Gli scavi archeologici sull'isola del Lazzaretto Nuovo, a Venezia, portano alla luce le ossa di un sospetto vampiro.
Lo scheletro di un vampiro è stato ritrovato in una una tomba a Venezia. O almeno così lo ha presentato l'autore della scoperta, Matteo Bornini, archeologo e antropologo dell’Università di Firenze, alla conferenza annuale dell'American Academy of Forensic Sciences che si è svolta la settimana scorsa a Denver, nel Colorado.
Le ossa sono di una donna e sono state ritrovate in una fossa comune, nell’isola del Lazzaretto Nuovo, a Venezia, dove giacciono alcune delle vittime della peste che tra il 1300 e il 1600 decimò la popolazione. A far pensare ai vampiri una truce particolarità: un mattone in bocca.
In quegli anni, siamo in pieno Medio Evo, era diffusa la credenza che la peste fosse diffusa dai vampiri: uomini e donne appestati e gettati nelle fosse dove, in uno stato sospeso tra la vita e la morte, dopo aver masticato il loro sudario si nutrivano dei cadaveri vicini. La credenza dei vampiri probabilmente era legata al sangue che macchiava il sudario, esplulso dalle bocche dei morti di peste.
La diffusione della peste per opera dei vampiri era sostenuta da alcuni scienzati dell'epoca, tra cui il teologo protestante Philuppus Rohr che con il trattato Dissertatio historico-philosophica de masticatione mortuorum nel 1679 presentò all’Università di Lipsia la sua teoria.
Per fermare gli untori i becchini, sfidando il contagio, compivano un macrabo gesto esorcistico: per impedire che i vampiri mangiassero altri cadaveri infilavano nelle bocche dei sospetti un mattone, spaccando denti e mascelle. Proprio come fecero a questa donna.