Così il Cavaliere vuol evitare il pagamento del risarcimento Mondadori. Finiani e opposizione in allerta per sventare il colpo di spugna sui 750 milioni di LIANA MILELLA
ROMA – Mandare al macero, o quantomeno compromettere pesantemente il corso, di 5 milioni di cause civili pendenti, pur di cambiare il destino dell’unica che gli interessa. La sua. Quella sul lodo Mondadori che, se venisse confermata la sentenza di primo grado del giudice Raimondo Mesiano, costerebbe alla Fininvest 750 milioni di euro da versare alla Cir di Carlo De Benedetti. Non si smentisce mai Silvio Berlusconi. Il metodo delle leggi ad personam e ad aziendam è sempre lo stesso. Storia lunghissima, Cirami, Cirielli, rogatorie, falso in bilancio, blocca processi, processo breve, lodo Schifani, lodo Alfano, già una norma per il caso fiscale della stessa Mondadori. Solo per citare le più note.
E le prime indiscrezioni sul suo progetto, annunciato venerdì a palazzo Grazioli durante la conferenza stampa post vertice, per “un piano straordinario per il rapido smaltimento delle cause civili pendenti”, svela subito il suo interesse recondito. Poiché per i processi civili non c’è amnistia che tenga, allora la strategia del colpo di spugna deve camminare per altre vie e ammantarsi di una fittizia regolarità. Ma i finiani all’interno della maggioranza, e le opposizioni, sono già in allerta, pronti a sventare il nuovo tentativo.
Dice il Cavaliere che i processi civili “sono talmente lenti e inefficienti da rappresentare un ostacolo insormontabile per chi voglia investire in Italia”. Che farne dunque? Toglierli di mezzo al più presto. Soprattutto se l’urgenza del caso specifico, la Mondadori in specie, va affrontata al più presto visto che il processo è già in secondo grado. Tant’è che il Guardasigilli Angelino Alfano ci aveva già provato a luglio, addirittura per decreto legge. Con il solito sistema di piazzare un emendamento del tutto estraneo per materia in un decreto già in dirittura d’arrivo e tale da dover essere convertito per assoluta necessità.
Niente di meglio che quello sulla manovra economica in cui, al Senato, il governo ha tentato di infilare una paginetta che riscriveva le regole per i processi civili pendenti. Due trucchi e il dibattimento si blocca: la sospensione di sei mesi e una nuova figura, quella dell’ausiliario del giudice, che a bocce ferme studia e propone una soluzione nel merito. Le parti possono accoglierla, l’ausiliario si becca un bel gruzzolo, la causa è finita. Oppure, se i contendenti non sono d’accordo, si va alla sentenza per le vie regolari, ma sul perdente pesa la minaccia di doversi accollare tutte le spese per aver rifiutato la “via breve”.
Chi, in questi ultimi giorni, è stato in contratto con Alfano e con Berlusconi conferma che il progetto è rimasto lo stesso. Prima la sospensione, articolata in due fasi, due-tre mesi per prendere la decisione se seguire oppure no la strada alternativa a quella tradizionale, poi altri sei mesi per permettere all’ausiliario di costruire una soluzione processuale. Poi la decisione delle parti e l’opzione tra l’assenso alla mediazione o il rifiuto con quello che, in quelle condizioni, può comportare economicamente il rischio del dibattimento tradizionale. A luglio, a fermare il governo, fu la levata di scudi dell’opposizione, Pd e Idv, che gridò “alla giustizia svenduta e data in appalto a figure estranee come quella dell’ausiliario”.
Non un magistrato di carriera dunque, ma avvocati, notai, avvocati dello Stato, docenti o ricercatori universitari, anche magistrati in pensione, che pigliano in carico un processo con l’obiettivo di chiuderlo. E sono ben pagati solo se azzeccano la soluzione, altrimenti incassano una sorta di risarcimento al lavoro fatto. Una figura “incostituzionale” dissero le due capogruppo del Pd al Senato Silvia Della Monica e alla Camera Donatella Ferranti. Aggiunse la della Monica: “Si creano i presupposti perché possa essere presentata un’istanza dalla Fininvest per ottenere un ulteriore rinvio del processo per un periodo di sei mesi per esperire una procedura di mediazione”. E proprio la mediazione, ribadisce tuttora la Ferranti, “è procedura anomala perché rappresenta una prima fase del processo, e non può intervenire in una seconda, a partita già iniziata”.
La Fininvest, a luglio, ha assicurato che, anche se fosse stata approvata, non avrebbe usufruito della riforma. Ma la fretta di allora resta sospetta e l’obiettivo di affidare a un esercito di ausiliari cinque milioni di processi civili altrettanto. In barba, come sostiene il Pd, “a qualsiasi risparmio e alla logica che vorrebbe veder semplicemente potenziato l’organico della magistratura ordinaria”. Ma si sa, i giudici, come dice Berlusconi, “sono tutti comunisti”.
Per salvare il Lodo 5 milioni di cause a rischio - Repubblica.it