per fortuna (o sfortuna) di noi italiani, anche nel mondo danno ampio risalto a questa notizia e i maggiori quotidiani nazionali condannano questa mossa.
Commenti e messaggi a Repubblica dai principali mezzi di informazione europea e Usa
I giornali esistono per fare domande
E dagli Usa: "Qui non avrebbe potuto"
CAREY: "DENUNCIA SCANDALOSA"
La decisione di Silvio Berlusconi di denunciare "Repubblica" semplicemente per avere posto legittime domande sulla sue scappatelle sessuali è scandalosa. Lo stesso vale per le sue minacce di denunciare giornali negli altri paesi. Berlusconi non soltanto sta usando queste minacce per distogliere l'attenzione dall'esame minuzioso e legittimo che i media stanno facendo dei suoi recenti cattivi comportamenti; lui sta sperando che le denunce intimidiscano altri dall'occuparsi delle inchieste. Negli Stati Uniti, i media sono generalmente ben protetti da questo tipo di cause intimidatorie da un'importante condizione nella nostra legge sulla diffamazione: chi viene definito come "figura pubblica" - e questo naturalmente include i politici - ha un onere della prova più alto quando cerca di fare causa di diffamazione. Questo è un bene perché incoraggia l'esame minuzioso e netto delle figure pubbliche, specialmente dei politici, da parte dei media. E l'esame minuzioso e netto dei leader politici da parte dell'informazione è uno dei fondamenti di una democrazia sana - una democrazia che ora in Italia da Berlusconi è minacciata.
Roane Carey (managing editor di The Nation)
JOFFRIN: "PUBBLICHIAMO LE 10 DOMANDE"
E' un inammissibile attacco alla libertà di espressione e di critica. Non mi stupisce che venga da un personaggio come Berlusconi, ma è un segnale inquietante per tutta l'Europa. Tra l'altro, non escludo che si possa fare ricorso alla Corte europea per contrastare questa palese minaccia al diritto dell'informazione. I metodi del primo ministro italiano mostrano un disprezzo assoluto delle regole democratiche. Rispondere alle domande dei giornalisti è infatti il minimo che gli elettori possono pretendere da ogni governante. Berlusconi invece è infastidito da ogni manifestazione di opposizione. Fa finta di dire che sono attacchi alla sua vita privata e cerca di nascondere alle troppe menzogne che ha detto in questi mesi. I suoi metodi mi ricordano quelli di Putin: manca soltanto che faccia uccidere i giornalisti più scomodi. In Francia non sarebbe pensabile una denuncia come quella che ha fatto Berlusconi a Repubblica. Sarebbe uno scandalo. Esiste una tacita regola repubblicana che impedisce al Presidente di portare in giustizia giornalisti e oppositori. Libération ha deciso che pubblicherà le 10 domande di Repubblica a Silvio Berlusconi.
Laurent Joffrin (direttore di Liberation)
JOSEF: "CHE DENUNCI SUA MOGLIE VERONICA"
Berlusconi ha deciso di dichiarare la guerra. Il Cavaliere evidentemente è passato al contro-attacco e vuole avviare una campagna di intimidazione per tutta la stampa italiana. Ma allora dovrebbe denunciare per prima sua moglie Veronica, visto che è stata lei la prima a dire pubblicamente che frequentava minorenni e che aveva gravi problemi di salute.
Eric Josef (corrispondente Liberation e le Temps)
GREILSAMER: "SEMBRA UNA BRUTTA FAVOLA"
Se il Presidente Berlusconi è il garante delle libertà pubbliche in Italia, come può fare causa contro Repubblica? Se il Presidente deve assicurare alla stampa le condizioni per il pluralismo, come ammettere poi che gli chieda un riscatto pari a 1 milione di euro? Se il Presidente è il padre della nazione, come comprendere che si rivolti contro uno dei suoi figli ombrosi e indipendenti? Un Presidente contro un Giornale: sembra una brutta favola. Si chiama scandalo.
Laurent Greilsamer (vicedirettore Le Monde)
BARBIER: "DANNEGGIA L'IMMAGINE DELL'ITALIA"
Non mi stupisco della causa intentata da Berlusconi anche se la considero molto grave e temo che possa ispirare altri capi di governo. A giugno avevamo ricevuto una lettera di protesta dall'ambasciata italiana a proposito di una copertina dell'Express dedicata agli scandali sessuali del Cavaliere. I toni ci erano sembrati francamente eccessivi ma avevamo deciso di pubblicarla lo stesso. Berlusconi è un leader democraticamente eletto e sembra godere del consenso della maggioranza dell'opinione pubblica. Ma questo non vuole dire che possa comportarsi come più gli piace. L'immagine dell'Italia è stata gravemente danneggiata dalle sue frequentazioni private. Come dicevano gli Antichi: "La moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto". Ma io aggiungo: anche Cesare dovrebbe esserlo.
Christophe Barbier (direttore L'Express)
THREARD: "BERLUSCONI FACCIA MARCIA INDIETRO"
Pochi presidenti francesi hanno brandito la minaccia legale contro un giornale. Nei rari casi in cui è successo, sono stati costretti a rinunciare. Il caso di Berlusconi mi ricorda la storia di Valery Giscard d'Estaing e del Canard Enchainé. Quando il settimanale pubblicò l'inchiesta sullo scandalo dei diamanti del ditattore Bocassa, il presidente promise di denunciarli. Poi, però, fece marcia indietro. Aveva capito che sarebbe diventato ancor più impopolare e che gran parte del paese lo avrebbe accusato di voler imbavagliare la stampa. E' auspicabile che Berlusconi faccia altrettanto. Un primo ministro deve essere al di sopra della mischia.
Yves Threard (vicedirettore Le Figaro)
DE GAULMYN: "BERLUSCONI DICE COSE INCOMPRENSIBILI"
Ancora una volta, Berlusconi si comporta come un uomo d'affari che difende i suoi interessi e non come un uomo dello Stato che dovrebbe essere il garante di tutti: anche dei suoi oppositori. Gli attacchi del Cavaliere a Repubblica, tutte le cose confuse che ha detto nelle ultime settimane, sono per noi incomprensibili. In fondo, non riusciamo a capire neanche come l'opinione pubblica italiana possa tollerare tutto questo.
Isabelle De Gaulmyn (caporedattore La Croix)
RUSBRIDGER: "ESISTIAMO PER FARE DOMANDE"
Gli organi di informazione indipendenti esistono per chiedere domande scomode ai politici. In Gran Bretagna, come nella maggior parte delle democrazie, sarebbe impensabile per un primo ministro fare causa a un giornale perché fa delle domande. Sarebbe anche impensabile usare le leggi sulla diffamazione per impedire ai cittadini di sapere quello che autorevoli giornali stranieri stanno dicendo sul loro paese. Le azioni contro la Repubblica somigliano molto a un tentativo di ridurre al silenzio o intimidire gli organi di informazione che rimangono direttamente o indirettamente indipendenti dal primo ministro italiano. Spero che i giornali di tutto il mondo seguano con grande attenzione questa storia.
Alan Rusbridger (direttore del quotidiano The Guardian di Londra)
CAMPBELL: "INIMMAGINABILE"
Chiunque abbia esperienza del modo in cui funzionano i media in Gran Bretagna, troverà piuttosto straordinario il fatto che un primo ministro faccia causa a un giornale per una serie di domande, e per avere riportato quello che scrivono giornali stranieri.
Il tutto è ancora più straordinario perché il primo ministro in questione è a sua volta un potentissimo editore. Un fatto, anche questo, che sarebbe inimmaginabile nella cultura politica del nostro paese.
Alastair Campbell (ex portavoce di Tony Blair)
DI LORENZO: "E' IN GIOCO LA DEMOCRAZIA"
Per il direttore di Die Zeit, "la questione non riguarda certo solo Repubblica, è in gioco il ruolo dei media in una democrazia. E non credo che Repubblica si lascerà intimidire, per cui non capisco il passo di Berlusconi nemmeno da un punto di vista tattico.
Giovanni Di Lorenzo (direttore di Die Zeit)
JIMENESZ: "DIFENDERE IL DIRITTO DI INFORMARE"
La nostra opinione è che la stampa democratica ha sempre rispettato l'intimità del primo ministro Silvio Berlusconi. È stato lui il primo a metterla in discussione, lui che ha cancellato questa sfera privata che adesso dice di voler difendere. La pubblicazione di fotografie delle sue feste private o le dieci domande postegli da Repubblica non pretendono di giudicare la sua morale come cittadino, ma piuttosto dimostrare che egli cerca di trasformare la politica in un prolungamento delle sue relazioni d'amicizia e del suo modo di divertirsi. Berlusconi ha preso due decisioni politiche importanti che giustificano l'interesse della stampa sulle feste di Villa Certosa e le cene nella residenza ufficiale romana. Ha voluto leggi ad hoc affinché sui voli ufficiali potesse far viaggiare invitati particolari, ed ha promosso in ruoli di responsabilità istituzionale, o nelle sue liste elettorali, persone che - lo ha detto lui stesso - avevano come unico merito quello di essere belle. Ora annuncia azioni legali contro i giornali. E' un suo diritto. Noi continueremo a difendere il nostro, pubblicando informazioni che interessano i cittadini di fronte a qualsiasi abuso di potere.
Vicente Jimenez (director adjunto de El Pais)
VIDAL: "UN AVVERTIMENTO A TUTTI I GIORNALISTI"
Questa denuncia è un avvertimento a tutti i giornalisti italiani, un modo di zittire la stampa. Il messaggio è chiaro: vietato criticare, vietato fare domande. E' molto preoccupante vedere che il premier italiano vuole colpire così platealmente una delle poche voci di informazione libera e indipendente. La cifra richiesta, poi, è disproporzionata. Nel merito il premier italiano sbaglia, perché il compito di un organo di stampa è anche quello di fare domande. La Repubblica ha posto domande non soltanto sono legittime ma sono anche doverose, visto che Berlusconi ha spudoratamente mentito al suo paese. Questo attacco legale dimostra che in Italia c'è un'anomalia, ovvero un premier proprietario di un impero mediatico che ha anche la tendenza a voler mettere sotto silenzio l'opposizione. Reporters Sans Frontières è pronta a denunciare in ogni sede internazionale questo grave attacco alla libertà di stampa in Italia.
Esa Vidal (responsabile Europa Reporters sans Frontieres)
WERGIN: "IN ITALIA POCA PLURALITA"
Secondo Clemens Wergin, editorialista di politica estera ed esperto di affari italiani della Welt, a proposito della querela di Berlusconi legata alle dieci domande poste da Repubblica, "il fatto è strano, visto che la pluralità del panorama mediatico in Italia mi sembra già abbastanza ristretto. La situazione appare a tinte forti in generale, uno scandalo in cui sembra essere coinvolto il capo del governo italiano, feste forse con prostitute seminude, sembra molto strana, vista dalla Berlino protestante, dove governa una Cancelliera tutt'altro che a forti tinte. Berlusconi ha commesso un grave errore, sembra che non capisca il ruolo di una stampa libera. Il semplice fatto che Repubblica abbia posto domande è parte del giusto ruolo dei media. Uno stile inquietante."
Clemens Wergin (editorialista del Die Welt)
GIESBERT: "LA DEMOCRAZIA E' MALATA"
Il conflitto tra il potere politico e la stampa è sempre latente ma quando esplode in questo modo significa che la democrazia è malata. Finora in Francia c'è stata una regola d'oro secondo la quale i Presidenti non si rivolgono a un giudice per difendersi dagli attacchi dei giornali. Per i francesi la funzione presidenziale è sacra. Il capo dello Stato sa che se si abbassasse a questi metodi contro la stampa perderebbe inevitabilmente prestigio. Il fatto che Berlusconi abbia attaccato legalmente Repubblica è un'ammissione di debolezza. Il vostro capo del governo si comporta come un qualsiasi cittadino, dimenticando il suo ruolo istituzionale. Ma per il vostro giornale è paradossalmente anche un attestato di libertà e di indipendenza.
Franz-Olivier Giesbert (direttore di Le Point)
THUREAU-DAUGIN: UN PRECEDENTE PERICOLOSO PER L'EUROPA
Courrier International aveva già pubblicato le prime 10 domande a Berlusconi. Dopo questo attacco legale degli avvocati del premier, abbiamo deciso che mostreremo ai nostri lettori anche le 10 nuove domande. Ci sembra un atto doveroso nei confronti di Repubblica, che ha condotto una campagna insistente e coraggiosa. Sarebbe molto preoccupante se i magistrati italiani stabilissero il carattere diffamatorio di questi dieci, semplici interrogativi. Potrebbe essere un precedente pericoloso per tutta l'Europa.
Philippe Thureau-Daugin (direttore di Courrier International)
I giornali esistono per fare domande E dagli Usa: "Qui non avrebbe potuto" - Politica - Repubblica.it
Comunque, con il Lodo Alfano siamo messi proprio bene!
La Repubblica.it - Dieci nuove domande a Silvio Berlusconi
Qui si possono leggere le dieci domande.
Sinceramente la querela mi sembra esagerata. Avrebbe potuto rispondere sinceramente oppure rispondere rigirando le domande oppure continuare a far finta di niente. Che tanto anche se non rispondeva ci faceva più bella figura che non a querelare il giornale che di offensivo (visto quello che è venuto fuori questa estate) non c'è proprio niente.
Su un sito (non ricordo quale) avevano trovato come avrebbe potuto rispondere Berlusconi alle domande..se lo ritrovo lo posto..
ormai questa questione sta facendo fare solo una figura di merda a berlusconi, sia in italia che nel mondo.
Risposta massicca all'iniziativa dei giuristi in difesa della libertà di stampa
Fra le firme, Eco, Fo e Camilleri, Saviano, Sepulveda, Celentano, Salvatores
Appello Repubblica, le adesioni
firmano Benigni e Jovanotti
Tra le nuove adesioni Arnoldo Foà, Barbara Spinelli, Guido Rossi
Messaggio dell'Anpi. La solidarietà di Jean Daniel e Vincenzo Consolo
Roberto Benigni
ROMA - E' una risposta massiccia, fatta di decine di migliaia di firme, quella ottenuta dall'appello di Repubblica in difesa della libertà di stampa, l'iniziativa lanciata dai giuristi Franco Cordero, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky dopo la decisione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di denunciare Repubblica per le dieci domande che il quotidiano da mesi gli pone ma alle quali lui non ha ancora dato alcuna risposta.
A mobilitarsi subito è stato il mondo della cultura e dello spettacolo. Fra le adesioni, anche quella di Umberto Eco. "Ho già detto che quando qualcuno deve intervenire a difesa della libertà di stampa - osserva Eco nella dichiarazione che accompagna la sua adesione - vuole dire che la società e con essa gran parte della stampa, è già malata. Nelle democrazie 'robuste' non c'è bisogno di difendere la libertà di stampa, perché a nessuno viene in mente di limitarla".
Non solo il mondo della cultura e dello spettacolo. Firmano Bernard Guetta, editorialista de L'Express e France Inter, e Edwy Plenel, ex vicedirettore di Le Monde e presidente del sito Mediapart e Jean Daniel, giornalista, scrittore, già direttore de Le Nouvel Observateur. Gli architetti Renzo Piano e Gae Aulenti. Il velista Giovanni Soldini. Giovanna Melandri. Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e Giustizia, e don Luigi Ciotti, presidente di Libera. Libertà e Giustizia, si legge in una nota, "testimonia la sua solidarietà in particolare ai giornalisti di Repubblica e dell'Avvenire, direttamente minacciati e spiati con metodi piduisti, ma in generale a tutti i giornalisti italiani che con questa denuncia di Silvio Berlusconi hanno ricevuto una sorta di avvertimento: è vietato fare domande; è vietato criticare". Arriva anche un messaggio di solidarietà dell'Anpi, l'Associazione nazionale partigiani d'Italia, e del presidente dell'Unione dei giovani avvocati Gaetano Romano. All'appello ha aderito anche l'Arci nazionale.
Dal mondo della cultura e dello spettacolo sono arrivate le firme di solidarietà, fra le altre, di Dario Fo, Andrea Camilleri, Roberto Saviano, di Vincenzo Consolo, Bernardo Bertolucci, dello scrittore cileno Luis Sepulveda, del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, di Daniele Silvestri. Ed altre se ne aggiungono. Roberto Benigni e Nicoletta Braschi, Liliana Cavani, Francesca Archibugi, Paola Cortellesi. Gli editori Alessandro e Giuseppe Laterza, l'attrice Lella Costa, le scrittrici Sandra Petrignani e Clara Sereni, il pittore e disegnatore Tullio Pericoli, Stefano Disegni e Massimo Caviglia.
E ancora, Jovanotti, Shel Shapiro, Arnoldo Foà, Giuseppe Piccioni, Riccardo Milani, Silvio Soldini, Andrea Vianello, Giovanni Floris, Corrado Augias, Maurizio Mannoni, Ludina Barzini, Fiorella Mannoia, Sergio Staino, Pippo Baudo, Niccolò Ammanniti, Claudio Bisio e Sandra Bonzi, Mariangela Melato, Antonio Albanese, Salvatore Settis, Caterina Murino, Filippo Timi, Asia Argento, il regista Enzo D'Alò. E si aggiungono Arnoldo Foà che "aderisce con convinzione", e il consigliere di amministrazione della Rai, Nino Rizzo Nervo.
C'è anche l'adesione di Adriano Celentano e di sua moglie Claudia Mori. Un tema, quello della libertà di stampa, caro al cantante: nell'ottobre del 2005, nel corso di una delle puntate del suo show Rockpolitik in onda su RaiUno, Celentano mostrò la classifica - redatta dall'istituto di ricerca americano Freedom House - del livello di "Freedom of the Press", la libertà di stampa presente nei paesi del mondo (l'Italia compariva allora al 77esimo posto).
Tra gli altri firmatari - oltre ai già citati Fo, Camilleri, Bertolucci - anche Gino Strada, Franca Rame, Carlo Verdone, Elda Ferri, Victoria Cabello, Fabrizio Gifuni, Francesca Comencini, Gabriele Salvatores, Giulio Scarpati, Pierfrancesco Favino, Ascanio Celestini, i produttori cinematografici Angelo Barbagallo e Domenico Procacci, Marco Risi, Davide Ferrario, Sandro Veronesi, Carlo Lucarelli, Antonio Scurati, Erri De Luca, Giuseppe Montesano, Enrico Deaglio, Francesco Rosi, Carla Fracci e Beppe Menegatti, Ornella Vanoni, Miranda Martino, Angela Finocchiaro, Michele Placido e Renato De Maria. E dall'estero arriva l'adesione di Helen Mirren, premio Oscar per l'interpretazione della Regina Elisabetta in The Queen.
E ancora, Guido Rossi, Carlo Ginzburg, Rosario Villari, Tullio Gregory, Corrado Stajano, Giovanni De Luna, Miguel Gotor, Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Ottavia Piccolo, Licia Maglietta, Carlo Freccero, Enrico Bertolino, Dori Ghezzi, Monica Guerritore, Ferzan Ozpetek, Milva, Marco Bellocchio, Teresa De Sio, Maurizio Nichetti, David Riondino, Franco Battiato, Saverio Costanzo, Carlo Degli Esposti, Massimo Ghini, Ettore Scola, Furio Colombo, Giacomo Marramao, Stefania Sandrelli, Giovanni Soldati, Valerio Mastandrea, Alessandro Gassman, Stefano Accorsi, Paolo Sorrentino. Maurizio Crozza aderisce e osserva: "La mia solidarietà va a Silvio Berlusconi. Dove s'è mai visto un giornalista che pone domandi irriverenti al capo del governo? Un bravo giornalista non assume iniziative, un bravo giornalista scrive sotto dettatura".
Appello Repubblica, le adesioni firmano Benigni e Jovanotti - Politica - Repubblica.it
Sta cercando di imbavagliare l'unico giornale che gli dà contro. Sta cercando di fare in modo che la libertà di stampa venga totalmente soppressa. E il bello è che almeno metà di questo stupido popolo che sono gli italiani ancora gli danno ragione. Siamo gli zimbelli d'Europa, ma che dico, del mondo, e 20 milioni di italiani continuano a dargli il voto nonstante si sappia benissimo da dove è nato il Pdl, con le loro sporche manovre per coprire la mafia, nonostante si sappia cosa fa questo porco nascondendosi dietro alle sue cariche e ai suoi privilegi, nonostante tutto questo. Siamo un popolo di cerebrolesi, che continuano a guardare il Grande Fratello, Amici, e tutte quelle cazzate lì, mentre ci sono centinaia di fabbriche che chiudono e migliaia di persone che rimangono a casa senza lavoro. Continuate pure a dargli il voto. Io spero solo che facciate la fine di chi non ha più un soldo per riuscire a vivere.
La cosa divertente che ho sentito stamani al tg5 è che ha dichiarato sulla faccenda: " Se non fosse stato un giornale strettamente politico e se il direttore non fosse stato uno svizzero che ha dichiarato di aver evaso le tasse,avrei risposto."