22,3 per cento).
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    e poi ci si lamenta della denatalità in Italia, ma crisi giustifica tutto cio? oppure per essere meno ipocriti vista la situazione essere coerenti: we solo una questione di sessismo


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  3. #2
    Alias Bonnie Tyler Joy Turner
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    Già. Un sacco di mie amiche sono state 'minacciate'. Che schifo.

  4. #3
    Mai più senza FdT RudeMood
    Donna 42 anni
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    fffffffffffffffffffffffffffff

  5. #4
    ostacoli_del_cuore
    Utente cancellato

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    Secondo me non è certo un problema dell'azienda che deve assumere se una donna riesca o meno a conciliare figlio e lavoro... sarebbe assurdo che una mamma non riuscisse a conciliare le due cose... i figli sono una cosa importante e il lavoro anche... soprattutto poi se ci sono figli da sfamare! Anzi penso che l'essere mamma possa essere un buon motivo per essere assunte!!

  6. #5
    Can che dorme Wolverine
    Uomo 38 anni
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    Quote Originariamente inviata da ostacoli_del_cuore
    sarebbe assurdo che una mamma non riuscisse a conciliare le due cose...
    Assurdo non direi proprio...metti che lavori a tempo pieno, 8 ore, metti altre 8 in cui dormi, mettici la stanchezza dei lavori di casa...

    Per le madri, almeno finchè i figli sono piccoli, l'ideale è il part-time, pochi cazzi...

  7. #6
    ostacoli_del_cuore
    Utente cancellato

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    si certo l'ideale è il part time

  8. #7
    Spotless Echoes
    Donna 31 anni da Roma
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    Non sono una femminista.
    Ma una società in cui l'essere incinta condizionasse la possibilità di lavoro pensavo fosse superata

    Ma dai, ma sai in quante famiglie con figli l'uomo tiene d'occhio i bambini al posto della moglie?
    Oppure lavorano benissimo tutti e due e abbandonano i figli ad altri?!

    Cioè queste scelte sono personali, ma se uno vuole un lavoro e ha le qualificazioni per averlo, è stupido decidere al posto suo il tipo di mamma che deve essere xD
    A ostacoli_del_cuore piace questo intervento

  9. #8
    FdT quasi assuefatto Saranghae
    Donna 36 anni
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    Messaggi: 440
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    si devono considerare le dimensioni dell' azienda stessa, l'azienda della mia famiglia è di piccole dimensioni e abbiamo bisogno di un solo personale part-time, se questa persona si mettesse in maternità, lo stipendio a lei spetterebbe e in piu dovremmo pagare la sostituta... e materiamete nel nostro settore che ha gia 14 mensilità non ce la faremmo a stare nelle spese.

    Per questo quando si è trattato di assumere qualcuno abbiamo optato per una signora non piu in età fertile, certo puo sempre capitare la malattia ma almeno l'eventualità di una gravidanza ce la siamo tolti. -è triste da dire ma tra mutuo, tasse e conti da pagare si tira a campare lavorando in albergo dalle 7 la mattina fino alle 11 di sera-

    Riflettete un attimo su quante aziende a gestione familiare o di piccole dimensioni ci sono e in Italia, dove il peso di uno stipendio in piu o in meno fa seriamente la differenza in un bilancio.

  10. #9
    ostacoli_del_cuore
    Utente cancellato

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    beh allora in questa Italia fatta solamente da piccole aziende le donne dai 12 ai 45 anni non hanno possibilità di lavorare... a questo punto dovrebbero riaprire le scuole dell'uncinetto...

  11. #10
    Sempre più FdT Amy_love
    Donna 35 anni
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    ma che cosa indecente!

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