Torvo un cavallo mi scaracchia un nitrito:
“Hai visto a Veltroni che scherzo gli fanno?
Se le primarie ad ottobre si terranno
gli hanno dato bel bello il benservito.
L’aveva giurato con fare solenne:
“Io sindaco sono e sindaco resto.
Nessun potrà mai fornirmi un pretesto
perché il giuramento io violi da indenne”.
Ma poi, lo sappiamo – lo san tutti quanti! -
che il buon Valterino ha ben altro di mira;
un solo orizzonte c’è ormai che lo attira:
è l’Africa nera coi suoi abitanti.
Lui piange, s’affanna, gli viene il singhiozzo
se vede quei bimbi che gonfio hanno il ventre
di vermi schifosi – e invece e anche mentre
di pappa e di ciccia il suo s’è gonfiato.
Voleva morir come Kennedy a Dallas;
voleva portare l’amore nel mondo;
con il suo facione a tratti rotondo
fa il soprano solista, come la Callas.
Però tutto quésto piu nòn, lo interèssa:
gli sfarzi, il potere, la visìbilità,
il culto sfrenato della véltronità.
“Francésco è il mio véro modéllo, confèssa”.
Rutelli ringrazia, ma già lo sapeva,
d’esser da tempo nel regno del mitico.
Valter lo squadra e gli dice: “A rachitico!
Il santo d’Assisi, il mio dire diceva!”.
Così non può perdersi a fare il primario
uno che aspira – e nel farlo anche rutta –
a ésser la nuòva Terésa di Calcùtta.
Legge ormài solo ‘Il pìccolò missionàeio!’.
Vàlter dài faccì sognàre
préndi i vòti e métti il sàio
nòn dar rètta a Tìzio e a Càio
mà vai l’A’frica à sfamàre!