Studente violentato a Trieste, si indaga su due compagni di scuola
Depositata la denuncia alla Procura dei minori. L'abuso sessuale è avvenuto, secondo quanto hanno sostenuto i due legali, subito dopo la conclusione di una esercitazione. La scuola coinvolta è un istituto professionale
di Claudio Ernè
TRIESTE L’indagine è avviata. Gli avvocati della famiglia del ragazzo su cui si sono accaniti in ambito scolastico alcuni compagni di classe, costringendo il giovane a subire ripetute violenze sessuali, si sono presentati ieri mattina al procuratore capo dei minori Dario Grohmann. Hanno depositato nelle mani del magistrato la denuncia formale che ha consentito agli inquirenti di avviare l’inchiesta, individuando gli aggressori e l’ambito in cui più di quindici giorni fa era avvenuta la violenza.
La violenza è avvenuta, secondo quanto hanno sostenuto i due legali, subito dopo la conclusione di una esercitazione pratica organizzata nell’ambito dell’attività scolastica. Riposti i manuali, gli attrezzi e gli strumenti, gli studenti hanno iniziato a festeggiare il compleanno di un loro compagno. Tra un capannone e un’officina un ragazzo è stato vessato e violato. La scuola coinvolta - sulla quale manteniamo il massimo riserbo per evitare l’ identificazione della vittima e degli aggressori, tutti minorenni - è un istituto professionale il cui status giuridico non è ancora ben chiaro agli investigatori. La scuola fruisce di contributi pubblici e privati ma non è né gestita né controllata dall’Ufficio scolastico regionale.
«Se dovesse emergere una valenza istituzionale di pubblico servizio non attenderò un attimo per trasmettere gli atti anche alla Procura della Repubblica che si occupa dei maggiorenni», ha dichiarato ieri mattina il procuratore capo dei minori. Pochi minuti prima dal suo ufficio era uscito il responsabile della Squadra mobile Mario Bo che sabato ha iniziato a indagare sulla vicenda.
Il magistrato inquirente sta dunque verificando in queste ore assieme ai suoi collaboratori se i responsabili della scuola professionale - una delle cinque di Trieste - che erano stati messi al corrente dell’aggressione e non hanno riferito alla magistratura della violenza, sono incaricati di un pubblico servizio. Se possiedono questo status e hanno taciuto, dovranno rispondere del loro silenzio ai giudici e non solo alla propria coscienza e alle domande dei genitori degli altri studenti che da giorni parlavano dell’episodio accaduto durante l’estercitazione che si svolgeva in un ambiente esterno alla scuola ma comunque collegato all’attività istituzionale e didattica. Se al contrario lo statuto della scuola risulterà di diritto privato, non potrà essere a loro attribuita alcuna responsabilità sul piano penale. Si stanno intanto delineando i contorni della violenza subita dal quindicenne. La vittima è stata legata a una sedia: in precedenza aveva bevuto parecchia della birra che era stata portata all’interno della struttura da altri studenti. L’alcol aveva fatto effetto e il ragazzo era mezzo addormentato. Poi è stato buttato a terra e gli aggressori, anche loro alticci,
lo hanno messo in ginocchio dopo avergli abbassato i pantaloni.
Due compagni si sono accaniti sulla vittima inebetita e terrorizzata, mentre altri due - e forse anche altri rimasti più o meno lontani - hanno visto e hanno lasciato fare, senza intervenire in aiuto. Due di questi ragazzi hanno poi riferito dell’episodio ai vertici dell’istituto, pentendosi di quanto non avevano fatto. «Potevamo fermare gli aggressori, anzi dovevamo aiutare questo compagno di classe in balia degli altri due e invece siamo stati fermi di fronte alle prevaricazioni altrui».
Certo l’aggressione non è stata né programmata, né organizzata. Il clima festoso, la disponibilità di birra, la voglia di scherzare hanno innescato le successive violenze. È stato dunque progressivo - passo dopo passo - lo scivolamento da un gioco pesante e gaglioffo all’aperto dileggio e alla crudeltà conclamata.
I nomi dei due studenti più violenti sono ora annotati sul registro degli indagati della Procura dei minori. Il reato ipotizzato è la violenza sessuale, punita in astratto, secondo il Codice, con almeno cinque anni di carcere. L’indagine è avviata e su molti dettagli oscuri deve necessariamente essere fatta luce.