si ma per quanto possa essere un concetto relativo al soggetto non può non essere subordinato a qualcosa di universale..l aspirazione al "giusto" deve pur concretizzarsi in un azione precisa, che valga per tutti
e io proprio questo volevo obiettare..cioè che la tensione verso una "morale giusta" non sia semplicemente una convenzione ma che sia frutto di un ordinamento universale che scaturisce ugualmente da ognuno di noi..uno scopo collettivo se preferisci..un perno a sostegno di un sistema di cose che va aldilà dell esperienza soggettiva e che non venga impiegato per risolvere questo o quel problema di forma ma che sia una pura esigenza dell individuo per discernere il bene dal male
Secondo me, una morale condivisa, "giusta" se vogliamo, esiste, ma più che con la religione io la giustificherei con le ragioni dell'antropologia; nelle radici profonde infatti si possono vedere dei principii che vanno a favore della perpetrazione della nostra specie, che dovrebbero quindi essere ben radicati nei nostri istinti. I 10 comandamenti ad esempio in buona parte sono tutti riconducibili a "non uccidere" che è la regola di base. Ad esempio, anche "non rubare" e "non farti la donna di un altro" implicano come conseguenza logica "se rubi e fai le corna rischi di litigare e di uccidere od essere ucciso".
Poi su questi fondamenti col progredire delle civilizzazioni si sono venute ad aggiungere sovrastrutture via via più complesse, e gli altri istinti potevano portare a clausole opposte al principio di base: si pensi al delitto d'onore ad esempio. Difatti anche il valore della vita poteva in certi casi essere messo in dubbio, perché non si deve dimenticare l'importanza del principio della selezione naturale, il che spiegherebbe tra l'altro perché l'istinto della guerra sia così ben radicato nell'uomo.
Quel che ha detto Anomalia mi ha ricordato i versi di De André
[...]
Onora il padre. Onora la madre
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perché le chiedevi un boccone:
quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
[...]
Il quinto dice "non devi rubare"
e forse io l'ho rispettato
vuotando in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri, nel nome di Dio.
[...]
Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l'ami, così sarai uomo di fede:
poi la voglia svanisce ed il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore,
ma non ho creato dolore.
[...]
Non dire falsa testimonianza
e aiutali a uccidere un uomo.
Lo sanno a memoria il diritto divino
e scordano sempre il perdono.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
[...]
Non desiderare la roba degli altri,
non desiderarne la sposa.
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:
nei letti degli altri, già caldi d'amore
non ho provato dolore.
[...]
Da "Il testamento di Tito"